TAJIKISTAN – Dushanbe. 17/12/13. Secondo Radio Liberty, il 2013 può essere definito come l’anno orribile per gli immigrati del Centro Asia in Russia. Nella difficoltà spuntano moto nazionalismo spinto e un rifiuto verso lo straniero.
Almeno questa è l’idea che si è fatta radio liberty. Qualcuno sostiene che bisogna fare una deportazione di massa dei lavoratori migranti, la maggior parte dei quali sono da Asia centrale e dal Caucaso, nonché di introdurre un regime di visti per i cittadini di questi paesi. In alcuni casi, si legge su us.azattyq, il sentimento anti-immigrati ha portato alla violenza. Uno dei casi più recenti è inerente alle rivolte a sud di Mosca avvenute dopo l’assassinio di un ragazzo russo dopo un litigio con un cittadino dell’Azerbaigian. Secondo il professore alla New York University ed esperto di servizi di sicurezza della Russia, Marco Galeotti, quando vi sono «periodi di congiuntura sfavorevole […] le persone di solito sono alla ricerca di capri espiatori». Secondo il sondaggio, condotto nel mese di novembre dal Centro indipendente “Levada”, il 65 per cento dei russi vogliono meno immigrati, e il 73 per cento approva la deportazione degli immigrati clandestini. Il leader dell’opposizione Alexei Navalny, ha cercato di ammorbidire gli animi. Nonostante la grande importanza della questione, la politica della Russia nei confronti dei lavoratori migranti è piena di contraddizioni e non è disposta a cambiare. Da un lato, le autorità capiscono che i lavoratori stranieri sono una popolazione attiva in Russia e che la legalizzazione dei migranti aumenterebbe le entrate fiscali urgenti. Tuttavia, il sentimento anti-immigrati è prevalente, con uno scarso rendimento delle leggi esistenti e l’economia sommersa contribuisce al mantenimento dello status quo.
Era il gennaio 2012 quando il presidente Vladimir Putin ha chiesto una politica più “civile”, che dovrebbe includere la registrazione dei lavoratori stranieri per regolare afflusso di migranti e di proteggerli dallo sfruttamento e corruzione. Tuttavia, poco è stato fatto per riformare la politica esistente. Secondo il presidente dell’Unione Russa dei migranti, Mohammad Madzhumder, fino al 90 per cento dei circa 10 milioni di lavoratori migranti sono arrivati in Russia illegalmente. Questo non solo rende i migranti vulnerabili agli abusi, ricatti e violenza, ma anche soprattutto li nasconde al fisco, rafforzando così la percezione pubblica che tutti i migranti sono impantanati nel crimine. Ma anche chi arriva in Russia con in documenti legali dice di essere sottoposto a discriminazioni. Ma la cosa più preoccupante è la violenza etnica che sta diventando sempre più comune e sono spesso indirizzati non solo contro gli stranieri, ma anche contro i cittadini russi del Caucaso del Nord, che agli occhi della società russa è spesso identificata come migranti. A testimonianza di ciò quello che è successo a Pugachev, città sita nel sud del paese in cui quest’estate è stato ucciso in una lite in un bar da un giovane ceceno. I residenti locali si sono recati immediatamente in un caffè dove si pensa vi siano frequentazioni caucasiche per vendicarsi dando alle fiamme un caffè; hanno bloccato la strada principale, e hanno chiesero l’espulsione di tutti i ceceni. Nel mese di agosto a Mosca dopo l’attacco da parte di due venditori del Daghestan alla polizia, le autorità hanno arrestato circa 1.400 lavoratori migranti. L’ultimo focolaio si è verificato nel mese di ottobre intorno Biryulevo a Mosca, quando un lavoratore migrante avrebbe ucciso un giovane azero russo. La capitale è stata devastata dalla violenza: nazionalisti hanno rovesciato automobili, fracassato vetrine e fatto irruzione in magazzino ortofrutticolo in cerca di migranti. Nonostante questa difficile situazione in Russia, molti migranti non vogliono tornare a casa. Secondo Mirzo Kurbanov, la situazione in Tagikistan è peggiore.