SERBIA. Accordo stand-by col Fondo monetario internazionale

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A Belgrado sono in corso i colloqui tra i rappresentanti del governo serbo e una delegazione del Fondo monetario internazionale per la possibile firma di un accordo stand-by. Si tratta di un sistema di aiuti finanziari forniti dall’istituto con sede a Washington, in cambio di riforme strutturali che possano garantire stabilità economica e finanziaria.

«Siamo soddisfatti della cooperazione con il Fondo monetario internazionale, ed è del tutto naturale continuarla – ha dichiarato il ministro delle Finanze serbo Siniša Mali – un accordo stand-by darebbe un ulteriore slancio alle riforme in Serbia e una dose di sicurezza: un accordo con il FMI aumenta la credibilità e la sicurezza sull’arrivo degli investimenti».

Secondo Mali, oggi la Serbia rappresenterebbe un successo per il sistema di finanziamenti del Fondo monetario internazionale: gli accordi firmati in precedenza avrebbero permesso un risanamento del bilancio, che tra il 2014 e il 2018 ha garantito alti tassi di crescita economica.

Ora però Belgrado si ritrova a dover affrontare un periodo di difficoltà economiche aggravate dall’isolamento internazionale per il rapporto con la Russia. Per il governo serbo, l’accordo con il FMI è una soluzione in grado di dare più sicurezza ai conti pubblici con l’immissione di liquidità e con l’accesso a finanziamenti più favorevoli di quelli attualmente disponibili sul mercato.

Il ministro delle Finanze Mali insiste con l’idea che grazie alle riforme già attuate con i precedenti accordi con il FMI, la Serbia è completamente cambiata: «Abbiamo aiutato i cittadini e l’economia serba, e salvato posti di lavoro. Oggi molti paesi stanno entrando in un periodo di recessione, mentre noi abbiamo avuto un tasso di crescita economica del 4,3% nel primo trimestre e del 3,9% nel secondo trimestre».

Stando alle dichiarazioni ufficiali fornite ai media serbi, il governo intenderebbe accedere ai finanziamenti del FMI per continuare il percorso di riforme strutturali già messe in atto prima della pandemia. Di fatto, la Serbia ne ha bisogno per far fronte alle incertezze che inevitabilmente dovrà affrontare a causa dell’ambiguità del governo e del Presidente Vučić sui rapporti con l’Unione europea e con la Russia di Putin.

Carlo Comensoli