Gli equilibri degli scudi spaziali

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ITALIA – Roma 04/06/2015. Nel nuovo contesto geopolitico sarà ancora utile preoccuparsi di scudi spaziali?

Il modello di guerra alla quale ci stiamo abituando ad assistere non è più quella di un mondo diviso in due, ma più localistico con la propensione ad essere esportato secondo schemi mediatici. Eppure continuano ad avere una grande importanza strategica i programmi per la realizzazione di scudi spaziali, che possono essere in parte acquisiti nel libro La Difesa Antimissile – Dalla Guerra fredda ai nuovi equilibri mondiali, Mursia Editore, di Giuseppe Amato, Ufficiale dell’Esercito Italiano, e Antonio Ciabattini Leonardi, analista del settore difesa, che dopo un breve excursus storico delineano i programmi di difesa che, chiaramente, si sono andati modificando nel tempo anche per un naturale progressivo sviluppo dei mezzi e delle tecnologie, spesso legati all’impatto che questi meccanismi potevano avere sulla situazione economica e industriale. Questo è valido in particolar modo per i paesi che per un lungo periodo tenevano il mondo diviso in due blocchi, anche se non sempre posizionati sullo stesso livello, infatti gli Stati Uniti, rispetto all’Unione Sovietica, possedevano una maggiore capacità economica e organizzativa grazie anche al supporto che gli alleati del Patto Atlantico erano in grado di dare ben più consistente di quanto potessero i paesi che gravitavano all’interno del Patto di Varsavia.
Un capitolo è dedicato alla difesa contro i missili balistici e ai risultati seguiti al Trattato ABM Anti Missili Balistici, ma soprattutto alla enorme spinta data dall’amministrazione Reagan a un tale progetto di difesa accompagnato dalla Strategic Defence Iniziative (SDI) conosciuta anche come Star Wars basata sull’installazione di vari sistemi d’arma nello spazio, nata per contrastare la polemica dell’impiantato di sistemi che potevano essere allo stesso tempo offensivi e che avrebbero potuto avere come conseguenza di incoraggiare atteggiamenti aggressivi. Questi sistemi furono progressivamente sviluppati e avanzati tecnologicamente anche dal successivo presidente George Bush che ne sostituì l’efficienza con un Sistema di Protezione Globale Avanzato Contro attacchi Limitati (Global Protection Against Limited Strikes – GPALS) che aveva il compito sia di difendere il paese da attacchi missilistici limitati, sia le Forze militari schierate all’estero da attacchi eseguiti da missili balistici a corto raggio. L’amministrazione Clinton invece non appoggiò questo apparato e lo abbandonò trasformandolo in Organizzazione per la Difesa contri i Missili Balistici, dando nuove priorità: la difesa missilistica di teatro, quella nazionale e un programma di ricerca per rendere più efficace questo tipo di protezione. Il tutto seguiva alle trasformazioni delle minacce avvenute a seguito della disgregazione dell’Unione Sovietica, che andò modificandosi sia in base alla maggioranza all’interno del Congresso degli SU ma anche e soprattutto dalle effettive minacce avvertite che andavano ad impattare sull’opinione pubblica tanto da costringere lo stesso Presidente Clinton a non opporsi più a questo sistema. Il rischio era quello inficiare la campagna elettorale delle presidenziali nel 2000, l’accusa era quella di non considerare in maniera opportuna le esigenze della difesa del paese; Clinton però appose due emendamenti: il primo prevedeva che il NMD (National Missile Defence) fosse sottoposto a normale processo di approvazione; il secondo che il Senato continuava ad appoggiare una riduzione negoziata delle armi nucleari. La successiva vittoria del George W. Bush cambiò ancora una volta le strategie rimettendo in moto tutti i processi tecnologici della difesa rinforzati ancora di più dopo i fatti dell’11 settembre 2001. E su questa spinta Bush a dicembre, sempre del 2001, annunciò l’uscita dal Trattato ABM; da parte sua Putin in una intervista definì questa azione un grave errore al quale però non vi sarebbe stata una reazione antiamericana anche se le preoccupazioni del Cremlino non fecero mancare l’eco della pericolosità di questi sistemi d’arma difensivi che “innalzavano il potenziale delle armi strategiche offensive.” Le stesse riserve furono espresse anche dal governo cinese anche se non ebbero particolare risalto in un momento storico in cui il governo di Pechino spingeva per sfondare all’interno del mercato economico globale.
Un breve tracciato storico passa anche per l’Europa anche se tendenzialmente i paesi del Vecchio Continente erano meno radicali degli americani sulla pericolosità di quei paesi definiti “stati canaglia”. Nell’ultimo capitolo gli autori ipotizzano l’evoluzione della situazione degli armamenti riferendo che “per effetto della progressiva realizzazione dei sistemi difensivi contro la componente missilistica, gli arsenali strategici, almeno nella sua configurazione attuale, perderanno gradualmente la loro capacità deterrente” continuando poi la loro analisi contestualizzandola in riferimento agli ultimi avvenimenti accaduti.
Certo il gioco degli equilibri mondiali dovrebbe fondarsi sui legami reciproci tra paesi che troppo spesso vengono a mancare, e tornando proprio alla considerazione di apertura si ripropone pressante una domanda: quali potranno essere i rapporti con gruppi che hanno come unico obiettivo la destabilizzazione di intere aree di interesse e la restaurazione di antichi regimi, in particolare nel Mediterraneo, sotto il sempre più pericoloso silenzio della Comunità Internazionale?

Giuseppe Amato e Antonio Ciabattini Leonardi, La Difesa Antimissile – Dalla Guerra fredda ai nuovi equilibri mondiali, Mursia Editore, Milano 2014, pp. 151, euro 16,00