L’attenzione dei media turchi e di quelli cinesi, questi giorni, è focalizzata sulla visita in Cina del capo dell’esecutivo di Ankara, Recep Tayyip Erdoğan: il governo turco deciderà proprio nel corso dei colloqui con i colleghi di Pechino se sarà la Repubblica popolare a costruire in Anatolia la seconda centrale nucleare, nella provincia settentrionale di Sinop.
Lo ha dichiarato alla stampa dalla città di Urumqi, capitale della Regione autonoma del Xinjiang (la popolazione originaria è musulmana e turcofona), il ministro turco per l’Energia e le Risorse naturali, Taner Yıldız, che accompagna nel viaggio il premier turco. Il ministro ha inoltre fatto sapere che in gara per l’appalto ci sono anche Corea del Sud, Giappone e Russia.
A proposito di Russia, il colosso energetico di Mosca Rosatom si è già aggiudicato la concessione per la costruzione della prima centrale atomica in Turchia. L’impianto, che sarà provvisto di quattro reattori, sorgerà nella località di Akkuyu (provincia di Mersin), nella costa meridionale, costerà 20 miliardi di dollari e, secondo le previsioni, sarà attivo per circa 60 anni. Il progetto in corso è di importanza fondamentale per il Paese, con circa 75 milioni di abitanti e un tasso di crescita economica tra i più elevati al mondo: il bisogno di energia è enorme.
Il piano per questa prima centrale ha però suscitato anche le reazioni contrarie della popolazione locale e non, nonchè di organizzazioni come Greenpeace, che hanno già più volte manifestato sul luogo interessato e lanciato appelli su internet o attraverso i social network per bloccare i lavori, il cui inizio è previsto per il 2018.
Difficile che le istanze ecologiste abbiano possibilità di successo: oltre all’interesse di Ankara per fonti energetiche proprie in grado di soddisfare un bisogno vitale enorme, c’è il coinvolgimento di Mosca, che, da contratto, partecipa nel progetto al 51 per cento.