L’agenda del Mediterraneo

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MAURITANIA – Nouakchott 18/4/13.  La situazione in Mali, la lotta contro il terrorismo e il rafforzamento della sicurezza transfrontaliera sono stati i punti cardine della riunione del Dialogo 5 +5, svoltasi a Nouakchott il 16 aprile.

I ministri degli esteri dei Paesi che formano questo forum informale sub-regionale che riunisce i cinque Paesi del Mediterraneo occidentale (Francia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna) ed i loro vicini del Nord Africa (Algeria, Mauritania, Marocco, Libia, Tunisia) hanno discusso della crisi in Siria, del processo di pace in Medio Oriente, del processo di democratizzazione nella regione, così come di questioni settoriali come energie rinnovabili, salute, e situazione economica del Mediterraneo, con un focus particolare sui giovani.

Particolare attenzione è stat data alla sicurezza nel Sahel e alle minacce poste alla regione dai gruppi affiliati ad Al Qaeda, alla luce del possibile ricongiungimento dei gruppi jihadisti islamici sbandati e cacciati dal Mali, in Libia e in altri paesi vicini.

Anche se la Francia, che ha guidato l’intervento militare per sloggiare i jihadisti dal nord del Mali ha cercato di rassicurare i partner che la sicurezza in Mali è e resterà sotto controllo, i paesi della regione stanno esprimendo preoccupazione per le rappresaglie dei gruppi terroristici sia in Mali che in altri paesi.

La Francia ha annunciato che ritirerà progressivamente il suo esercito dal Mali e il Ciad ha anche annunciato simili provvedimenti poiché l’esercito ciadiano non è addestrato per contrastare i terroristi.

Circa 4.000 soldati francesi, 5.000 soldati del Mali e circa 6.300 soldati della forza di intervento Misma, forniti dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) sono attualmente impegnati nella guerra in Mali.

La Francia ha già presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu un progetto di risoluzione che potrebbe autorizzare, se adottato, la sostituzione nel mese di luglio 2013 delle forze attualmente presenti in Mali con una “missione di stabilizzazione” delle Nazioni Unite. Questa missione, che prevede l’impiego di 10mila soldati, sarà schierata, se le condizioni di sicurezza sono favorevoli.