Ospitiamo sulle nostre pagine un’interessante analisi sul senso della Sicurezza nazionale
1. Premessa
Parlare oggi di sicurezza nazionale (SI) significherebbe innanzitutto porre dei distinguo di ordine contenutistico, storico e di geopolitica.
Come noto, infatti, l’accezione data a tale espressione è risultata esplicativa di significati anche molto diversi per uno stesso paese, in dipendenza delle diverse priorità delle minaccia percepite nel corso del tempo, eccezion fatta per l’obiettivo connesso alla difesa da minacce di natura militare o terroristica.
Si segnala inoltre come i più recenti contributi di studio sulla materia facciano in particolare risalire definizione delle minacce potenziali, nonché priorità e tempistichedegli obiettivi di policy che ne conseguono, a concetti e criteri propriamente afferibili alla nozione di interesse nazionale (IN) e – più in specifico – di interessi strategici nazionali.
Una delle migliori definizioni di National Security rimane tuttora, ad avviso dello scrivente, quella citata nel libro dello studioso americano di intelligence Joseph J. Romm (1)1, scritto nei primi anni successivi alla fine della guerra-fredda: «Our greatest security lies in the best balance of all instruments of foreign policy, and hence in the coordinated handling of arms, diplomacy, information and economics; and in the proper correlation of all measures of foreign and domestic policy».
Anche se le vicende degli anni a noi più vicini hanno notoriarmente portato ad enfatizzare la rilevanza relativa delle componenti connesse all’infomation ed all’economics, in quanto aree di sviluppo delle attività di intelligence protese al monitoraggio dei rischi più immediatamente rilevabili anche da un non esperto: quelli di natura cibernetica, delle minacce connesse con la finanza internazionale, con il commercio e le politiche di approvvigionamento energetico.
In proposito giova peraltro considerare come anche le minacce terroristiche recentemente emerse – di matrice anarco-insurrezionalista – sembrano trovare una qualche radicazione nell’involuzione della attuale crisi economica, se è vero che alcune cellule di tali gruppi che si autodefiniscono “informali” risulterebbero sensibilmente offese persino dalle forme di ostentazione della potenza nazionalistica – e ad un tempo di bad policy a loro giudizio – simbolicamente associabili alle spese per armamenti e persino a quelle per i giochi olimpici.
Nel seguito si fa cenno a due modelli per così dire paradigmatici nella impostazione delle politiche per la SI: per ciò che concerne la definizione degli assets per la SI di un paese avanzato si farà sintetico riferimento agli USA, mentre ai fini della misurazione del suo raggiungimento si presenterà le interessanti esperienze del NSI dell’ India.
2. Un cenno alle recenti direttrici della politica della sicurezza nazionale negli USA
Il riferimento agli USA appare per qualche verso scontato, in relazione al fatto che la prima potenza economica e politica al mondo da molti decenni ha notoriamente sviluppato una efficiente organizzazione di tutela della propria sicurezza nazionale, capace adeguarsi con prontezza alla mutevolezza delle minacce sullo scacchiere mondiale. (Si pensi che il National Security Council fu istituito a Washington sin dal lontano 1947, come organo interdipartimentale, con la missione istituzionale di fornire suggerimenti alla Presidenza sulle generali tematiche per la sicurezza nazionale)(2)2.
Inoltre, limitando l’indagine agli anni più precedenti, si trova conferma in primo luogo di come al multiforme ed agguerrito apparato statunitense di gestione delle direttive politiche contenute nel documento presidenziale del National Security Strategy, fosse richiesto di perseguire in tutto il mondo l’intera gamma di obiettivi (politici, economici, sociali e militari) in cui fossero coinvolti – direttamente od indirettamente – interessi americani, ed in particolare laddove le informazioni “aperte” non risultassero adeguatamente disponibili.
Se poi si da uno sguardo alla composizione degli obiettivi di interesse nazionale da perseguire, risulta che, accanto alla storica difesa militare attiva dalla minaccia terroristica di Al-Qaida, si riscontra il riferimento ad assets strategici afferenti la sfera sociale ed ambientale dellacomunità nazionale, quali la lotta alla droga, la sicurezza ambientale ed energetica e quellaeconomica.
Se la sicurezza energetica è andata nel tempo scemando di importanza relativa, anche in relazione al fatto che oggi gli USA sono uno dei principali produttori mondiali di gas naturale, la crisi del 2008 ha imposto un forte riorientamento di focus su temi economici. Significative le seguenti frasi tratte dall’Intelligence Community Annual Report Threat Assessment, del direttore della National Intelligence ai tempi di Bush Jr, Dennis C Blair (12 Febbraio 2009): «The primary near-term security concern of the United States is the global economy crisis and its geopolitical implications. The crisis has been ongoing for over a year and economists are divided over whether and when we could hit bottom (…) Time is probably our greatest threat. The longer it takes for the recovery to begin, thegreater the likelihood of serious damage to US strategic interest (ns corsivo) (…) The widely held perception that excesses in US financial markets and inadequate regulation were responsible has increased criticism about free market policies, which may make it difficult to achieve long-time US objectives, such as the opening of US capital markets and increasing domestic demand in Asia. It already has increased questioning of US stewardship of the global economy (ns corsivo) and the international financial structure».
In realtà, quanto lamentato da Blair nel 2009 covava già dai tempi della presidenza Clinton, da quando cioè l’attività di intelligence economica era andata conformandosi ad un approccio operativo di natura offensiva, oltreché passiva (3)3.
Esempi di un approccio interventistico in tale direzione se hanno, però, da un lato
contribuito ad ampliare il controllo delle minacce di natura economica derivanti dall’estero, hanno
per converso contribuito a minare irreparabilmente uno dei principali pillar a sostegno della
sicurezza nazionale, vale a dire quello della stabilità economica.
Ed è lecito assumere anche che un siffatto atteggiamento, fortemente assertivo ai fini del diretto coinvolgimento dell’intelligence federale nell’economia a sostegno della libertà di movimento delle corporations, sia risultato proattivamente confacente con quella politica di deregulation in campo finanziario (inapplicazione della C.Dodd –B.Frankie law ad esempio) che tanti danni ha causato e continua a causare appunto alla stabilità dei mercati finanziari non solo negli USA, bensì in tutto il mondo.
3.La tutela della sicurezza nazionale in India
Va da se che l’accostare alle esperienze di definizione delle strategie di sicurezza nazionale
della massima potenza tecnologica e militare del mondo quelle di un paese ancora in transizione verso il completo sviluppo, quale l’India, non è certo dipeso da una qualche ragioni di omogeneità, ma voluto invece proprio allo scopo di fornire una visione fortemente alternativa a quella USA, e non tanto in tema di composizione degli assets strategici, come è logico attendersi, quanto piuttosto di misurazione della loro incidenza complessiva ai fini di un indicatore sintetico della sicurezza nazionale.
L’india è da tempo entrata a fare parte del consesso delle grandi potenze economiche e politiche, data anche la sua partecipazione al G. 20, e tutti siamo consapevoli dei grandi progressi in passato registrati in termini sia di sviluppo economico e che di sviluppo umano. Ma attualmente sta vivendo un momento di crisi economica, che si spera congiunturale.
Il recentemente annunciato tasso del 6% annuo – rispetto a quello superiore al 9% che fino a poco tempo fa andava registrando – sembrerebbe sospingerla nuovamente verso il sentiero di crescita cosiddetto “Hindu”, che in anni passati permetteva al paese di fare fronte senza danni agli effetti dell’accrescimento demografico, senza però incidere positivamente ai fini dello sviluppo umano. Per la più grande e complessa democrazia mondiale le minacce interne ed esterne non mancano: da quella storica con il Pakistan per il predominio militare del Kashmir, agli attentati dei ribelli separatisti maoisti, alle lotte intestine di matrice religiosa, alla non sopito rischio di possibili nuovi attentati terroristici riconducibili all’estremismo di Al-Qaida. Il paese è riuscito e riesce comunque a fare fronte a queste minacce ed ai grandi contrasti interni di natura anche socioeconomica ispirandosi al detto Ghaniano dell’unità nella diversità, tanto che l’establishment governativo indiano è da tempo perfettamente consapevole della imponente influenza esercitabile con la sua potenza, sia militare che politica, sugli equilibri geopolitici dell’Asia.
Ed è proprio in ossequio al criterio della valutazione sinergica ed intertemporale dell’insieme delle componenti determinanti il National Power indiano che presso l’apparato governativo del paese è andata sviluppandosi da tempo una apprezzabile sensibilità alla mission della sicurezza nazionale e alla sua misurazione4.
Il concetto di sicurezza nazionale, se negli ultimi anni appare indissolubilmente legato a quello di potenza militare – e nucleare in particolare – al suo insorgere presso le elites politiche e militari del paese, risultava invece connotarsi per un set di componenti molto variegate.
In India il National Security Council (NSC) è stato istituito nel 1998 al fine di supplire a carenze di coordinamento fra le varie risorse dedicate al tema della sicurezza. Il suo presidente Satis Chandra dichiarava infatti nel 1999: «The NSC was intended to be geared towards a more holistic view of National Security that included issues like good governante, health, water management, environment, technology or even the economy (ns corsivo) in addition to conventional topics such as insurgencies and law and order, terrorism, foreign policy, etc…».
Gli interessi di studi in tema di SI hanno peraltro costituito l’ oggetto della rivista collegata al segretariato del NSC, dal titolo: India Nation Security Annual Review (INSAR) che sin dalla sua nascita (2000) tendeva a focalizzare l’attenzione editoriale sui temi della geopolitica. Mentre l’altro concetto-base per la definizione anche metodologica dei criteri con i quali il NSC ha voluto cimentarsi nella misurazione della SI, è quello connesso al National Power: Ancora Chandra: «The difference between National power and Security is that the notion of National power tends to take a short term view of International relations, while security provides a long term perspective of international relations, psychologically speaking».
Il frutto più apprezzato della attività di ricerca e di studio condotta dal NSC è risultata la definizione di una misura sintetica della SI, che – sempre secondo K. Hwang – era andata ispirandosi a precedenti esperienze in materia condotte in Giappone ed poi in USA (legg. Rand Corporation e Tellis Approach), ma – soprattutto – ai contributi del cinese Wang Songfen della Chinese Academy of Social Sciences. Songfen aveva identificato 8 principali componenti rappresentativi del National Power, attribuendo loro un coefficiente di ponderazione percentuale normalizzato:
«FACTORS Weigthed coefficient
– Natural Resources 0,08
– Economic activity capability 0,28
– Foreign economic Activity capability 0,13
– Scientific and technological capability 0,15
– Social development level 0,10
– Military capability 0,10
– Government regulation and control capability 0,08
– Foreign affairs capability 0,08».
A loro volta ciascuno degli otto macro-fattori risultava dalla combinazione ponderata di microfattori attinenti il complesso della vita sociale e culturale della Cina.
L’approccio della NSC indiana alla stima sintetica della SI si è andata inizialmente differenziandosi da quella stato-centrica cinese, priviligiando una impostazione metodologica più sensibile alle esigenze del singolo. In un momento storico nel quale le impellenze di conflitti interstatali apparivano scemate, mentre assumevano rilievo i pericoli di rivolte e conflitti interni l’intento è stato quello di misurarsi con l’esigenza di coniugare «domestic stability and security with human development».
E da questo punto di vista il tentativo indiano di misurazione sintetica della SI in quanto espressione dello sviluppo umano si raccordava peraltro con quanto l’UNDP andava preconizzando già fin dal 1994. Quando veniva definito l’ambito dell’Human Security come costituito da: a) economic security, b) food security, c) health security, e) environmental security, f) personal security, g) community security e, h) political security (6)6.
In conclusione si sottolinea come l’esperimento di elaborazione dell’indicatore sintetico NSI abbia rappresentato un encomiabile tentativo di valutazione e misurazione di una concezione e ad un tempo del significato pratico della sicurezza nazionale. Naturalmente le tecniche statistico-economiche adottate hanno prestato il fianco a vibranti obbiezioni di natura metodologica attinenti in particolare alle modalità di aggregazione di variabili di natura quali-quantitativa in una economia in forte transizione nel tempo. (È stato già osservato, ad esempio, come nel 2006 appaia poco plausibile la collocazione della Norvegia al terzo posto tra le potenze mondiali in tema di sicurezza).
4.L’Italia e la UE
L’esempio dell’NSI indiano per i governi di una nazione quale l’Italia, scarsamente potrebbe rappresentare un paradigma metodologico, qualora anche da noi si decidesse di stimare in forma sintetica il grado di SI, in ragione delle grandi diversità declinabili non solo e non tanto in termini di sviluppo umano ed economico, ma anche di differenziata tipologia delle minacce percepite. Si tratterebbe pur sempre di un esercizio teorico, sicuramente capace di stilare una graduatoria di livelli di sicurezza comparativamente ad altri stati, ma poco pregno di rilevanza per il grande pubblico7.
Ma in questo specifico frangente in Italia, se si circoscrive il giusto grado di importanza attribuibile ai rischi di un terrorismo di nuova estrazione politico-sociale, nonché alle nuove minacce derivanti dal cyberspazio e a quelle connesse con la criminalità organizzata o con il degrado ambientale, l’elencazione di quelle percepibili come strategiche, per consentire lo sviluppo economico-sociale del paese, si restringe ai pericoli di deterioramento del contesto socioeconomico: vale a dire alla limitata o azzerata possibilità di ascesa sociale per le giovani
generazioni e, soprattutto, all’incombente rischio di perdite di benessere e di capacità di risparmio connesse con l’esplosione della speculazione finanziaria sui mercati.
Inoltre la circostanza di appartenere all’area dell’Euro aggiunge alle minacce sopra indicate anche quella di doversi fare carico dei maggiori squilibri economici di altri paesi membri, costituita in particolare dal dilagare del contagio da rischio sistemico.
È di tutta evidenza allora che la tutela della SI in un questo mutato contesto sociale come quello che stiamo vivendo non dipende assolutamente da fattori connessi con fattori quali la potenza militare, quanto piuttosto dalle capacità di una intelligence economica in grado di intuire ed anticipare le mosse della speculazione finanziaria, approntando con la dovuta tempestività i necessari scenari di contromisure istituzionali e di governance politica, adeguate alla stimata probabilità di accadimento delle minacce individuate.
Tanto che in tal caso sarebbe forse più opportuno definire tale operato come quello tipico di una contro-intelligence geopolitica. Anche se potrà apparire come una proposta tardiva, sarebbe opportuno ad esempio affidare ad un nucleo di siffatta intelligence economica il compito di definire – con metodiche quantitative – una rete i cui nodi rappresentino rischi di natura specificatamente economico-finanziaria, con evidenziazione di possibili strutture interne cosiddette “mesoscopiche”, ovverosia caratterizzate da interconnessioni più elevate di altre, come peraltro già avviene per l’identificazione di minacce più generalmente ricollegabili ad economia, ambiente, tecnologia, società, ecc.8
Riuscire a capire in anticipo e monitorare – sulla base di questa od altre metodiche di analisi, “quando” la combinazione di squilibri nei fondamentali macroeconomici – così come di altre variabili connesse con la grandezza del debito pubblico del nostro e di altri paesi dell’eurozona
– accresca il grado di vulnerabilità relativa e sistemica dell’Italia al punto tale renderla oggetto di pericolosa speculazione, rappresenterebbe un fondamentale contributo ai fini non solo della tutela della stabilità – e quindi della sicurezza nazionale – ma anche della politica economica dell’intera area euro.
di: Massimo Ortolani – cultore di studi di intelligence economica
HUMAN SECURITY (%) 26,67 26,67 35,00 — 15,00 3,00 —–– Education 13,33 13,33 7,50 — 7,50 3,00 —–– Health 13,33 13,33 10,00 — —–– Poverty 7,50 — 7,50– Ecology 10,00 ———————–Fonte: Karl Hwang: Measuring Geopolitical Power in India: A Review of the National StrategicIndex (NSI) – German Institute of Global and Area Studies – Maggio 2010———————A loro volta le componenti dei macrofattori risultavano decomponibili in sub-componenti didettaglio, oggetto di misurazione o stima statistica.Ad esempio, all’interno della componente “Economy”, la sub-componente pricipale risulta essere la variabile Gross National Income, (GNI), a ua volta misurato dalla composizionedi due indici: il valore assoluto del GNI e quello dell suo tasso di crescita.Mentre il macrofattore “Military” risultava in gran parte attribuibile alla variabile “Defensecapability”, a sua volta misurata in base all’incidenza delle sub-componenti:”Defense expenditure at official Exchange rate” e “Size of Army in terms of personnel”.Alcuni rilievi critici del NSI hanno riguardato proprio la componente military dell’indice. Inquanto è stato giustamente osservato che, nel mondo attuale, anche un esercito potente ed una robusta economia non compensano deficit di sicurezza ascrivibili alle minacce di un terrorismo non adeguatamente contrastabile. (Anche se, ancora nel 2006, significativa appariva la dichiarazione di A. Pakir Abdul Kalam, XI presidente indiano:«I have a THIRD vision. India must stand up to the world. Because I believe that unless India stands up to the world, no one will respect us. Only strength respects strength. We must be strong not only as a military power, but also as an economic power. Both must go hand- in –hand»).Importa sottolineare inoltre che, sulla base di tale indice composito della SI, il NSC indianosia giunto ad effettuare per alcuni anni anche una comparazione internazionale dei livelli stimati di sicurezza nazionale, pervenendo alla seguente graduatoria nella quale ai più elevati livelli di SI primeggiano nell’ordine gli USA e la Cina. 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 USA USA USA —— USA USA ——- Giappone CINA CINA —— CINA CINA ——- CINA Giappone Giappone —— Norvegia Norvegia ——- S. Corea S. Corea Svezia —— India Russia ——- Germania Svezia Finlandia —— Giappone India —— Francia Russia Russia —— Russia Giappone ——- Russia Germania Canada —— Arabia S. S. Corea ——- U.K. India S. Corea —— U.K. U.K. ——- Israele Francia India —— Germania Germania ——- India U.K. Germania —— S. Corea Francia ——-
Fonte: Karl Hwang: Measuring Geopolitical Power in India: A Review of the National StrategicIndex (NSI) – German Institute of Global and Area Studies – Maggio 2010
8Vedasi su Internet: Vinicio Pelino – Reti Complesse e Geopolitica.