L’intera regione tra il Mar Mediterraneo e l’India sta ribollendo di minacce, e contro-minacce, alla pace globale, condite da sanzioni economiche e movimenti militari. In qualsiasi momento un incidente, o un malinteso potrebbe innescare una guerra tra stati.
I punti dolenti sono l’India e il Pakistan; l’Iran e gli Stati del Golfo, l’Arabia Saudita, Israele; Turchia, Siria, e Iran; attori presenti in diversa maniera sono la Russia, la Cina e gli Stati Uniti. Se dovesse scoppiare una guerra interstatale aperta, molto probabilmente nel Golfo, gli effetti sull’economia mondiale sarebbero significativi e fortemente negativi. Il prezzo del petrolio salirebbe vertiginosamente e i mercati crollerebbero altrettanto velocemente. Gli investitori dovrebbero assicurarsi di essere protetti da questo tipo di sviluppo, perché la sua probabilità aumenta di giorno in giorno in giorno.
L’Iran è al centro delle preoccupazioni immediate, riporta Asia Times. Le sanzioni economiche stanno avendo un effetto importante sull’economia iraniana, con scioperi e dimostrazioni. La siccità seguita dalle inondazioni è stata sì affrontata dalle autorità iraniane, ma non completamente tanto che sono seguite ulteriori dimostrazioni.
I disordini etnici si sono tramutati in atti di terrorismo e sabotaggio, in particolare nelle regioni abitate da baluci, arabi e curdi. Il confronto politico intero vede confrontarsi i tradizionalisti, mullah per la maggior parte, con gli attivisti del governo.
Si fanno sempre più forti le voci di tensioni tra le forze armate e la Guardia rivoluzionaria abbondano; il Jpcoa è alla canna del gas; le minacce di ulteriori sanzioni hanno portato alla controminaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz.
È bastato solo ventilare questa mossa politica, che in risposta si è registrato un significativo aumento della potenza aerea e navale americana nel Golfo.
L’Iran è oggi impegnata in Iraq, in Siria oltre che in Libano. Israele continua i suoi attacchi aerei contro Hamas e contro i convogli di rifornimenti militari iraniani per Hezbollah in Siria e Libano.
Se questo mix di elementi negativi dovesse indurre il governo di Teheran ad ordinare di attaccare Israele, è probabile che Israele attaccherà direttamente l’Iran, magari con l’aiuto di altri attori come gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Andando più a nord, la Turchia sta diventando sempre più un fattore d’instabilità, a causa del declino economico, sociale e politico interno e dei conflitti politici successivi alle recenti elezioni locali che hanno messo in discussione il potere di Erdogan. Il regime dell’Akp sta reagendo in modo nervoso in Siria e sta cercando di stringere alleanze con la Russia e l’Iran, in contrasto con i suoi obblighi di membro della Nato. Si veda il caso degli S400 e dei Su57, ad esempio.
Il coinvolgimento di Ankara in un confronto militare aperto non può essere escluso, poiché così il regime potrebbe cercare di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai suoi problemi interni.
Salendo ancora, Pakistan e India sono ai ferri corti e occorre sempre ricordare che entrambi sono potenze nucleari, una minaccia ed un ostacolo alla guerra. Il Pakistan favorisce l’Iran a livello regionale, a causa di una comune minaccia dei baluci, dell’affinità religiosa e dell’antagonismo verso Israele, che invece si sta avvicinando sempre più all’India, si consideri ad esempio la vendita di tecnologia militare di Gerusalemme a Nuova Delhi.
Antonio Albanese