L’ombra della sharia sul Mali

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Il Nord del Mali verte attualmente in una critica situazione di stallo a seguito del conflitto che ha portato alcuni gruppi a rivoltarsi e a strappare dalle mani del governo di Bamako la grande regione settentrionale dell’Azawad a fine marzo scorso. 

In effetti, il neo governo di Bamako e i membri dell’ECOWAS non sono ancora riusciti ad ottenere un mandato dalle Nazioni Unite per un intervento congiunto sotto l’egida dell’unione Africana, grazie ad una forza già pronta di circa 3mila uomini. Fonti diplomatiche indicano che il Consiglio di Sicurezza non sia pronto ad accettare un intervento militare al nord del Mali. Nel frattempo, su indicazione dell’ECOWAS, il Burkina Faso ha iniziato la sua attività di mediazione con i gruppi dei ribelli. Il nodo risiede proprio nella sopravvenuta crisi tra i gruppi del nord. Il movimento per la liberazione dell’Azawad – MNLA, il cui obiettivo principale è di creare uno stato indipendente al nord, e Ansar Dine (Difensori della fede), un gruppo musulmano fondamentalista che lotta per l’instaurazione della Sharia in Mali, avevano unificato i loro intenti per occupare il nord del Paese. A fine Maggio avevano dichiarato la loro intenzione di fare fusione per la creazione di un nuovo stato denominato Repubblica Islamica dell’Azawad. L’unione è durata poco e l’8 Giugno venivano riportati conflitti a fuoco tra i membri dei due gruppi nella città di Kidal, sancendo di fatto una separazione quasi annunciata. La risoluzione della problematica passa proprio attraverso la comprensione del futuro del rapporto tra i vari attori al nord. In modo particolare Ansar Dine ha spiegato ai mediatori in Burinka Faso che, a differenza del MNLA, non è interessato ad una spartizione del Paese, ma solo all’instaurazione della Sharia in tutto il Mali. Mentre per il MNLA è il contrario: creare un nuovo stato al nord, ma laico. Appoggiare Ansar Dine potrebbe essere quindi una delle soluzioni, data la sua volontà di mantenere unito l’ambito territoriale del Mali. Il problema è che il movimento fondamentalista ha sempre avuto legami più o meno ufficiosi con Al Qaeda per il Maghreb islamico, la costola africana che opera nel Sahel del gruppo terroristico, e ad oggi i suoi responsabili non hanno fugato i dubbi di questa relazione pericolosa. L’ECOWAS ad oggi non ha trovato ancora il bandolo della matassa. La mediazione del Burkina Faso è quanto mai fondamentale per capire almeno quali siano le basi di partenza di una discussione che può sfociare in un nuovo conflitto o in una risoluzione pacifica. Nonostante l’appoggio del neo eletto presidente francese Hollande, l’ONU, dal canto suo, sta a guardare.