NEPAL. Il fiume sacro è divenuto intoccabile a causa dell’inquinamento

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In cima a una montagna dell’Himalaya, gocce incontaminate cadono dalla bocca di una statua di tigre installata presso un ruscello che si pensa costituisca le sorgenti del fiume Bagmati, a lungo venerato per il suo potere di purificare le anime. Da lì il fiume scende verso il basso, attraversando foreste verdeggianti e confluendo in altri corsi d’acqua, irrigando campi di riso, verdure e altre colture che costituiscono il sostentamento di molti nepalesi.

Ma quando il Bagmati raggiunge la valle di Kathmandu, la capitale, il suo colore cambia da limpido a marrone e poi a nero, soffocato dai detriti, il suo contenuto è imbevibile e inadatto persino a lavare. Durante la stagione secca, un fetore opprimente pervade la zona delle sue rive. Contaminato da rifiuti e liquami grezzi che vengono scaricati direttamente nel corso d’acqua, il fiume più sacro del Nepal si è deteriorato a tal punto che oggi è anche il più inquinato del Paese, alterando drammaticamente il modo in cui la città di circa 3 milioni di abitanti che interagisce con il Bagmati a livello quotidiano, culturale e spirituale, riporta AP.

Nella capitale, il fango del Bagmati trasuda davanti a diversi siti sacri, tra cui il Tempio di Pashupatinath, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1979. Il vasto complesso comprende un tempio principale dal tetto dorato dedicato al dio indù Shiva, circondato da centinaia di templi più piccoli.

Gli indù si affollano sulle rive del fiume a Kathmandu per venerare i santuari e celebrare le feste. Le donne si immergono nel fiume per lavare i peccati durante il Rishipanchami, un giorno dedicato al culto dei sette saggi, considerati esseri illuminati che hanno guidato l’umanità nel corso dei secoli. I visitatori si immergono anche durante la festa di Chhath, pregando il dio del sole Surya. Durante il Teej, le donne sposate vengono a pregare per la salute e la prosperità dei loro mariti e le donne single per trovarne uno buono.

Da tempo le famiglie portano i corpi dei loro cari defunti su queste rive per lavare i piedi dei morti su una lastra di pietra e cospargere i loro volti con l’acqua del fiume. La credenza vuole che questo lavi i peccati di una persona e ne mandi l’anima in paradiso prima che i suoi resti fisici vengano cremati su cumuli di legna, sempre lungo il fiume, e le sue ceneri sparse nelle acque. Le persone portano ancora i loro defunti al Bagmati, ma molti non osano più avere alcun contatto con il suo contenuto. Sebbene i corpi vengano ancora cremati qui, vengono puliti con acqua purificata acquistata nei negozi vicini.

Le famiglie in lutto che ricorrono all’acqua in bottiglia di solito sono restie a parlarne apertamente, per non aver seguito la sacra tradizione funeraria. Tradizionalmente, le persone raccolgono anche l’acqua del fiume da spruzzare sulle loro case per purificarle. Il fiume è importante anche per i buddisti, molti dei quali cremano i corpi sulle rive del Bagmati.

Ci sono stati sforzi sia da parte di volontari privati che del governo per ripulire il fiume. Tra queste iniziative, ogni sabato degli ultimi sette anni centinaia di volontari si sono riuniti a Kathmandu per raccogliere i rifiuti e rimuovere la spazzatura dal Bagmati. Mentre sono state messi in opera impianti di purificazione delle acque, ma ancora non è sufficiente.

Lucia Giannini