SAHEL. Il jihad va in campagna

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di Lucia Giannini BELGIO – Bruxelles 15/01/2017. Gruppi jihadisti come al-Qaeda nel Maghreb Islamico, Boko Haram, Fronte di Liberazione Macina e al-Murabitoune, stanno utilizzando basi nelle campagne per colpire centri provinciali e distrettuali, spesso costringendo gli eserciti nazionali a ritirarsi e le autorità statali locali ad abbandonare le immense zone rurali al controllo jihadista.
I paesi del Sahel, come Mauritania, Burkina Faso, Niger, Mali, Nigeria, Camerun, Libia e Ciad si stanno concentrando nella difesa dei centri politici, abbandonando i vasti hinterland premesti nei paesi; si tratta di due flussi di interesse politico operativo che purtroppo stanno favorendo la presenza jihadista nei diversi stati del Sahel, riporta una interessante analisi dell’International Crisi Group. I recenti successi militari non sono stati accompagnati dal ritorno di una normale amministrazione da parte del governo nelle zone liberate; l’amministrazione civile non ha seguito l’occupazione militare. La persistente assenza dello stato nella regione intorno al lago Ciad, lungo il confine Mali-Niger e nel Mali centrale, ha permesso ai jihadisti di tornare a espandersi. Con il risultato finale dell’abbandono del vasto retroterra territoriale con conseguente assenza di servizi pubblici. I jihadisti hanno quindi realizzato un’occupazione “più” discreta delle zone rurali, come hanno fatto altri gruppi armati, milizie etniche, gruppi di auto-difesa, gruppi criminali transnazionali, banditi armati, che hanno colmato il vuoto politico lasciato dagli stati centrali.
Icg ha condotto una ricerca nel Mali centrale, notando proprio queste realtà: i jihadisti sono riusciti a stabilirsi tra le comunità rurali che hanno un attaccamento debole allo Stato e sono scarsamente rappresentate in parlamento o nel governo locale.