
Continua l’asse tra Ungheria e Serbia contro le sanzioni promosse dall’Unione europea. Proprio il giorno dell’incontro tra Viktor Orbán e Olaf Scholz a Berlino, il governo ungherese ha reso noto che intende garantire a Belgrado il rifornimento di petrolio proveniente dalla Russia tramite l’oleodotto Družba (Amicizia). Prima delle misure adottate da Bruxelles contro Mosca, infatti, i rifornimenti dagli Urali arrivavano in Serbia tramite la Croazia. Il governo di Budapest ha sempre mantenuto una posizione trasversale rispetto a quella degli altri partner Ue sulle sanzioni da adottare contro la Russia di Putin. Ora Orbán intende sostenere la Serbia, paese che aspirerebbe a candidarsi a membro dell’Unione: una prospettiva ormai impossibile visto il legame che continua a mantenere con il Cremlino.
L’invasione russa in Ucraina e la reazione di Bruxelles hanno portato a un’intesa tra Viktor Orbán e il presidente serbo Aleksandar Vučić. Intesa che si è fatta ancora più forte dopo la rielezione di Vučić lo scorso aprile; già nel corso di un incontro tra i due leader a maggio, il premier ungherese aveva garantito la collaborazione con Belgrado in campo energetico. La partnership riguarda i rifornimenti di gas e petrolio (l’Ungheria ha bisogno dell’accordo con la Serbia anche per garantirsi i rifornimenti da sud), ma anche l’accesso della Serbia al nucleare, con anche l’accesso a una quota di partecipazione per il progetto di costruzione dell’impianto Paks II in Ungheria, promosso dalla compagnia statale russa Rosatom.
A cinque mesi dall’incontro, la costruzione della centrale Paks II con quota Rosatom è ancora in corso nonostante il protrarsi del conflitto in Ucraina, mentre l’intesa tra Vučić e Orbán si fa ancora più salda. Questo rafforza anche la posizione di Orbán nel Consiglio Ue: già a luglio il premier ungherese sosteneva che le sanzioni contro Mosca avevano fallito, portando alla caduta dei governi più schierati contro Mosca per o costi dell’energia e l’ aumento imprevedibile del tasso di inflazione. Ora Ungheria e Serbia cercano di garantirsi gli accessi a gas e petrolio in vista dell’aggravarsi della crisi energetica nei prossimi mesi.
Carlo Comensoli