SERBIA. Litio: dilemma sull’estrazione

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Il litio è diventato di recente uno degli elementi più ricercati e richiesti al mondo. L’ingente presenza in Serbia del litio rappresenta una risorsa importantissima per l’economia del paese dei Balcani. Infatti, il governo aveva concesso licenze estrattive ad un colosso del settore attraverso la stipula di un accordo poco trasparente, ma in seguito a causa di ampie e continue proteste della popolazione, l’esecutivo aveva deciso di sospenderlo anche in vista delle elezioni della primavera 2022. Da quel momento le manifestazione e le mosse degli attivisti per cercare di bloccare definitamente questo enorme progetto non sono mancate; ciò però porta ad una perdita potenziale dell’economia serba particolarmente significativa e il governo infatti rimane ambiguo sulla questione e anzi vorrebbe iniziare ad estrarre definitivamente.

Il litio è il metallo solido più leggero ed è la sostanza che permette il funzionamento delle batterie, grazie agli ioni che la compongono. Nel luglio del 2021, il gigante minerario anglo-australiano Rio Tinto ha impegnato circa 2 miliardi di euro per il progetto di estrazione di borato di litio denominato ‘Jadar’, un enorme investimento minerario in programma, che avrebbe potuto o potrebbe in futuro trasformare la Serbia in uno dei maggiori produttori di quello che è stato definito ‘oro bianco’. Il progetto Jadar potrebbe contribuire direttamente all’1% e indirettamente per il 4% al PIL serbo. Tuttavia, sin dall’inizio, il progetto è nel mirino di gruppi di ecologisti e della società civile, che denunciano i rischi ambientali che deriverebbero dall’investimento, con continue proteste, come nel dicembre 2021 quando migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per bloccare il progetto della più grande miniera di litio in Europa che mostra così il lato oscuro della transizione ecologica, distrugge la biodiversità, ma che potrebbe alimentare 1 milione di auto elettriche all’anno.

La società stima che nei suoi 40 anni di vita, la miniera produrrebbe 2,3 milioni di tonnellate di carbonato di litio per batterie, un minerale fondamentale per le batterie su larga scala per veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia rinnovabile, e 160.000 tonnellate di acido borico necessario per le apparecchiature per le energie rinnovabili come i pannelli solari e le turbine eoliche. Rio Tinto, è uno dei colossi mondiali nell’estrazione di materie prime in giro per il globo, e prevede che la miniera di Jadar lo renderà uno dei primi 10 produttori di litio al mondo. Il progetto è nella valle di Jadar, un’area rurale importante per il Paese, dove si trovano i bacini dei fiumi Drina e Sava, da cui circa 2,5 milioni di persone vengono rifornite di acqua, e quindi questi bacini sono in pericolo.

Nel gennaio del 2022 però tutto è cambiato. La Serbia ha deciso di cancellare tutti i permessi alla mega miniera di litio di Rio Tinto. Con una mossa, si auspicata da più parti ma non del tutto prevedibile del governo, Belgrado ha scelto di stracciare tutti i permessi dati al gigante minerario anglo-australiano, provando così a scrivere la parola fine in fondo al lungo capitolo della miniera di litio di Loznica, nella fertile valle del fiume Jadar. Una delle cause erano sicuramente le troppe proteste e molto a ridosso delle elezioni dell’aprile. Di fronte alla prospettiva di un’emorragia di voti, il presidente Vučić ha preferito un’emorragia di denaro. La decisione non è stata presa di certo a cuor leggere visto che la miniera di litio di Loznica avrebbe prodotto 58mila tonnellate di minerale l’anno e valeva 2,4 miliardi di euro e avrebbe proiettato la Serbia nell’Olimpo dei produttori globali di questo metallo cruciale per la transizione ecologica, insieme a Cina, Cile, Australia e Argentina. Era stato il premier Ana Brnabic ad annunciare per primo, almeno momentaneamente, la sospensione del progetto. Un’altra motivazione della decisione poteva essere quella di esercitare una pressione politica maggiore sulla multinazionale per avere più consistenti royalties. Nella questione si era inserito anche il “beniamino di casa”, il numero 1 al mondo, il tennista Novak Djokovic, che aveva difeso la natura e si era schierato contro il progetto, esercitando una certa influenza.

Questa mossa ha provocato ripercussioni sia a livello interno che mondiale. Il no alla miniera prolungherà la carenza di litio sui mercati fino a metà decennio. Nel 2022 l’offerta globale è stata di 100mila tonnellate più bassa della domanda, mentre nel 2023 il gap salirà a 170mila tonnellate secondo le previsioni. I leader della protesta in Serbia hanno chiesto una moratoria di 20 anni sulle miniere. Il movimento “Go – Change”, ha consegnato al governo 290.000 firme per la petizione “Rio Tinto, marcia dalla Drina”, in cui si chiede l’abolizione del piano territoriale dell’area speciale per il progetto “Jadar”, che è molto controverso poiché presenterebbe molte irregolarità, come l’assenza di studi sulla fattibilità e di dati convalidati sulla vita della miniera; e che di conseguenza l’eventuale revoca dei permessi non implicherebbe penali da pagare alla società, mentre il Presidente Vučić aveva annunciato una moratoria di un anno per il piano territoriale. Con lo stop, le azioni della società Rio Tinto sono crollate in borsa: -4,1% sul mercato azionario australiano e -3% sulla borsa di Londra, visto le mire di diventare il più grande fornitore europeo di litio.

Dopo mesi di stallo, ad un anno dalla concessione dei permessi estrattivi, il ministro delle miniere e dell’energia, Zorana Mihajlović, era tornata sull’argomento dichiarando che la realizzazione del progetto “Jadar”, per lo sfruttamento del litio e l’inizio dei lavori della miniera, sarà conforme alla decisione dei cittadini nel referendum riguardante la questione. Referendum che però non si è tenuto. Nello scorso novembre, l’Alleanza delle organizzazioni ambientali della Serbia, SEOS, ha invitato Vucic a smettere di destabilizzare la Serbia con dichiarazioni sul litio dividendola. La SEOS è ancora in attesa che l’iniziativa popolare di vietare permanentemente lo sfruttamento del litio e del boro sia inserita nell’agenda del parlamento, che è stata firmata da diverse decine di migliaia di cittadini in breve tempo. I rappresentanti della SEOS e le personalità pubbliche hanno dichiarato che è passato un anno da quando l’iniziativa popolare è stata presentata al parlamento e che non hanno alcun riscontro, e che l’estrazione del litio e il progetto “Jadar” non sono stati interrotti.

Da quel momento la situazione è stata in costante divenire a causa del successivo annuncio del riavvio del progetto dell’estrazione del litio dell’azienda Rio Tinto. Le reazioni del mondo politico non si sono fatte attendere: il partito Nova D2SP ha detto che la Serbia non guarderebbe al litio come unica possibilità se non fosse stata “vertiginosa” nei debiti. Ha valutato che il potenziale impatto positivo dello sfruttamento del litio da tre a dieci miliardi di euro sul PIL della Serbia è molte volte inferiore all’impatto negativo del costante indebitamento da parte dello stato per oltre 1,7 miliardi di euro all’anno. Se il litio verrà sfruttato in Serbia, la condizione del governo della Serbia sarà la costruzione di una fabbrica di batterie e di una fabbrica di auto elettriche, poiché il Paese non consentirà lo sfruttamento del litio solo per esportarlo. Si è aggiunta anche un’altra società, la Euro Lithium Balkan che è stata privata dei diritti di ricerca geologica applicata di boro e litio nell’area di Valjevo Sever, dove aveva piani per estrarre. Però le compagnie minerarie non hanno intenzione di lasciare la Serbia. Infatti, la stessa società ha annunciato di voler impegnarsi nella ricerca geologica applicata del potenziale geotermico dell’area di Valjevo. Se da una parte vi è la richiesta urgente alla Corte costituzionale in merito all’iniziativa di vietare l’estrazione del litio e boro proposta al parlamento, ma mai inserita in discussione, da parte del movimento di protesta che ha detto di «avere informazioni segrete secondo cui Rio Tinto sta cercando di annullare le decisioni prese attraverso la magistratura, che ha sospeso il progetto Jadar»; dall’altra la recente dichiarazione dell’ambasciatore serbo negli USA che ha sostenuto che Belgrado non può rinunciare alle opportunità offerte dall’estrazione del litio poiché possono aiutare la Serbia a fare la differenza strategica nell’economia, considerando che il Paese ha l’11% delle riserve di litio esplorate totali nel mondo.

La vicenda è in divenire e potrebbe ancora evolversi perché il tesoro nascosto di Jadar è molto invitante per tanti: prima di tutto alla società anglo-australiana, che incasserebbe 2,2 miliardi di dollari ogni anno, ma anche alla stessa Serbia, poiché come detto vedrebbe il suo Pil aumentare del 4%, e i costruttori d’auto, sempre più “affamati” di materie prime utili ai piani di elettrificazione. Il ministro delle Miniere Mihajlović ha affermato che l’abrogazione del piano territoriale ha fermato il progetto Jadar, ma ha aggiunto che sarebbe un errore far cessare completamente l’attività mineraria; ha quindi spiegato che il paese è ricco di litio, rame e oro, materie prime fondamentali per il mondo. Tutta l’Europa guarda con interesse ai progetti “in casa propria” di estrazione del litio per ridurre le importazioni e provare a raggiungere l’indipendenza dall’Asia. Da ultimo, a marzo, il colosso automobilistico tedesco Mercedes, la società australiano-britannica Rio Tinto e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo stanno negoziando la realizzazione di un progetto per la costruzione di una fabbrica di auto elettriche Mercedes in Serbia, che dovrebbe utilizzano batterie al litio e che verranno estratte da Rio Tinto. I negoziati su un progetto del valore di 2,5 miliardi di euro si stanno avvicinando a un accordo e il potenziale investimento dipende dal fatto che il litio verrà sfruttato in Serbia.

Paolo Romano

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