LIBRI. La vera storia del pirata Long John Silver

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«Siamo nel 1742. Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all’altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l’anima che non esista, perché all’inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell’idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l’abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi. Ma intanto il terrore irradierebbe dai loro volti come un sole ardente sul mare in bonaccia. Terrore di cosa? Chiedo io. Certo all’inferno non possono avere paura della morte. Che ve ne pare?

No, non hanno mai avuto paura della morte, visto che per loro non ha mai fatto una gran differenza vivere o morire. Eppure, anche all’inferno avrebbero paura di me».

L’autore dell’opera, Bjorn Larsson, sceglie la figura controversa del leggendario pirata Long John Silver, l’antagonista de “L’isola del tesoro” di Stevenson, per raccontare la storia di una vita al limite, dove il fetore della sopravvivenza nelle stive delle navi negriere si affianca al desiderio di indipendenza e libertà e dove emerge, antropologicamente, la struttura e il codice etico dell’ordine piratesco.

Il piano della finzione si inserisce in maniera così naturale all’interno di un contesto storico ben costruito che il lettore segue e si appassiona al racconto, in prima persona, del pirata Silver e non rimane ancorato e condizionato dalla prima logica costruttiva di Stevenson; al contrario, Larsson ci restituisce un personaggio storico  finito, particolareggiato e complesso; un pirata dalla personalità Machiavellica e ambigua, lucido e spietato, a volte feroce e a volte guidato da buoni propositi. Mutevole come il mare cui si è votato, Silver ci ricorda sempre che la cosa più importane e utile è comunque rimanere vivi, in nome e in onore di quel dono chiamato vita.

L’errore che si può commettere, prima di cominciare a leggere questo libro, è quello di giudicarlo a priori, pensando che sia solo e soltanto un libro di pirati nel senso evasivo e fanciullesco del termine.

Un libro per adulti che hanno ancora sete di avventura ma che contemplano e accettano l’ineluttabilità della morte come una probabilità del vivere.

L’autore, a mio avviso, richiama l’idea di Stevenson e la sua ossessione per il “doppio” attraverso i continui e repentini cambi di umore del personaggio, rivelando la perfida lucidità del lato oscuro.

Lo stesso mare è, metaforicamente, quel luogo selvaggio e primordiale dove l’idea di libertà e di infinito trova la sua massima espressione e al contempo è anche quel luogo selvaggio e primordiale dove l’idea della morte è sempre viva e presente.

In un gioco rischioso ma ben riuscito assistiamo ad una sorta di intreccio letterario dove Silver incontra, all’Angel Pub di Londra, il capitano Johnson, che altri non è che Daniel Defoe, intento a raccogliere informazioni per la stesura del suo libro “Storie di pirati”, ed in cui lo steso Long John Silver leggerà la storia di Jim Hawkins, il personaggio principale dell’opera di Stevenson, intitolata, non a caso, L’isola del tesoro.

Tecnicamente assistiamo alla difficoltà della vita di bordo, veniamo a conoscenza, con la peculiarità di un saggio divulgativo, dei legami tra la pirateria con le istituzioni e il commercio ufficiale, della tratta degli schiavi e delle regole e delle rotte del contrabbando. Scopriamo l’origine del suo soprannome “Barbecue”,  come ha perduto la sua gamba e come forte e feroce sia la sua sete di vendetta.

L’essere vissuto e sopravvissuto tenacemente  a quell’epoca, fa del pirata Silver un uomo anziano, stanco e solo. È sopravvissuto a disastri, ai tradimenti ma soprattutto agli affetti. In questo caso il racconto e la scrittura della propria vita hanno un potere salvifico e catartico. Storpio e solo Long John Silver racconta per non essere dimenticato, affinché la memoria possa portare alla luce non solo la figura di un uomo cinico e spesso bugiardo ma anche libero e innamorato della vita.

Un romanzo completo, un personaggio inafferrabile e mai scontato, una scrittura elegante e molto efficace, un gran lavoro di ricerca storica, ma soprattutto un capolavoro che supera qualsiasi aspettativa.

Un unico difetto: dopo 492 pagine il libro termina e separami dal mio amico pirata non è stato affatto facile.

Anche in questo caso ringrazio per la traduzione dallo svedese Katia De Marco.

Simone Lentini

La vera storia del pirata Long John Silver

Bjorn Larsson

Traduttore: K. De Marco

Editore: Iperborea

Edizione: 14

Anno edizione: 1998

Pagine: 496 p. , Brossura

EAN: 9788870910759