Pakistan e TTP. Divide et Impera

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PAKISTAN – Islamabad 30/05/2014. Iniziati a febbraio, i negoziati tra il governo pakistano e uno tra i principali gruppi terroristici attivi nel Paese, il Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp), potrebbero subire presto un’accelerazione.

Il dialogo con i militanti jihadisti rappresentava uno dei punti fondamentali della campagna elettorale del Primo Ministro, Nawaz Sharif. Solo nel 2013, infatti, le vittime per episodi di terrorismo sono state 5.379, molte delle quali civili. Oltre ai danni in termini di perdite umane, tale fenomeno rappresenta una vera e propria zavorra per le ambizioni di sviluppo nazionali, rendendo il Paese poco appetibile per gli investimenti stranieri. Nei piani del premier pakistano, dunque, dei negoziati che sfociassero in un accordo di pace con i terroristi consentirebbero l’avvio di una fase di sviluppo, con benefici in termini di benessere della popolazione, oltre che di stabilità politica.
Sino ad oggi, tuttavia, nonostante vari incontri tra le delegazioni governativa e del Ttp, non sono stati compiuti progressi degni di nota, nonostante una certa diminuzione delle attività terroristiche. Ad aprile, pertanto, il Ttp ha comunicato di non intendere prorogare il cessate il fuoco a cui aveva aderito unilateralmente circa un mese prima, criticando le autorità pakistane per la loro presunta ambiguità nella conduzione dei negoziati. Si è aperta, così, una fase di stallo che le parti non sono sinora riuscite a superare.
Il dialogo, inoltre, ha alimentato forti tensioni tra il governo e le forze armate, alimentando seri timori circa la tenuta stessa dell’esecutivo. I militari, infatti, non hanno mai sostenuto con convinzione i negoziati, ritenendo preferibile l’uso della forza per contrastare le attività terroristiche.
Le operazioni antiterrorismo condotte in questi ultimi giorni in alcune aree delle Fata (Federally Administered Tribal Areas) sembravano, dunque, presagire l’imminente avvio di una vera e propria campagna militare tesa a debellare il Ttp. Considerate le numerose cellule di cui dispone il gruppo anche in altre aree del Pakistan (comprese le principali città del Paese), una simile iniziativa avrebbe probabilmente comportato un significativo aumento degli attacchi terroristici e, più in generale, una fase di grave instabilità.
Sebbene tale ipotesi non sia ancora da escludere, gli ultimi avvenimenti interni al Ttp potrebbero aver modificato profondamente lo scenario, favorendo i piani del governo. Il 28 maggio, infatti, Azam Tariq, portavoce del Ttp e membro della shura centrale, ha annunciato la scissione del gruppo e la conseguente nascita di una formazione con base nell’agenzia tribale del Sud-Waziristan, guidata da Said Khan (detto “Sajna”). L’annuncio è giunto dopo mesi di forte tensione, sfociati in frequenti scontri tra i fedeli di Sajna, membri della tribù dei Mehsud, e la fazione capeggiata da Sheharyar Khan.
L’uccisione del precedente leader del Ttp, Hakimullah Mehsud, in un attacco con un drone americano, il primo novembre 2013, aveva alimentato forti tensioni all’interno del gruppo. In particolare, la nomina del mullah Fazlullah (caldeggiata in prima persona dal mullah Omar, leader supremo dei Taliban) aveva scontentato la fazione dei Mehsud, che ha da sempre costituito il nucleo del Ttp e, per questo motivo, ne ha sempre rivendicato la leadership. Era subito emerso il timore che Fazlullah, primo leader non-Mehsud (proviene dallo Swat), non fosse in grado di tenere unito il gruppo, anche per ragioni di distanza geografica (si trova da alcuni anni in Afghanistan), oltre che di fedeltà tribale.
Le tensioni sono aumentate nelle ultime settimane, sfociando in scontri che hanno provocato oltre un centinaio di vittime. Da qui, la decisione di Fazlullah di sostituire Sajna con il vice-emiro del Ttp, Khalid Haqqani, nel tentativo di ripristinare l’ordine. Tuttavia, la sostituzione al vertice del gruppo del Sud-Waziristan non era stata avallata dalla shura centrale, che aveva accusato Fazlullah di operare in maniera troppo centralistica e autoritaria.
L’annuncio della scissione, dunque, rappresenta solo il compimento di un più lungo processo di progressiva disgregazione del gruppo, di cui il governo potrebbe beneficiare.
La fazione guidata da Sajna, infatti, sarebbe fortemente interessata a un eventuale accordo di pace con l’esecutivo che ponga fine ad anni di ostilità e protegga i rimanenti membri della tribù, che più di altre ha sofferto della campagna dei droni americani.
Altri gruppi potrebbero presto imitare Sajna, prendendo le distanze dal Ttp, in primo luogo i cosiddetti “Taliban del Punjab”, guidati dal comandante Asmatullah Mauavia, anch’essi interessati al dialogo con il governo.
I negoziati, dunque, potrebbero ora entrare in una nuova fase, favorita dalla evidente debolezza del Ttp. Si tratterebbe di un importante successo per il governo, ma non della fine del terrorismo in Pakistan. Il Ttp, infatti, è solo uno dei gruppi presenti nel Paese, anche se tra i più attivi nella lotta contro le istituzioni nazionali. Molti altri, infatti, hanno le proprie basi sul territorio pakistano, beneficiando anche del sostegno attivo di alcuni settori delle forze armate, che li considerano veri e propri strumenti di influenza sulla regione. Una riduzione delle violenze in Pakistan, dunque, non necessariamente coinciderebbe con un abbassamento del rischio nei Paesi vicini, in particolare in India e in Afghanistan, ma potrebbe provocare un rafforzamento delle autorità civili pakistane, suscettibile, nel lungo periodo, di incidere positivamente anche sul contesto di sicurezza regionale.