Londra preoccupata dal terrorismo di ritorno

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ITALIA – Roma 26/04/2014. Come in Francia e Olanda anche la polizia del Regno Unito ha, da qualche tempo, avviato misure rigorose per arginare il pericolo sulla sicurezza interna derivante dalla vasta adesione di alcuni cittadini ai gruppi di militanti armati che combattono in Siria.

Ha garantito di adottare tutte le misure necessarie per dissuadere, prevenire e punire tutti gli intenzionati o i rientranti da una guerra che appartiene ne a loro ne al loro paese. La campagna contro la partecipazione è partita per arginare il flusso crescente di uomini musulmani che aderiscono al jihad. A tal proposito il ministro degli Affari Interni francese ha reso noto di volersi recare a Londra la settimana prossima per unire gli sforzi e cercare di limitare i danni che potrebbero derivare dal rientro di questi combattenti.
La questione, a dire il vero, era già stata sollevata dal responsabile relazioni estere del Partito Hezbollah in una intervista rilasciatami a gennaio di quest’anno: «Secondo noi questi gruppi terroristi non rappresentano un pericolo solo per noi, ma potrebbe estendersi e toccare l’Europa stessa. Al-Qaeda prima di venire qui stava organizzando degli attentati in Europa. Il loro obiettivo è vincere e queste non sono solo parole questa è la realtà e l’Occidente deve prenderne coscienza».
Intanto i capi dell’antiterrorismo britannico stanno spingendo le donne musulmane a prendere coscienza e accrescere la consapevolezza dei rischi sulla partecipazione al conflitto siriano per i loro cari e ad intervenire per fermare i loro parenti intenzionati a prenderne parte attivamente ed eventualmente riferire alle autorità circa la presenza di aspiranti jihadisti per poter predisporre misure necessarie di intervento. Scotland Yard ha comunicato di aver arrestato, nei soli primi mesi del 2014, 40 persone accusate di reati di terrorismo collegati al conflitto siriano, contro un totale di 25 dello scorso anno; inoltre i dati disponibili parlano di circa 400 cittadini britannici che si sarebbero uniti alla lotta in Siria di cui 20 sono rimasti uccisi, uno di loro si sarebbe fatto saltare in un attentato suicida. La campagna ha in programma vari incontri con donne provenienti da diverse comunità, con operatori delle organizzazioni umanitarie e funzionari governativi esperti sulla prevenzione dell’estremismo islamico, nella pubblicazione di un volantino e nell’attivazione di una linea telefonica dedicata all’antiterrorismo e alla raccolta delle informazioni relative agli eventuali viaggi di membri delle famiglia verso il jihad. «Vogliamo fare in modo che le persone, in particolare donne, preoccupate per i loro cari possano avere informazioni su come possono intervenire per evitare il loro coinvolgimento nel conflitto» ha detto Helen Ball funzionario antiterrorismo della Metropolitan Police «Non si tratta di criminalizzare le persone, ma di evitare tragedie» ha aggiunto.
Mussurut Zia, Network femminile musulmano della UK, ha però voluto sottolineare alla BBC che la sfiducia nella polizia da parte di alcune comunità potrebbe condurre ad una molto parziale adesione all’iniziativa. Le donne in questo caso potrebbero essere determinanti in questo contesto ed essere in grado di influenzare i propri cari, perciò una appropriata comunicazione le rende in grado di argomentare la loro eventuale disapprovazione alla partecipazione al conflitto jihadista in Siria. Sara Khan, direttore del gruppo delle donne islamiche Inspire, ha detto in un’intervista rilasciata al britannico Channel 4: «Hanno bisogno di essere istruite con le necessarie conoscenze teologiche e le giuste argomentazioni per contrastare le ragioni estremiste e al fine di attirare le persone alla loro causa».
Il rientro dalla guerra dei jihadisti sta creando gravi problemi ai paesi europei coinvolti, così come anticipato dall’esponente Hezbollah che certo conosce bene la situazione di al-Qaeda con il quale combattono da tempo. La violenza e le convinzioni ideologiche di una guerra rischiano di compromettere la pace e la sicurezza delle città in cui gli aggregati fanno rientro.