MYANMAR. Commissione d’inchiesta ONU sui Rohingya

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Uno stretto collaboratore di Aung San Suu Kyi ha respinto crescenti pressioni internazionali sulla persecuzione dei musulmani Rohingya nello stato di Rakhine, nonostante le prove fornite dalle Nazioni Unite di omicidi, stupri e torture per mano delle forze governative.

Win Htein, riporta Press Tv, ha detto che le osservazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sul Myanmar, Yanghee Lee, sugli abusi commessi verso i Rohingya sono “di parte” e “ingiuste”.

«Quello che Yanghee Lee sta facendo non è giusto. È di parte», ha detto Htein ripreso da Press Tv «Non ci preoccupiamo di questo tipo di documento ingiusto. E proprio perché non ci importa, non ci preoccupiamo». Lee ha recentemente irriso le accuse di discriminazione fatte al Myanmar per i Rohingya.

Yanghee Lee aveva chiesto al Myanmar di porre fine immediatamente alle sue persecuzioni verso la minoranza musulmana. Lee ha detto che l’entità della violenza contro i Rohingya è molto più estesa di quanto ha percepito l’ufficio delle Nazioni Unite a tutela dei diritti.

I militari del Myanmar sono stati accusati di aver commesso atti di violenza contro i musulmani, come omicidi, stupri, ferimenti e roghi. Lee dovrebbe chiedere la settimana prossima l’istituzione di una commissione ufficiale di inchiesta sugli abusi contro i Rohingya.

Da quattro mesi sulla minoranza musulmana apolide si è abbattuta un’operazione delle autorità che ha fatto fuggire oltre 70000 Rohingyanel vicino Bangladesh. I fuggitivi hanno raccontati alle Nazioni Unite di bambini accoltellati a morte e di gente arsa viva.

Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, idolatrata dai media occidentali come “icona della democrazia” del Myanmar ha difeso la repressione dei militari nel Rakhine, con grande costernazione della comunità internazionale. Il Rakhine è sotto assedio militare dall’ottobre 2016 in seguito a un raid contro un posto di polizia di cui sono stati accusati i Rohingya.

Suu Kyi ha definito la crisi nel Rakhine “sotto controllo” e ha chiesto alla comunità internazionale di non alimentare il risentimento.

Lucia Giannini