La nuova via del sale si chiama riciclo con tanto di contrabbandieri

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ITALIA – Roma. 16\07\2013. Indumenti usati: una panoramica globale per agire eticamente, è il titolo dello studio presento a Roma il 15 luglio presso la sede centrale CESV – SPES.

 Uno studio singolare che mette in luce come il riciclo sia il nuovo business e nuova frontiera del mercato del lavoro sia per i paesi ricchi sia di quelli in via di sviluppo. Un mercato internazioanle in cui l’Italia gioca il suo ruolo da protagonista.

 

Il centro di ricerca economica e sociale Occhio del Riciclone in collaborazione con il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di accoglienza) ha puntato i fari sulle indicazioni necessarie per addentrarsi nell’universo degli indumenti usati: una filiera variegata, non sempre omogenea e trasparente.

L’autore della prefazione della ricerca, l’economista Guido Viale, per esempio, ha messo in evidenza come il mercato del riciclato sia sempre più di respiro internazionale e quanto questo influenzi anche il mercato del nuovo. «Il modo di comprare e fare acquisti negli ultimi decenni è cambiato – ha detto Viale- e continua ad evolversi e svilupparsi verso la filiera del riciclo, anche a seguito delle politiche di sviluppo volte a salvaguardare lo sfruttamento eccessivo di risorse primarie ed avere così un minore impatto ambientale».

Il mondo dell’usato è ad oggi una fonte potenziale di occupazione: implementa al suo interno forme di lavoro e attivitá nuove ed innovative, non sempre ripetitive e seriali, oltre a servirsi di personale con ottime competenze manuali e professionali. Un settore molto ampio basato su un recupero dell’ oggetto dismesso ed usato non solo di tipo strumentale.

«Il mercato dei beni usati e dei beni nuovi non sono filiere separate, ma due mondi strettamente interdipendenti», interviene, Pietro Luppi, direttore del centro di Ricerca Economica e Sociale Occhio del Riciclone. «Per capire l’usato è quindi importante comprendere l’andamento del nuovo: entrambi hanno dei forti vantaggi competitivi sia per qualità che per prezzi» ha aggiunto il direttore «importate poi prendere in analisi anche l’applicazione di barriere tariffarie sugli indumenti usati di importazione, al fine di tutelare e proteggere le produzioni interne del nuovo, come accade soprattutto in India e Congo».

La filiera dell’usato è fortemente caratterizzata da Paesi esportatori e Paesi importatori, i primi a reddito superiore, i secondi in fase di sviluppo. In Europa e negli Stati Uniti sono quindi raccolti, riciclati e lavorati indumenti usati che poi vengono esportati in Paesi africani ed asiatici, ma questa tendenza può riproporsi anche tra Paesi a reddito elevato: l’Italia ad esempio è il piu grande importatore di abiti usati, esporta infatti al Nord Africa ma importa indumenti usati da Stati Uniti e Germania. Il mercato dell’usato è quindi caratterizzato da flussi di import ed export basati sulle disuguaglianze economiche e sociali dei singoli Paesi

L’esportazioni di indumenti e tessili usati sono raddoppiate nel corso degli anni e in parallelo si e posto fine all’Accordo Multifibre, che fino al 2005 ha regolato e soprattutto limitato il commercio internazionale dei beni usati da Paesi esportatori in via di sviluppo verso Paesi importatori sviluppati, al fine di proteggere i propri mercati interni. La composizione quindi del mercato internazionale dell’usato è sensibilmente cambiata nel corso degli anni.

Il contrabbando è ad oggi un elemento che caratterizza il mercato globale, di grave peso etico: molto di quello che viene raccolto negli Stati Uniti ed in Europa è infatti gestito da clan illegali dei narcotrafficanti. Nonostante ciò, la filiera degli indumenti usati rappresenta un mercato di abbigliamento low cost, utile per i Paesi a basso reddito.

Lo studio ha poi voluto mettere in evidenza sotto quali forme si sviluppa il mercato del no profit: tra le principali emerge quella territoriale, tra cui figurano forme di cooperazione sociale, strutturate in maniera sempre più efficiente per un mercato globale in continua evoluzione. L’approccio protagonista, promosso da Occhio del Riciclone, è tuttavia il circuito modulare di sviluppo etico: basato su un totale e stabile controllo delle cooperative che raccolgono lungo tutti gli anelli della filiera, fino ad arrivare alla domanda finale, creando un flusso di merci e di operatività seguito scrupolosamente in tutte le fasi.

Obiettivo, del Centro di Ricerca economica e sociale è quello di promuoveuna gestione dei rifiuti totalmente ispirata alla sostenibilità ambientale, facendosi promotore dell’attuazione di politiche di riutilizzo fondate sullo sviluppo ed il coinvolgimento delle economie popolari.