Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability

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GIAPPONE – Yokohama 07/04/2014. Il 31 marzo scorso a Yokohama l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo istituito nel 1988 dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e dal Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), ha presentato il secondo volume del Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici intitolato “Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability”.

Il rapporto del Working Group II dell’IPCC, frutto della collaborazione tra 309 autori e coordinatori, 436 ricercatori e 1.729 accademici ed esperti di 70 Paesi del mondo, presenta in maniera analitica ed argomentativa gli impatti odierni del cambiamento climatico su ambiente, economia e società, i rischi futuri dovuti all’evoluzione del clima e le migliori strategie da mettere in atto per ridurre questi rischi nelle diverse aree geografiche del pianeta. Chris Field, copresidente del Working Group II, ha però evidenziato che «visto il riscaldamento considerevole e l’aumento continuo delle emissioni di gas serra, i rischi diventeranno difficili da gestire ed anche degli investimenti importanti e sostenuti nell’adattamento avranno i loro limiti». Proprio “rischio” è la parola ripetuta più spesso (in media 5 volte e mezzo per pagina) nel “Summary for Policymakers”, documento di sintesi (48 pagine) dello stesso rapporto, rivolto ai decisori politici al fine di orientare le risoluzioni contro il global warming che, secondo le previsioni, dovranno essere sottoscritte a Parigi nel dicembre del 2015.
Più in dettaglio, dal Climate Change 2014 emerge che eventi meteorologici estremi, dovuti all’innalzamento della temperatura globale, minerebbero la biodiversità della flora e della fauna terrestre, porterebbero alla brusca riduzione dei raccolti agricoli, a fronte di una domanda in costante crescita, con conseguente aumento di povertà, malattie, conflitti, violenze, immigrazioni. I rischi di inondazione, poi, aumenterebbero soprattutto in Europa, Asia e Nord America a causa delle elevate emissioni di gas ad effetto serra. Tutto ciò causerebbe un considerevole rallentamento della modernizzazione tecnologica della società, una crescita economica generalmente irregolare e l’acuirsi delle differenze socioeconomiche tra le varie aree del mondo, che destabilizzerebbe ancor più i già fragili equilibri tra gli Stati. Quello che colpisce negli impatti rilevati dall’IPCC è che gli effetti nefasti, dovuti al cambiamento climatico, si produrrebbero dai Poli ai Tropici dalle piccole isole ai grandi continenti e sia nei Paesi ricchi che in quelli poverissimi, dunque le popolazioni, le società e gli ecosistemi di tutto il mondo sono vulnerabili, ma il loro grado di vulnerabilità, naturalmente, differisce a seconda dei luoghi ed è più alto nei Paesi in via di sviluppo. Risulta perciò necessario, affinché si possano arginare i suddetti rischi, favorire l’integrazione tra adattamento, sviluppo economico e sociale ed iniziative miranti a limitare il riscaldamento in futuro.
Il V rapporto dell’Intergoverntal Panel for Climate Change, inoltre, sottolinea che la responsabilità dei cambiamenti climatici è da attribuire alle attività umane con una certezza di almeno il 95% e che, all’inizio di maggio del 2013, per la prima volta da 2,5 milioni di anni la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera ha raggiunto i 400 ppm (parti per milione), mentre circa 200 anni fa, prima dell’inizio delle rivoluzione industriale, si assestava intorno a 280 ppm.
Rajendra Pachauri, presidente dell’IPCC, ha affermato che «Il rapporto del Working Group è un altro mezzo importante per far progredire la nostra comprensione sulla maniera per ridurre e gestire i rischi legati ai cambiamenti climatici. Insieme al rapporto del Working Group I (presentato a Stoccolma nel settembre del 2013) e quello del Working Group III (che sarà pubblicato proprio ad aprile) presenta una carta concettuale delle caratteristiche essenziali del problema del clima e delle soluzioni da intraprendere per risolverlo». Pachauri ha anche aggiunto che «le relazioni dell’IPCC rappresentano alcune delle più ambiziose imprese scientifiche nella storia umana ed un invito ad agire. Senza riduzioni delle emissioni, -infatti- l’impatto del riscaldamento potrebbe andare fuori controllo».