Una soluzione per i Rohingya

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THAILANDIA – Bangkok 06/12/2015. Durante la conferenza sulla migrazione regionale a Bangkok del 4 dicembre, è stata ribadita la necessità di concentrarsi sull’origine dell’emigrazione, se si vogliono evitare situazioni come la crisi dei boat people che ha travolto sud-est asiatico all’inizio del 2015.

Il ministro degli Esteri thailandese Don Pramudwinai ha detto alla conferenza che la soluzione deve includere la “prevenzione”, così come la “cura”. Le soluzioni devono «comprendere la promozione di mezzi di sussistenza a casa» ha aggiunto Pramudwinai, in modo che «i rifugiati non siano tentati di andare all’estero, dove si trovano ad affrontare molti pericoli, tra cui il traffico di esseri umani». La crisi internazionale è stata innescata all’inizio di quest’anno quando migliaia di musulmani Rohingya in fuga dalle persecuzioni in Myanmar sono rimasti intrappolati in mare dopo che la Thailandia ha iniziato a reprimere il traffico di persone ai suoi confini. Nel corso di una riunione regionale a maggio, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ha chiesto al Myanmar di assumersi le sue responsabilità per la popolazione Rohingya: «Occorre affrontare le cause della migrazione, occorre una piena assunzione di responsabilità da parte del Myanmar nei confronti di tutti i suoi abitanti. La concessione della cittadinanza è l’obiettivo finale. Nel frattempo, ci deve essere la rimozione delle restrizioni alla libertà di base» ha dichiarato Volker Turk, scatenando all’epoca al reazione del delegato Myanmar. Pramudwinai ha detto che fatta salva una nuova azione su questi temi «è molto probabile che i movimenti marittimi nell’Oceano Indiano inizieranno presto a verificarsi di nuovo». La conferenza, con 24 paesi e organizzazioni partecipanti, si concentrerà molto sul fenomeno dei Rohingya cui è negata la cittadinanza da parte del governo del Myanmar, nonostante sia presente nel Paese da generazioni. Circa 140mila di loro vivono in condizioni misere nei campi profughi nella regione di Arakan o Rakhine, nel Myanmar occidentale, una delle regioni più povere del paese. Dopo gli scontri scoppiati con i buddisti locali nel giugno 2012, sono stati sistematicamente perseguitati dai monaci ultra nazionalisti; da quel momento, sono fuggiti dal paese, in barca dal Bangladesh in Thailandia, attraversano il confine verso la Malaysia, nella speranza di trovare rifugio e occupazione.