RUSSIA. Mosca apre la prima centrale atomica artica 

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Da luglio, la centrale nucleare galleggiante russa Akademik Lomonosov sarà trainata attraverso la Northern Sea Route fino alla sua destinazione finale in Estremo Oriente, dopo quasi vent’anni di allestimento. La Akademik Lomonosov fa parte dell’ambizione della Russia di portare energia elettrica in una regione ricca di minerali. La piattaforma lunga 144 metri sarà ancorata nei pressi della città portuale artica di Pevek e fornirà elettricità agli insediamenti e alle aziende che estraggono idrocarburi e pietre preziose nella regione di Chukotka.

La Lomonosov sarà la centrale nucleare più a nord del mondo ed è fondamentale per lo sviluppo economico della regione. Circa 2 milioni di russi risiedono vicino alla costa artica in villaggi e città simili a Pevek, insediamenti spesso raggiungibili solo in aereo o in nave, con buone condizioni meteo. Questi insediamenti generano fino al 20% del Pil del paese e sono fondamentali per i piani russi di attingere alle ricchezze artiche di petrolio e gas, man mano che le riserve siberiane diminuiscono. In teoria, le centrali nucleari galleggianti potrebbero aiutare a fornire energia alle aree remote senza impegni a lungo termine – o che richiedono grandi investimenti in centrali convenzionali su terreni per lo più inabitabili, riporta Cnn.

La presenza di un reattore nucleare stazionato nel Mar Artico ha suscitato le critiche degli ambientalisti. La Lomonosov è stata soprannominata “Chernobyl on Ice” o “Chernobyl galleggiante” da Greenpeace. Rosatom, l’azienda statale responsabile dei progetti nucleari russi, ha lottato contro queste definizioni, sostenendo che queste critiche sono infondate: «Non è assolutamente giustificato confrontare questi due progetti. Si tratta di affermazioni infondate, solo il modo in cui operano i reattori stessi è diverso», ha detto Vladimir Iriminku, ingegnere capo della Lomonosov per la protezione ambientale. «Naturalmente, quello che è successo a Chernobyl non può accadere di nuovo. E siccome sarà stazionata nelle acque artiche, si raffredderà costantemente, e non manca l’acqua fredda».

L’industria nucleare civile russa si trovò ad affrontare le questioni pubbliche in seguito alla catastrofe di Chernobyl, che ha plasmato le preoccupazioni sull'”atomo pacifico” per i decenni successivi. La costruzione di decine di centrali nucleari si fermò, colpendo non solo i grandi progetti sulla scala di Chernobyl, ma anche rallentando l’uso di reattori a bassa potenza come quello di quella che sarebbe diventata la stazione galleggiante:  la centrale di Chernobyl produceva fino a 4.000 megawatt; Lomonosov ha due reattori da 35 megawatt ciascuno.

«Questi reattori dovevano inizialmente essere utilizzati entro i limiti della città, ma purtroppo l’incidente di Chernobyl lo ha impedito. I nostri cittadini, soprattutto se non sono tecnicamente esperti, non capiscono bene l’energia nucleare e che queste centrali sono costruite in modo diverso, quindi è quasi impossibile spiegarglielo».

Tuttavia, la Russia moderna non ha visto nulla di simile a Chernobyl. La Russia, uno dei maggiori produttori di petrolio e gas, gestisce anche diverse centrali nucleari. La società statale per l’energia atomica Rosatom ha da tempo sostenuto che il suo record industriale è quello dell’affidabilità e della sicurezza, e che i suoi reattori sono stati modernizzati e aggiornati. E poi c’è la questione dei costi. Rosatom ha lavorato per attirare clienti da Asia, Africa e Sud America per acquistare i  prossimi sviluppi dell’Akademik Lomonosov, ma non ha ancora annunciato alcun accordo.

L’ultimo progetto nucleare russo di dimensioni comparabili è stato completato nel 2007, quando il rompighiaccio a propulsione nucleare “50 anni di vittoria” ha finalmente navigato dopo essere stato ormeggiato dal 1989.

Anna Lotti