Si può intervenire chirurgicamente sul cuore eliminando l’anestesia con oppioidi? La risposta, di grande interesse per la comunità medico-scientifica e i pazienti in lista d’attesa, arriva dal Maria Pia Hospital di Torino, struttura del gruppo GVM Care & Research con all’attivo una lunga e riconosciuta tradizione nel trattamento delle patologie cardiovascolari.
La clinica torinese ha, infatti, introdotto il protocollo anestesiologico denominato “Gran Torino” (dall’acronimo inglese di Global Reduction of ANaesthesia in Thoracotomy Optimized for Real INnovative Operations), presentato nel 2022 alla Società Italiana di Cardiologia, che non prevede l’uso di oppioidi e impiegato, per la prima volta in regione, nell’ambito della chirurgia valvolare.
Maria Pia Hospital vanta in Piemonte un ragguardevole primato nell’ambito della cardiochirurgia mininvasiva – quasi il 70% degli interventi effettuati l’anno scorso – indirizzata «a migliorare – spiega Mauro Del Giglio, corresponsabile dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia – le condizioni psicofisiche del paziente in ogni momento del percorso di cura; a partire dall’ottimizzazione dell’intervento stesso, utilizzando skill tecniche migliori, riducendo i tempi di circolazione extracorporea e impiegando un flusso anterogrado, che risulta più fisiologico in quanto simula l’andamento arterioso, evitando così ulteriori incisioni. Grazie all’expertise di quasi vent’anni – la struttura conta ben 3.000 casi affrontati mediante approccio mininvasivo – ci siamo spinti a ottimizzare e migliorare l’aspetto anestesiologico».
Trentuno i casi – chirurgia valvolare aortica o mitralica – trattati a oggi con anestesia priva di oppioidi: 29 in minitoracotomia e 2 in sternotomia. Si fa ricorso a un mix di farmaci mirati a bloccare, a livello cellulare, i recettori del dolore. Grazie al protocollo “Gran Torino”, inoltre, il paziente viene estubato già in sala operatoria, si risveglia più velocemente e ha una ripresa facilitata: niente depressione respiratoria, iperalgesia post-operatoria, disturbi gastrici.
«Potenzialmente – chiarisce José Zulueta, anestesista di GVM Care & Research – i pazienti idonei all’anestesia generale, lo sono all’anestesia senza oppioidi. Nelle fasi iniziali noi selezionavamo solo i soggetti con quadri clinici compromessi, più gravi e fragili; ora il protocollo è entrato nella pratica quotidiana e non pone vincoli in termini di durata o complessità. Infine riduce il rischio del “delirio post-operatorio”: è come se il cervello si spegnesse e la sua riaccensione avvenisse lentamente e con sbalzi evidenti, dovuto proprio alla profondità dell’anestesia soprattutto nelle persone avanti negli anni».
Il protocollo “no-oppioidi” si è dimostrato molto vantaggioso nelle condizioni date da pazienti a rischio elevato: ovvero quelli che risentono in percentuale maggiore degli effetti collaterali.
Un’ultima sottolineatura: tale anestesia apre la possibilità d’interventi chirurgici, con una ripresa migliore, su quanti affetti da molteplici comorbidità come: broncopneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale, diabete, neoplasie, malattie cerebro-vascolari.
Marco Valeriani