Il Risorgimento è ancora un periodo che affascina e divide chi se ne occupa a diverso titolo: dal docente al ricercatore al renactor che cerca di ricostruire uniformi e armamenti che oramai, purtroppo, neanche i musei espongono più.
Perché affascina e perché divide? basti pensare a due fenomeni che sfociano nel politico e nella vita politica nazionale ancora oggi: il partito della Lega, il più antico d’Italia ancora nell’agone politico, si è rifatto a temi politici e slogan diffusi all’epoca di chi ha percepito la presenza piemontese prima e poi italiana, come un elemento estraneo; al Sud, poi, la rinascita neoborbonica che dalla ricostruzione storica ha avuto una certa presenza politica locale; basata come è sul sentimento antipiemontese che ha distrutto uno status sociopolitico antico sostituendovi pressoché nulla o quasi, secondo la tradizione.
Di questo interesse storico profondo è figlio il bel lavoro di Jacopo Lorenzini, L’Elmo di Scipio. Storie del Risorgimento in Uniforme. Per chi temesse di trovarsi davanti un testo di storia militare o di analisi delle cause dell’Unità d’Italia, sappia che sì ci si trova davanti, ma ha tra le mani anche un bel romanzo che narra la vita di tre uomini, tre soldati, ognuno con un proprio retroterra culturale, ideale (anche politico) diverso che li portò a fare scelte anche estreme e che poi nel neonato Regno d’Italia, occuparono posizioni militari e politiche di primo piano: Salvatore Pianell, Enrico Cosenz, Cesare Ricotti: meridionali i primi due, piemontese il secondo.
Questi tre uomini incarnano perfettamente i dilemmi e le scelte di chi aveva scelto il mestiere della armi come ascensore sociale nel mondo postnapoleonico restaurato su modelli sociali antichi e divisioni in classi sociali, rigide. Ognuno ha reagito diversamente alla scelta se mantenersi fedele ad un giuramento ideale verso una bandiera o seguire passioni e idealità per far sempre sì il soldato ma mettendosi al servizio di una causa, quella nazionale, che aveva once è numerose incognite.
Tutti e tre vengono raccontati, anzi sono i protagonisti veri del libro, le loro scelte rispecchiano il crollo di un mondo tradizionale, quello borbonico, per Pianell e Cosenz; oppure dovevano confrontarsi con diverse formae mentis, ideali e militari, come fu per Ricotti.
Insomma un bel romanzo storico, che romanzo non è, su un periodo lontano sì, ma assai vicino a noi per imperativi morali e scelte politiche che devono essere attuate.
Antonio Albanese