Sahel: soluzione politica in vista

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ITALIA – Roma. 11/07/13. “Afer the war. Political solutions to the conflicts in the Sahel region” è il titolo della Conferenza Internazionale organizzata dal Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali) tenutasi ieri a Roma presso il CASD (Centro Alti Studi della Difesa) alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.

Il Ministro della Difesa Mario Mauro, nel suo intervento, ha evidenziato come il legame tra il crollo del Regime di Gheddafi e la rivolta del Mali siano strettamente connessi. Le infiltrazioni qaediste nel nord del Paese e la trasformazione delle città come Timbouktou, Gao e Kidal in basi per l’addestramento e la diffusione di cellule terroristiche andasse a colpire tutta la regione occidentale dell’Africa. 

L’impegno dell’Italia è quello di collaborare per la stabilizzazione e per la ricostruzione del comparto sicurezza del Mali, sotto l’egida dell’Unione Europea. In particolare il Ministro afferma che: «L’Italia vanta lunga esperienza nella tradizione e promozione degli approcci condivisi per la risoluzione delle controversie tra le diverse comunità etniche e culturali e nello specifico pensiamo vada ricercato il giusto bilanciamento all’affermazione del diritto all’autodeterminazione, con l’esigenza di disporre di strutture statali in grado di garantire il rispetto di leggi condivise, dei diritti delle minoranze e la salvaguardia delle altre comunità».

Una possibile soluzione potrebbe trovarsi in modelli federali mediante concessione di autonomie alle comunità locali. Non è possibile pensare quindi ad una risposta solo militare, ha poi continuato il Ministro, la risposta ai problemi del Sahel, è invece da ricercarsi in ambito politico, e non solo per quanto riguarda il Sahel. 

La stabilità della regione è infatti in serio pericolo, le forze qaediste si sono affermate in maniera più radicale negli ultimi tempi minacciando la stabilità dell’intera area. In Mali gli interventi delle forze internazionali hanno momentaneamente scongiurato l’affermarsi della minaccia jihadista, alla quale certo hanno contribuito le tensioni etniche e sociali dei paesi circostanti. Proprio in Mali comunque si è raggiunto l’obiettivo, da parte del governo di transizione, di organizzare le elezioni che si svolgeranno il 28 luglio prossimo.

Alla Conferenza hanno partecipato vari esperti internazionali insieme a vari Ministri degli Esteri del Mali, del Senegal che hanno proposto un quadro storico, politico, sociale ed economico dell’area prospettando diverse soluzioni, convergendo sul fatto che non esista una ricetta unica ma che, di volta in volta, sia utile e necessario lavorare sul caso e sul problema specifico. È invece importante il rafforzamento della riconciliazione e dell’inclusione, tracciare una road map per lo sviluppo economico e sociale con la partecipazione delle minoranze, senza però voler pensare ad una autonomizzazione delle differenze all’interno degli Stati dell’Africa, che in un mondo globalizzato andrebbero a scomporre in maniera irreversibile la sicurezza della regione. La sicurezza del Sahel è legata dall’accordo, in particolare, tra Libia, Tunisia, Algeria, Mauritania, Ciad nei quali deve essere concretamente realizzato il processo di sradicamento del terrorismo. 

Chiude i lavori Romano Prodi, che dal 12 settembre 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa, inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nel Sahel che conferma quanto sostenuto da gran parte dei relatori, ossia che quella delle armi non può essere la soluzione definitiva, bisogna cercare quella politica e purtroppo ancora l’obiettivo non è stato raggiunto e per questo necessario il contributo della comunità internazionale; bisogna intervenire per sostituire l’economia creata dal terrorismo, la più internazionale delle organizzazioni, che si nutre della necessità di sopravvivenza delle popolazioni locali che vivono in condizioni di assoluta povertà, è pertanto si deve creare un obiettivo di lungo temine e offrire una alternativa che può essere riassunta in 5 punti fondamentali: 

1 – cibo, acqua e agricoltura; 2 – infrastrutture; 3 – energia decentrata; 4 – scuole e università; 5 sanità.  

Sahel è un’area strategica basata sul multiculturalismo e sulla multietnicità, elementi dimenticati sia nel periodo coloniale che in quello post coloniale ed oggi si sta scontando la negatività che questo modello ha prodotto. 

Il Presidente del Ce.S.I. Andrea Margelletti, intervistato alla chiusura dei lavori, ha voluto sottolineare alcuni tratti essenziali e riferendosi alla situazione del Mali ha sostenuto che se pur sia stata sconfitta una parte importante del movimento jihadista che si avvicinava alla capitale, non sono state però distrutte le ragioni che l’hanno determinato. «In Mali c’è molto da fare, il Paese va ricostruito da un punto di vista politico e questo è l’impegno di tutti gli attori coinvolti, soltanto attraverso un dialogo aperto si può trovare la soluzione. Bisogna andare alla sostanza, noi occidentali, europei, abbiamo per troppo tempo considerato il nord Africa e il Sahel e il Medio Oriente allargato come una pentola da tenere chiusa, preferivamo guardare all’oggetto e non al contenuto. Stiamo pagando i postumi della nostra disattenzione, stiamo pagando per aver scelto degli interlocutori che per lunghi anni in realtà si sono solo approfittati del proprio potere. La pentola è esplosa i risultati come vediamo sono devastanti e questa situazione potrebbe perdurare. Ma questo ci deve portare a ragionare meglio sul nostro comportamento, rendendoci più partecipi e attenti».