I tumori a prostata, testicolo, rene, vescica e pene registrano un deciso aumento. E nei prossimi anni il numero dei pazienti colpiti da neoplasie del tratto genito-urinario – oggi a quota 1 milione e 90 mila tra uomini e donne – è destinato a salire in modo preoccupante.
Il dato più recente circa i casi di cancro registrati dalle strutture sanitarie è del 2022: 85.100 (solamente un decennio fa assommavano a poco più di 74.900). I tumori genito-urinari rappresentano quasi il 20% delle neoplasie diagnosticate nel nostro Paese. L’anno scorso sono stati 40.500 i nuovi casi di tumore della prostata, 2.300 al testicolo, 12.600 al rene, 29.200 alla vescica e 500 al pene.
L’incremento è correlato a diversi fattori, tra cui l’aumento dell’età media e il peggioramento degli stili di vita. Contro queste neoplasie tuttavia s’innalzano altresì le opzioni e i trattamenti efficaci in grado di modificarne la storia naturale.
Come elemento di speranza c’è però il tasso di sopravvivenza in ascesa, «grazie a trattamenti più personalizzati e di combinazione. Con l’approccio multidisciplinare – spiega Sergio Bracarda, presidente nazionale SIUrO (Società Italiana di Uro-Oncologia) – possiamo coinvolgere di più i malati e i caregiver nella scelta del percorso terapeutico».
«L’81% dei nostri pazienti riesce a superare la malattia», dice Bracarda. «Un risultato già importante, ma da migliorare ulteriormente, specie se consideriamo la crescita dell’incidenza. L’introduzione delle terapie biologiche e dell’immunoterapia ha rivoluzionato la lotta ai tumori renali e vescicali. Stiamo assistendo a una rapida evoluzione della medicina di precisione nonché a una maggiore conoscenza delle caratteristiche genomiche e bio-molecolari delle neoplasie. Nel carcinoma prostatico utilizziamo farmaci più mirati rispetto alla chemioterapia o l’ormonoterapia. Per farlo stiamo lavorando sui percorsi di diagnostica bio-molecolare, sui PDTA e sulla diagnostica isto-patologica in modo da accrescere la selezione delle terapie. Bisogna poi potenziare e rendere più efficienti i gruppi multidisciplinari».
C’è poi il tema della prevenzione primaria. Irrinunciabile. L’Italia potrebbe evitare ogni anno più di 3.000 casi di tumore genito-urinario intervenendo sui fattori di rischio. Ad esempio facendo ricorso al vaccino contro il Papilloma Virus disponibile pure per i giovani maschi. «A questo virus – chiarisce Bracarda – sono attribuibili il 47% di tutti i casi di carcinoma del pene. A ruota c’è il fumo di sigaretta, responsabile della malattia così come di circa la metà dei casi di tumore della vescica. Sovrappeso e alimentazione scorretta incidono invece sul carcinoma di prostata e rene. La SIUrO lancerà, nelle prossime settimane, nuove iniziative di sensibilizzazione dedicate all’intera popolazione».
Infine, ma non ultimo, il ruolo dei caregiver.
«La multidisciplinarietà permette un maggiore ruolo partecipativo e decisionale dei pazienti e dei caregiver», commenta Rolando Maria D’Angelillo, vice presidente SIUrO. La scelta della tipologia di cura deve, infatti, essere discussa all’intero del team e poi proposta al malato. Vanno considerati vari aspetti, vedi i possibili effetti collaterali. Nel cancro della prostata i disturbi variano a seconda della terapia primaria, con più del 20% dei pazienti alle prese con problemi nell’intimità mentre uno su cinque d’incontinenza nel post-chirurgia. Quando si parla di tumori vescicali occorre promuovere, da subito, attraverso le associazioni dei pazienti, un’informazione dedicata ai trattamenti per la preservazione dell’organo ben poco utilizzata sui nostri territori».
Marco Valeriani