Messico: avviata la riforma energetica

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MESSICO – Città del Messico 28/08/2014. Il 6 agosto scorso il Senato messicano ha approvato in via definitiva la riforma energetica proposta nella seconda metà del 2013 dal Presidente Enrique Peña Nieto.

Essa consta di 21 leggi e prevede la modifica degli articoli 25, 27 e 28 della Costituzione al fine di permettere allo stato di stipulare contratti con società private, messicane o straniere, per la produzione di risorse energetiche, aprendo, di fatto, il settore alla competizione nazionale ed internazionale.

La revisione normativa del comparto energetico messicano risulta particolarmente importante poiché rappresenta indubbiamente la riforma economica più significativa dall’entrata in vigore (1° gennaio 1994) dell’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA) e perché pone fine al monopolio petrolifero, durato 76 anni, dell’azienda pubblica Pemex. Quest’ultima, infatti, fondata il 18 marzo 1938 dal Presidente Lazaro Cardenas del Río a seguito dell’espropriazione di beni mobili e immobili di 17 compagnie petrolifere britanniche e statunitensi a favore della nazione, deve ora “subire” la concorrenza di aziende come BP, Chevron, Eni, ExxonMobil, che, già dall’inizio dell’anno in corso, hanno manifestato il loro interesse ad investire nell’estrazione del petrolio e del gas del Messico.
L’approvazione definitiva della riforma energetica rende lo stato centramericano il mercato degli idrocarburi più appetibile al mondo, possedendo 10.260 milioni di barili di petrolio ed essendo il sesto Paese al mondo per riserve di gas di scisto con 545.000 miliardi di piedi cubi di shale gas tecnicamente recuperabili. Tali riserve si concentrano soprattutto nel bacino di Burgos, sito nel nord-ovest del Paese, lungo i confini con il Texas. A differenza di quest’ultimo stato, però, dove dal 2008 ad oggi sono state avviate circa 5.400 perforazioni, in Messico i pozzi destinati allo sfruttamento di idrocarburi non convenzionali sono solo 25, nonostante Pemex stimi che i depositi di gas da argille superino in volume il totale di petrolio estratto nel Paese dal 1904 ad oggi.
La riforma dell’energia prevede di attrarre miliardi di dollari in investimenti e di stimolare la crescita economica del Messico ed è solo la prima di 95 misure strutturali miranti a modernizzare il Paese. Per il Presidente Enrique Peña Nieto (nella foto) questa, insieme alla ridefinizione del sistema educativo e alla revisione del sistema delle telecomunicazioni, rappresenta un elemento cardine della sua amministrazione. Egli l’ha definita «una trasformazione fondamentale che permetterà di aumentare la sovranità e la sicurezza energetica del Messico» e, secondo esimi politologi, è uno dei più grandi risultati raggiunti dall’inizio del suo mandato.
È altresì vero, tuttavia, che tale riforma non è vista di buon occhio da tutte le forze politiche messicane. I partiti di sinistra quali il Partido de la Revolución Democrática (PRD), Partido del Trabajo (PT) ed il Movimiento Ciudadano, invero, hanno accusato l’esecutivo di «tradire la nazione», avendo venduto la ricchezza energetica del Paese ai privati ed agli stranieri.