PANDEMIA. Scandalo vaccini negli States, ed escono le pillole anti-Covid19

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Dal Regno Unito il British Medical journal, con un articolo del giornalista investigativo, Paul D. Thacker, denuncia una serie di irregolarità nella sperimentazione del vaccino anti Covid di Pfizer. La notizia sembra aver scatenato la galassia No Vax, con l’Hashtag #Pfizergate che impazza sui social.

Cerchiamo di capire cosa viene denunciato nell’articolo: questo si basa sulle dichiarazioni della ex revisore Brook Jackson della Ventavia Research Group, una società di ricerca tra quelle incaricate da Pfizer per la gestione dei trial clinici di fase 3. Jackson ha fornito diverso materiale fotografico al BMJ. Alcune mostrerebbero gli aghi utilizzati per le iniezioni gettati in un comune sacchetto di plastica anziché nell’apposito contenitore biologico, utile a proteggere chiunque rischiasse di entrarci in contatto, inoltre i vaccini non venivano conservati adeguatamente con le temperature previste dall’azienda produttrice.

Nell’articolo viene citata la preoccupazione da parte di Ventavia di un’ispezione da parte della FDA, riportando che un dirigente (di cui non è chiara l’identità) avrebbe consigliato di modificare i dati per non far notare i ritardi.

La società era al corrente delle contestazioni mosse internamente da Brook Jackson, ma quest’ultimo aveva poi deciso di inviare un reclamo via email alla FDA con le irregolarità riscontrate. Per questo motivo è stata licenziata, lo stesso giorno, dalla Ventavia Research Group. Va segnalato tuttavia che nell’articolo non vengono riportate le prove di una effettiva falsificazione dei dati da parte di Ventavia, ma si riportano le accuse di mala gestione del trial clinico di fase 3 riguardanti una singola società, la Ventavia appunto, che si occupava di appena mille volontari su oltre 40 mila dell’intera fase sperimentale. I problemi sarebbero stati comunicati sia alla FDA che a Pfizer, ma non avrebbero influito sul risultato finale.

Sempre dal Regno Unito, la Mhra, l’Agenzia del farmaco britannica, ha autorizzato l’uso della pillola anti Covid molnupiravir, prodotta da Merck & Co (MSD fuori dagli Stati Uniti e dal Canada) in partnership con Ridgeback Biotherapeutics. La pillola verrà usata per il trattamento della malattia da lieve a moderata negli adulti che sono risultati positivi al Coronavirus e presentano almeno un fattore di rischio di sviluppare la malattia in forma grave. Verrà commercializzato con il nome di Lagevrio.

Il molnupiravir agisce contro la polimerasi virale, un enzima di cui il nuovo coronavirus necessita per replicarsi dentro al nostro corpo, dunque il farmaco è stato quindi progettato per introdurre errori nel codice genetico del virus, impedendone la duplicazione. Il medicinale blocca Sars-CoV-2 senza dover ricorrere al lavoro del sistema immunitario, e dovrebbe essere dunque efficace indipendentemente dalle variabili. Ogni ciclo di terapia costerà 700 dollari, ma l’azienda ha concesso una licenza royalty-free a Medicines Patent Pool, un’organizzazione no-profit che vuole rendere le cure mediche accessibili a tutti.

Il Regno Unito è il primo paese ad approvare il suo uso, gli alti enti regolatori mondiali (FdA e Ema su tutti), stanno invece continuando il processo di revisione. Intanto sempre Pfizer ha dichiarato che la sua pillola anti Covid riduce del 89% il rischio di ospedalizzazione. Se i risultati, che non sono ancora stati pubblicati, si riveleranno in linea con le dichiarazioni, il Paxlovid (nome con cui sarà commerciato), potrebbe essere più efficace della pillola della Merck.

Salvatore Nicoletta