ITALIA – Roma 23/03/2014. L’industria araba del petrolio ha attraversato una fase senza precedenti dopo l’occupazione dell’Iraq nel 2003 e in seguito allo scoppio della primavera araba.
Riporta al Monitor che durante questa fase, il popolo ha condotto una rivolta contro il controllo statale dell’industria petrolifera chiedendo una quota maggiore delle entrate petrolifere e la possibilità di partecipare a tutte le decisioni relative al settore petrolifero con le compagnie internazionali. Alcune regioni contrabbandano pubblicamente petrolio greggio, come il Kurdistan iracheno. Oltre a questo, in Libia sono stati occupati i giacimenti di petrolio e porti, creando il crollo della produzione e privando lo stato delle entrate petrolifere e rendendolo incapace di governare il paese. Migliori esempi sono l’Iraq e la Libia. Questa fase, ritenuta pericolosa, è iniziata con l’occupazione dell’Iraq; la costituzione federale irachena del 2005, ha delle disposizioni ambigue sui poteri di controllo del settore petrolifero, conferiti ai governi federale e locali. Questa ambiguità ha portato ad una serie di controversie tra Baghdad e il Kurdistan iracheno e ha impedito al parlamento iracheno di approvare la legge sul petrolio iracheno nel febbraio 2007. Di conseguenza sono emerse due diverse politiche petrolifere nel paese, per cui il governo regionale del Kurdistan (Krg) ha concluso contratti (circa 50) con compagnie internazionali senza il consenso o all’insaputa del ministero federale del Petrolio. Le compagnie petrolifere hanno approfittato di questo conflitto. La controversia è giunta a tal punto che Baghdad ha proibito alle aziende internazionali operanti nel Krg di lavorare in altre parti dell’Iraq. Il conflitto ha raggiunto il suo picco quando il Krg ha manifestato l’intenzione di costruire un gasdotto che collegasse direttamente i suoi campi alle linee per l’esportazione di petrolio turche senza il consenso di Baghdad. Ma nonostante il completamento della costruzione del gasdotto e il trasporto di petrolio al porto turco di Ceyhan, il petrolio del Kurdistan iracheno deve ancora essere esportato da questo hub ai mercati esteri. Ankara, da un lato ha lasciato che il Krg collegasse la loro linea con le linee turche, e dall’altro ha promesso che il governo iracheno non permettere l’esportazione di petrolio iracheno senza il suo consenso. La Turchia ha creduto di poter risolvere il conflitto tra Baghdad e Erbil e di beneficiare così di contratti, ma finora non è riuscita a raggiungere una soluzione al conflitto e circa un milione di barili di greggio rimangono nei magazzini di Ceyhan. Il contenzioso sul petrolio è ancora in corso tra Baghdad e Erbil e ultimamente si è allargato ad altre province: come a Bassora, che produce circa l’80% del petrolio iracheno. In Libia, federalisti stanno cercando di dividere il paese in tre province: Cirenaica, nella parte orientale in cui vi sono importanti giacimenti petroliferi, il Fezzan nel sud-ovest e Tripolitania a ovest. Chiedono un governo federale per gestire la Difesa del paese, la politica estera e la Banca centrale; inoltre chiedono che il governo federale condivida i proventi del petrolio della Cirenaica. Richieste non accettate dal governo centrale, ma i federalisti hanno occupato i giacimenti di petrolio e bloccato la produzione, passata da circa 1,4 milioni e 1,6 milioni di barili al giorno a circa 250mila barili al giorno. Neanche il dumping è riuscito però a sbloccare la situazione.