
Il nome “tecnico” è Hydra. E all’Istituto Clinico Sant’Ambrogio, ospedale del Gruppo San Donato, l’innovativa protesi valvolare cardiaca è stata impiantata, con pieno successo, su una paziente bergamasca di 88 anni.
Il centro lombardo di alta specialità è tra le prime quattro strutture italiane ad avvalersi del nuovo dispositivo.
Un device il cui impiego aumenta, in modo significativo, le possibilità di cura nei soggetti affetti da stenosi valvolare aortica: stenosi che nel caso di specie era aggravata da una patologia coronarica piuttosto importante.
L’intervento, eseguito due settimane fa, ha visto al lavoro l’équipe del dottor Maurizio Tespili, responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Istituto Sant’Ambrogio e coordinatore dell’Area Cardiologica degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi.
Hydra, la valvola aortica del futuro, è a tutti gli effetti una bioprotesi valvolare trans-catetere autoespandibile.
Le note di pregio coincidono con la maggiore adattabilità agli anelli valvolari di dimensioni ridotte; con la minore traumaticità rispetto ai tessuti cardiaci circostanti, considerata la forma tubulare; con l’estrema flessibilità in grado di consentire il suo transito attraverso archi aortici molto angolati.
Realizzata in Nitinol (lega di nichel e titanio) e da componenti d’origine animale (bovina), la bioprotesi è stata oggetto di studio tra Europa e Asia prima d’essere utilizzata nel nostro Paese.
Il caso clinico sul quale si è concentrata l’attenzione dei clinici e dei cardiologi era rappresentato da una donna ultra ottuagenaria con serie problematiche correlate a stenosi della valvola aortica e candidata ideale alla procedura trans-catetere – metodica a bassa invasività – in quanto paziente con larghezza delle arterie iliache e femorali pari ad almeno 6 millimetri, nonché distanza tra l’origine delle coronarie – i vasi che irrorano e ossigenano il cuore – e il piano valvolare di almeno 12 millimetri.
L’intervento – della durata di 90 minuti e in anestesia locale a soggetto sveglio e reattivo – ha permesso, tramite approccio percutaneo, di effettuare in prima battuta un’angioplastica coronarica e successivamente l’inserimento della nuova valvola – detta TAVI – senza dover ricorrere a due distinte sedute chirurgiche e ulteriori ricoveri.
La paziente, spostata per 24 ore in terapia intensiva, ha potuto lasciare l’ospedale 5 giorni dopo l’impianto della bioprotesi saltando il periodo normalmente dedicato alla riabilitazione cardiovascolare.
La signora – spiega il dottor Maurizio Tespili – non poteva essere trattata utilizzando le bioprotesi valvolari già disponibili sul mercato. Da qui la ricerca di un device rispondente alle esigenze e idoneo all’anatomia della malata.
“L’azienda produttrice della valvola Hydra ha recepito subito le nostre richieste e ha riconosciuto nella nostra Unità Operativa le competenze utili a prendere parte al progetto del nuovo dispositivo”.
L’impianto trans-catetere ha evitato alla donna – in età avanzata – un intervento di cardiochirurgia di tipo tradizionale e percentualmente più rischioso.
“L’avvento di Hydra – commenta Tespili – costituisce un nuovo tassello nella cura della stenosi valvolare aortica e la procedura può ora essere replicata su tutti i pazienti che presentano le medesime caratteristiche anatomiche della signora 88enne”.
Marco Valeriani