La guerra ha plasmato la nostra società. Così racconta Margaret MacMillan, storica canadese, afferma e argomenta nel suo recente libro War. Come la guerra ha plasmato gli uomini (Mondadori). La sua ricostruzione, ricca ed eclettica, analizza come la cultura e la società occidentali sono state modellate dalla guerra nel corso della storia. MacMillan sostiene che la guerra è così intimamente legata a ciò che significa essere umani che vederla come un’aberrazione non serve; fa parte dell’essere umano.
War ci mostra infatti non solo i molti modi in cui uomini e le donne hanno fatto e fanno la guerra, ma come la guerra plasma le donne e gli uomini, cioè plasma i loro usi e le loro evoluzioni, sociali e personali. MacMillan scrive con un linguaggio piano e di facile comprensione: si va da Ötzi, l’uomo preistorico scoperto sulle Alpi fino ad oggi; l’autrice mostra come la necessità di proteggere se stessi, o la propria tribù o nazione, abbia influenzato quasi ogni aspetto della storia umana. Per spiegarlo, espone una serie di paradossi storici: nell’antichità, il bisogno di sicurezza delle persone le ha portate ad organizzarsi, alla fine, in stati – ma lo stato non è altro che un apparato altamente efficiente per fare la guerra. Eppure, se gli stati potenti sono bravi a fare la guerra, quelli più deboli sono ancora più pericolosi: basti pensare allo Yemen di oggi o a quello che potrebbe diventare l’Afghanistan a breve.
La guerra è sempre stata crudele e cruenta, ma la rivoluzione industriale ha dato agli stati la capacità di produrre armi sempre più letali su scale sempre più grandi, e il nazionalismo ha trasformato le popolazioni in eserciti, sfumando la distinzione tra soldati e civili, scrive MacMillan.
Ma la guerra non è solo una forza negativa; è un motore di cambiamento e creatività. Ha aiutato a creare la burocrazia moderna, e ha reso i governanti più democratici perché avevano bisogno di gente sana e istruita per combattere; ha aiutato a liberare le donne, non solo sul fronte interno ma anche sul campo di battaglia, dove sempre più spesso combattevano; e la guerra ha costretto gli artisti a guardare il mondo in modi nuovi.
Uno dei tratti più interessanti del libro, infatti, è la parte in cui discute l’impatto della guerra sull’arte, e le lotte degli artisti, nel corso della storia, per trasmettere l’inspiegabile essenza della guerra. E per farlo hanno creato nuove forme per descrivere l’orrore e il fascino che la guerra provoca nell’uomo.
Luigi Medici