
La rotta balcanica dei migranti è da sempre una via d’accesso prioritaria per entrare nell’UE e una delle più conosciute dopo quella del mediterraneo, anche in termini di flussi, tanto che si può definire come una porta aperta sul retro dell’UE. Croazia, Serbia e Bosnia rappresentano i punti di snodo, di maggior concentrazione di migranti, poiché sono si punti di transito, ma anche di arrivo per poi ripartire.
Con l’ingresso della Croazia nell’area Schengen, la conformazione e il posizionamento delle frontiere esterne dell’UE è cambiato radicalmente. Ora questo Paese dei Balcani dovrà far fronte a lunghissimi confini con la Bosnia ed Erzegovina soprattutto, in particolare nella regione del cantone Una-Sana dove la situazione dei migranti è da anni problematica, ma anche con la Serbia, nello specifico la regione poverissima della Vojvodina, eldorado dei trafficanti, da dove i migranti provano ad attraversare anche il controllato e impervio confine con l’Ungheria.
La questione della crisi dei migranti al confine con la Croazia nel cantone Una-Sana della BiH è la prima ad essere analizzata, visto la delicata situazione presente nella regione. Nel mese di aprile, il cantone ha chiesto aiuto a causa dell’afflusso di rifugiati per l’ultima ondata di migranti che li ha colpiti, trovandosi di fronte a una nuova crisi dei migranti. Il primo ministro cantonale Ružnić ha chiesto un intervento urgente al ministro della Sicurezza della BiH Nešić, a quello degli esteri Konaković e al direttore del Servizio per gli Affari con gli Stranieri Elkete, affermando che la Croazia sta rimpatriando i migranti in BiH poiché la polizia croata fa intercettazione di massa, detenzione ed espulsione di rifugiati e migranti in BiH.
Secondo i dati dell’Amministrazione di polizia del Ministero degli interni cantonale di inizio aprile in sole due settimane 559 migranti sono stati inviati a Bihać attraverso il processo di riammissione. Principalmente dalla Croazia, è aumentato l’afflusso di migranti verso il territorio della BiH. Il Servizio per gli affari con gli stranieri ha detto di svolgere attività legali regolari in conformità con l’accordo interstatale di riammissione.
Le discussioni sono proseguite poiché dall’inizio della crisi dei migranti in BiH, si è parlato se il peso della crisi debba essere sopportato da tutti o se sia la concreta “esclusività” della Federazione della Bosnia ed Erzegovina, FBiH. Dal 2018 nessun centro di accoglienza è stato aperto nella RS, l’altra entità del Paese. La BiH non ha i soldi per accogliere un numero così elevato di persone il cui unico obiettivo è l’UE e non la BiH. In particolare nel cantone di Una-Sana, che è ancora la destinazione più frequente per i migranti che vogliono raggiungere la Croazia e l’UE attraverso la Serbia e la BiH. I migranti sono concentrati lì appunto perché vicini al confine nord-orientale con la Croazia dove poter tentare il passaggio della frontiera verso l’UE. Le autorità dell’USK hanno chiesto che questo onere fosse trasferito uniformemente all’intera BiH ma ciò non è accettabile per la RS, Republika Srpska.
Nel cantone Una-Sana già nel 2019/2020 si erano verificati deportazioni, sgomberi e proteste. Sottoposti a furti e violente colluttazioni, nello stato balcanico il destino di chi sta cercando di costruirsi un futuro diverso era sempre più incerto. Le condizioni imposte dal governo locale che vietava l’accesso a tutti ai centri di accoglienza, oltre ad essere vietato il trasporto su qualunque tipo di mezzo pubblico, il che lasciava spazio ai trafficanti di fare affari sempre più remunerativi. Questo ha prodotto caos, visto anche l’emanazione dello stato d’emergenza per contenere la pandemia Covid, la situazione si era fatta ancora più difficile. I campi ufficiali, già colmi erano stati chiusi a nuovi ingressi, mentre il flusso di persone in arrivo dal tratto sud-est della rotta balcanica (dalla Turchia alla Grecia, attraversando poi Macedonia e Serbia) non si era fermato. Così come nella parte “finale” della rotta, proseguivano i push back a catena di Italia, Slovenia e Croazia.
Entrando nello dettaglio della rotta migratoria, la BiH è uno dei Paesi maggiormente attraversati. Nel 2021 si è assistito ad un aumento del flusso lungo la rotta e quindi anche in BiH dove c’è stato un aumento del 21% degli arrivi, e nel 2022 del 35% rispetto al 2021. Nel Cantone Una-Sana si concentra quasi l’80% dei migranti presenti nel Paese. Il governo, tramite l’Ufficio per gli stranieri, sta man mano prendendo sempre più responsabilità nella gestione diretta delle migrazioni al posto dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, la quale ora svolge più un ruolo di formazione e sostegno sia alle organizzazioni locali che al governo.
A riprova di ciò, a dicembre è stata adottata la Strategia in materia di migrazione e asilo per il periodo 2021-2025, in conformità con le raccomandazioni della Commissione europea per l’ottenimento dello status di candidato per la BiH, poi effettivamente raggiunto. La strategia, proposta dal Ministero della sicurezza, mira a garantire lo sviluppo di un sistema di migrazione e asilo di qualità in BiH in conformità con gli standard UE, e definisce sette obiettivi strategici, tra cui: migliorare il sistema di gestione globale delle politiche migratorie e di asilo; aumentare l’efficienza del controllo delle frontiere statali; una gestione più efficiente dell’immigrazione clandestina sul territorio della BiH; miglioramento del sistema di asilo; lotta più efficace contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani; il sostegno alla migrazione legale e all’integrazione degli stranieri regolarmente soggiornanti in BiH e il rafforzamento dei meccanismi di coordinamento nella gestione della migrazione e dell’asilo.
Per quanto concerne la Croazia, anche qui il tema è molto sentito. Nel marzo si è svolto un incontro fra il premier Plenković e quello sloveno Golob, sui diversi temi fra cui l’immigrazione clandestina. Successivamente, i ministri dell’Interno Božinović e quello ungherese Pintér hanno concordato che è importante proteggere con forza ed efficacia le frontiere esterne dell’UE rafforzando le capacità tecnologiche e umane al fine di reprimere l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani. Le condizioni per prevenire la criminalità transfrontaliera saranno migliorate ampliando l’area delle pattuglie congiunte di frontiera, e la cooperazione di polizia bilaterale è “intensa” ed “efficace”. In ultimo, anche l’ufficio del Parlamento europeo in Croazia sulla politica migratoria europea e l’attuale situazione sul campo, ha constatato che l’afflusso di migranti è stato sempre più pronunciato. Si è convenuto che è necessaria una riforma del sistema europeo di asilo. I ministri degli esteri di Croazia, Austria e Slovenia hanno sostenuto diversi argomenti fra cui la cooperazione nella lotta all’immigrazione clandestina.
L’inizio del 2023 è stato un punto di svolta, o comunque di evoluzione, nello scenario della rotta dei Balcani. Da un lato l’Austria ha abolito i controlli alle frontiere con la Slovacchia. Nel frattempo, restava il controllo al confine con la Slovenia. Infatti, proprio nell’ambito della crisi migratoria, l’Austria aveva reintrodotto i controlli alle frontiere con Slovenia e l’Ungheria da settembre 2015. La commissaria europea per gli affari interni Johansson si era espressa a favore dell’abolizione del controllo alle frontiere interne Schengen. La Commissione europea dialoga costantemente con gli Stati membri che esercitano il controllo e i loro vicini, tra cui Slovenia e Austria, per trovare altri modi per garantire la sicurezza. Anche in Slovenia la questione migratoria è presente.
A dimostrazione di ciò, un vertice bilaterale con l’Italia a livello di ministri degli esteri, con il tema dell’immigrazione clandestina al centro, dove hanno dedicato molte parole alla soluzione del problema. Hanno sottolineato che la soluzione di questo problema è a livello dell’intera UE. Più importante di tutto, la Croazia il primo gennaio è entrata nell’area Schengen, l’area di libera circolazione delle persone senza controlli alle frontiere interne, spostano d’altro canto la linea e la lunghezza delle frontiere estere dell’UE, che ora sono con la BiH e la Serbia.
Proprio la Serbia è un altro paese intenzionato per via della crisi migratoria. Oltre al confine europeo con l’Ungheria da dove vengono respinti i migranti in massa, si aggiunge quello croato, che attuerà i controlli insieme a Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere. Nel novembre 2022 si è svolto a Belgrado un vertice trilaterale di alto livello istituzionale: i leader di Serbia, Ungheria e Austria (il presidente Vučić, il primo ministro Orban e il cancelliere Nehamer) hanno firmato un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione trilaterale nel campo della lotta efficace contro l’immigrazione clandestina. La particolarità di questo Paese e che alcuni migranti invece di partire ad esempio dall’Afghanistan per poi transitare in Pakistan, Iran, Turchia, Bulgaria e da lì iniziare a risalire i Balcani attraverso la Serbia e la Bosnia fino alla Croazia e oltre, arrivano direttamente in Serbia con l’aereo come dal Burkina Faso per poi proseguire per l’ultimo tratto a piedi. I migranti che arrivano in queste zone sono per lo più afghani, siriani, pakistani e bengalesi.
I migranti provenienti dall’Africa occidentale non sono frequenti sulla rotta balcanica, ma ultimamente sono aumentati di numero. Si sono registrati arrivi anche dal Burundi e dal Congo. Questi sono i migranti climatici. L’interesse della politica italiana ed europea si è concentrato sulla Libia e i suoi viaggi per mare soprattutto dopo le recenti stragi nel Mediterraneo, ma in realtà la rotta balcanica è tra le più battute. Nel 2022 da lì sarebbero entrate in Italia circa 13 mila persone; nel 2023 il numero potrebbe facilmente essere superato sia perché durante l’inverno il flusso non è diminuito sia perché i trafficanti hanno incrementato mezzi e capacità. Il flusso è aumentato del 170% nel 2022 secondo Frontex e nei primi nove mesi oltre 100 mila ingressi irregolare in UE, questo dovuto anche dalla politica serba adottata, che non chiede visti a Paesi che non riconoscono il Kosovo.
Paolo Romano