LIBRI. Una bussola per la Destra italiana

263

La domanda posta come titolo Cosa significa oggi essere di destra? Alla ricerca di popolo disperso e di una nazione negata scatena un fiume di prorompenti domande ulteriori sul senso di un’appartenenza di vita prima che politica  e dell’impegno personale e professionale nell’affrontare la vita di tutti i  giorni. Esattamente cosa può significare? Riconoscersi in triti e vetusti personaggi che la cronaca italiana  ancora oggi pone al centro della scena politica? Oppure in neo yuppie rampanti dal tricotico taglio militare molti simili ai sanculotti di francese memoria (senza offesa per i sanculotti)?  O ancora, riconoscersi in corna e riti vichinghi che di vichingo non hanno neanche l’odore? O addirittura perdersi in un nostalgismo politico che resta ancorato a circa tre universi storico-sociali fa? O altro ancora?

Questo interrogativo, seppur di corredo all’altro: “cosa vuol dire essere di sinistra oggi?”, che richiama molti film di Nanni Moretti, è centrale nell’agone politico dell’Italia attuale, povera di appartenenze e ricca di apparenze, sia politiche che sociali. Il libro di Marcello de Angelis, giornalista, direttore di testate storiche della destra italiana, e uomo politico di lungo corso, si pone come agile strumento per ripercorrere radici storiche del termine Destra, dal Risorgimento (con la “R” maiuscola) alle tensioni filosofiche odierne che agitano il pensiero politico, oggi asfittico, e l’azione politica, oggi risibile e miope, che riempiono le pagine, spesso sovrapponibili, dei quotidiani nazionali; trasmessi con tutti i mezzi mediatici che la modernità ci mette a disposizione. 

Tanto è fragoroso il silenzio dell’amore per la polis e la polìteia che chi vuole seguire efficacemente la politica nostrana fa spesso fatica a distinguere i termini più semplici degli eredi di Hegel nel XXI anche se ha un bagaglio culturale, non nozionismo, di elevato livello. Parlare ancora di Destra o di Sinistra è anacronistico o meno? La bussola fornitaci da De Angelis riesce a farci mettere dei paletti e a non seguir le sirene di omerica memoria per non perdere se stessi, la più grande tragedia che possa capitare ad un Uomo, degno di chiamarsi tale. 

Tommaso dal Passo