
Accelerare, da subito, l’impiego dei test genomici destinati alla personalizzazione delle terapie contro il carcinoma mammario. In Italia, l’urgenza è stata più volte sottolineata nel corso di un recente convegno patrocinato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e reso possibile grazie a Exact Sciences, questi test sono ancora sottoutilizzati.
Si stima, infatti, che nel 2022 solo il 50% degli esami sia stato effettivamente prescritto alle donne.
«Un problema – dicono in coro gli specialisti – con chiare ricadute sulle pazienti eleggibili, alle quali il test non viene proposto e sull’intero Sistema Sanitario Nazionale».
Dati alla mano, le risultanze scientifiche ottenute confermano in maniera inequivocabile l’assoluta importanza dei test.
«Identificano – spiega il professor Francesco Cognetti, presidente di FOCE (Federazione Oncologi Cardiologi Ematologi) – le pazienti a rischio elevato di ripresa della malattia a 10 anni e per le quali la chemioterapia può essere utile in aggiunta all’ormonoterapia. Possiamo evitare la somministrazione di farmaci che presentano un notevole impatto fisico, psichico e relazionale».
Piccolo passo indietro. A fine 2020, il Parlamento, in sede di Finanziaria, aveva dato il via libera a un fondo dedicato di 20 milioni di euro proprio per l’acquisto dei test genomici indirizzati a 10mila donne operate per tumore alla mammella.
Eppure, soltanto nell’estate successiva è arrivato l’ok del decreto attuativo da parte del Ministero della Salute. In buona sostanza sono occorsi diversi mesi affinché le singole Regioni si pronunciassero in materia e pubblicassero le rispettive delibere così da rendere effettivi i vari provvedimenti.
Allo stato dell’arte, parliamo di tutto il territorio nazionale, i test genomici vengono erogati in regime di rimborso e le Regioni sono in fase di rinnovo, sulla base del decreto ministeriale 2021, dei finanziamenti per il 2023.
«Non ci sono più impedimenti burocratici e amministrativi» commenta Cognetti. «Serve maggiore consapevolezza, anche da parte degli specialisti chirurghi e oncologi medici, sulle potenzialità di esami che devono rientrare nella pratica clinica ordinaria. Consentono di migliorare in modo significativo la qualità della vita di molte pazienti, dei loro familiari e dei caregiver».
I test oggi disponibili in commercio sono cinque e si basano su tecnologie diverse e analizzano gruppi diversi di geni. L’obiettivo di rilievo è quello di saper orientare la scelta dei medici in base alle evidenze scientifiche sul tavolo e in base agli aggiornamenti delle principali Linee Guida nazionali ed internazionali.
«Gli esami si eseguono su tessuto tumorale mammario fissato e incluso in paraffina» aggiunge Riccardo Masetti, direttore del Centro Integrato di Senologia e Professore di Chirurgia Generale dell’Università Cattolica del Policlinico Gemelli. «Tessuto prelevato durante biopsia o intervento chirurgico e poi conservato in anatomia patologica. I test genomici non invasivi per la paziente e la prescrizione devono essere stabiliti dal team multidisciplinare che agisce all’interno della Breast Unit».
Da qui il rilancio della proposta che punta a inserire i test nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Richiesta promossa verso il Ministero della Salute e alla stessa Commissione LEA. Una soluzione, quella paventata da FOCE, da intraprendere altresì con l’obiettivo di mettere la parole fine al sottoutilizzo degli esami che in determinati contesti territoriali è particolarmente vistoso.
Un appello che l’oncologia italiana, considerata all’avanguardia nel mondo, specie nel combattere il cancro al seno, lancia perché il nostro Paese si allinei ai Paesi in cui i test genomici risultano utilizzati con regolarità da oltre 10 anni.
Marco Valeriani