LIBRI. Einstein e la bicicletta cosmica

437

La bicicletta di Einstein del fisico Etienne Klein è il tentativo, ben riuscito, di restituire al presente l’uomo e lo scienziato, dove il moto mentale del genio crea le nuove leggi di quella realtà nella quale tutti noi ci muoviamo.

La copertina, molto evocativa e fanciullesca, ritrae un Einstein in bicicletta sinceramente divertito. La foto, scattata nel Gennaio del 1933 davanti la casa del suo amico Ben Meyer, a Santa Barbara, in California, riassume il senso e il fine che l’autore ha cercato di esprimere nel saggio: una sana e fanciullesca vitalità supportata dalla creatività e da un geniale e perpetuo tsunami mentale. 

L’autore, ispirato dalla foto, parte in bici per ripercorrere quei luoghi che hanno segnato la vita dello scienziato nell’intento di creare quell’energia empatica che possa modificare la dimensione spazio-temporale e ricostruire quell’iter vitae capace di riconsegnarci la memoria di un uomo straordinario.

«Einstein è un personaggio molto celebre, ma quando interrogavo i miei studenti mi rendevo conto che era diventato un fossile. Sanno che fa la linguaccia e che ha scritto E=mc² ma non sanno cosa significhi e nemmeno cosa rende unico Einstein nel campo scientifico. Quando ho visto quella sua foto in bicicletta, sorridente, ho pensato che dovevo fare un viaggio sulle sue tracce a velocità umana, per rendere di nuovo vivo il suo passato. Siccome ha rivoluzionato il concetto di spazio e di tempo, anche io dovevo rivoluzionare il concetto riscoprendo Einstein in bicicletta, disfandomi del peso di tutti gli studi e le pubblicazioni che sono stati scritti su di lui e che alla fine lo hanno seppellito, mummificato».

«Come percepirei la luce, se cavalcassi un raggio luminoso?»; l’interrogativo in questione è la prima domanda che un giovanissimo Einstein si pone e che ci introduce nel suo modo di pensare. La fantasia delle sue ipotetiche realtà erano strettamente legate alle possibilità fisiche della materia.

La visione anticipava e stimolava la teoria che a sua volta trovava i propri mezzi per rivelarsi.

La profonda conoscenza della materia gli permettevano di giocare con essa e il talento gli dava la possibilità di affrontare e mettere in discussione le teorie del passato.

Nel 1905, nel suo Annus Mirabilis a Berna, Einstein risponderà a quella domanda formulando una nuova teoria fisica: la relatività ristretta.

Arau, Mettmenstetten, Zurigo, Berna, Praga, Bruxelles, Anversa, Le Coq-sur-Mer sono tappe geografiche e creative al contempo dove Einstein ha fatto letteralmente esplodere le sue potenzialità mentali.

Poco incline alle regole sociali e alla burocrazia Einstein emanava un’aurea libera da pregiudizi e costrizioni. Lontano dal rigore accademico, incontriamo, nei primi anni del 1900, il futuro Premio Nobel come dipendente presso l’ufficio brevetti di Berna.

Da una Lettera di Einstein: «La stesura degli atti di brevetto era per me una vera pacchia. Scriverà in seguito – Quel lavoro mi costringeva a esercitare la mente in ambiti diversi offrendomi al contempo di che stimolare ampiamente la mia riflessione in fisica. Avere un’attività professionale concreta è in fin dei conti una benedizione per uno come me. Una carriere accademica condanna un giovane ricercatore a una data produzione di articoli scientifici. È questo, un incitamento alla superficialità al quale soltanto i caratteri ben temprati possono resistere».

L’osservazione di qualsiasi fenomeno della vita quotidiana diventavano occasione di scienza.

Durante la lettura del testo ci si imbatte in un divertente ed ipotetico dialogo tra Galileo ed Einstein, dove quest’ultimo spiega la teoria della “relatività ristretta” al primo. Per la prima volta la luce diventa un essere fisico in tutto e per tutto e per giunta autonomo. La velocità della luce diventa un limite assoluto, rinunciando all’idea che lo siano lo spazio ed il tempo.

Nel testo, l’autore ci fa notare come la famosa formula E=mc², stabilita da Einstein nel 1905, sia erroneamente legata alla bomba atomica e all’inferno di Hiroshima e Nagasaki.

«Eppure, E=mc² è legata alla bomba atomica né più ne meno di un fiammifero sfregato o della caduta di una matita. Ultima nata dell’annus mirabilis, questa equazione è soltanto l’ultimo frutto di una stessa ossessione… figlia della luce, dello spazio e del tempo…».

Il testo si propone di far luce su molte altre teorie legate alle intuizioni dello scienziato, ma non ne dimentica mai il vissuto. Mi ha colpito molto l’ultimo capitolo del libro intitolato The no land’s man, nel quale si definisce Einstein una sorta di “genio del non luogo”.

«Il posto in cui ci si stabilisce non è importante. In qualità di perfetto sradicato, non mi sento qualificato per dare un parere. Le ceneri di mio padre sono a Milano. Ho seppellito mia madre qui pochi giorni fa. Quanto a me, ho vagato senza posa, straniero ovunque. I miei figli sono in Svizzera, e le circostanze fanno sì che non sia semplice per me andare a trovarli quando ne ho voglia. L’ideale, per un uomo come me, è di essere a casa propria ovunque, con i propri cari e gli esseri amati. Non mi sento in diritto di consigliarvi». A. E.

In queste ultime pagine l’autore definisce gli elementi del pensiero che hanno liberato le intuizioni del genio e ci ricorda che Albert Einstein era un cittadino del mondo e un uomo libero.

Ringrazio per la traduzione Francesco Bruno.

Simone Lentini 

La bicicletta di Einstein
Étienne Klein

Traduttore: F. Bruno
Editore: Ponte alle Grazie
Collana: Scrittori
Anno edizione: 2017
Pagine: 192 p., Brossura
EAN: 9788868336936