Liz Truss si è dimessa da primo ministro dopo 44 giorni di mandato, il più breve della storia britannica. La sua uscita di scena è stata provocata da un ammutinamento del gabinetto, da una crisi di fiducia dei mercati nei confronti dei piani di bilancio del governo e da una totale rottura della disciplina all’interno del partito conservatore al potere.
Le dimissioni forzate di Truss significano che il Regno Unito avrà il suo quinto primo ministro in sei anni. Un tale ricambio politico non ha precedenti nel dopoguerra, tanto da indurre l’Economist a bollare il Regno Unito come “Britaly”, un paragone ironico con l’Italia, che dal 1945 ha avuto 59 primi ministri. Paragone decisamente infelice, tanto che l’ambasciatore italiano in Gran Bretagna, Inigo Lambertini, ha emesso una nota ufficiale di protesta indirizzata all’Economist, che si chiude con l’invito a guardare con attenzione l’Italia, il cui modello economico è oggetto di ammirazione manifesta da parte della stessa testata.
I deputati Tory sperano di scegliere un successore entro la fine della prossima settimana, ma l’esito è incerto. Un ulteriore caos all’interno del loro partito, dominato dalle fazioni, potrebbe anche aumentare le possibilità di elezioni generali anticipate, anche se i Tory rischiano di essere spazzati via, dato che il partito laburista, all’opposizione, è in vantaggio di 25-30 punti nella maggior parte dei sondaggi, riporta Nikkei.
Il favorito per la successione a Truss è Rishi Sunak, 42 anni, immigrato di seconda generazione di origine indiana ed ex cancelliere dello scacchiere. La sua elevazione segnerebbe un “momento Obama”, poiché sarebbe il primo britannico non bianco a entrare a Downing Street.
Ma le possibilità di Sunak non sono migliori. Molti parlamentari sono ancora risentiti del fatto che Sunak abbia guidato le mosse per estromettere il popolare Boris Johnson all’inizio dell’anno. Inoltre, gli addetti ai lavori dicono che stavolta sta aspettando di essere consacrato piuttosto che gareggiare nei congressi di partito. Altri conservatori mettono in dubbio la ricchezza di Sunak: la moglie è la figlia di uno dei fondatori di Infosys, il colosso indiano del software e chiedendosi se Rishi, facoltoso politico, abbia il tocco “popolare” per poter vincere i laburisti.
D’altra parte, non si può escludere il ritorno di Boris Johnson, che attualmente è in vacanza, ma si sta interessando agli eventi. Johnson si è risentito per essersi dovuto dimettere a causa di controversie etiche, lo scandalo dei party durante il covid, e ha citato l’esempio di Charles de Gaulle, il presidente francese del dopoguerra che andò in esilio politico per poi tornare ad essere rieletto con la Quinta Repubblica nel 1958.
Le dimissioni forzate della Truss non potrebbero arrivare in un momento più pericoloso per il Regno Unito. Il governo è alle prese con un’inflazione a due cifre, una crisi del costo della vita e un’ondata di scioperi del settore pubblico che ricorda gli anni Settanta. La Gran Bretagna sta giocando un ruolo di primo piano nell’armare l’Ucraina nella sua guerra difensiva contro l’invasione russa e quindi ha bisogno di un governo stabile.
Truss si era ispirata a Margaret Thatcher, ma ha dimostrato di essere una versione da cartone animato della “Lady di ferro”: comunicatrice impacciata, a differenza della Tatcher ha scelto il suo gabinetto in base alla lealtà e non alla competenza.
La sua prima mossa politica di peso, il bilancio che prometteva più di 40 miliardi di sterline di tagli fiscali permanenti non finanziati, ha spaventato i mercati finanziari. Nel disperato tentativo di sopravvivere, ha licenziato il suo più stretto alleato, il Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng, indebolendo di fatto la sua posizione all’interno del partito.
Nello scorso fine settimana, Truss era primo ministro solo di nome. È stata costretta a guardare Jeremy Hunt, il suo nuovo cancelliere, stracciare i suoi piani di riduzione delle tasse e annunciare tagli alla spesa profondamente impopolari. Le scene in Parlamento, prima delle dimissioni di Truss, sono state inusuali: tafferugli e urla in vista di un voto di sfiducia; dimissioni di politici di primo rango annunciate, poi annullate; e l’allontanamento forzato del ministro degli Interni Suella Braverman dopo un litigio sull’immigrazione.
L’ultimo rimpasto di governo coincide con una più ampia rivalutazione dei danni economici causati dalla Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue che ha rotto profondi legami commerciali risalenti a quasi 50 anni fa e ha approfondito le divisioni politiche nel partito Tory.
Il costo complessivo in termini di perdita di crescita è stimato fino al 4% del Pil, privando il Regno Unito di un gettito fiscale di cui ha bisogno, in un momento in cui le finanze pubbliche sono sottoposte a enormi tensioni dopo la pandemia, lo shock dei prezzi dell’energia causato dalla guerra in Ucraina e la guerra stessa.
A ciò occorre aggiungere il record di bassa produttività della Gran Bretagna che risale alla crisi finanziaria globale del 2008-2009.
Di fatto Truss e Kwarteng non avevano torto nella loro diagnosi dei mali economici della Gran Bretagna in un momento in cui l’era del denaro a buon mercato è finita; ma il loro atteggiamento “arrogante” in assenza di un mandato elettorale hanno facilitato la loro caduta.
Dopo 13 anni al potere, è probabile che l’elettorato creda che il Partito Conservatore, ormai esausto, meriti un buon periodo di opposizione e voti di conseguenza, aprendo la strada ai laburisti.
Lucia Giannini