LIBIA – Tripoli 11/12/2013. Caos senza fine. Le due tribù Amazigh e Tebu bloccano i rifornimenti di petrolio causando gravi disagi nella città di Tripoli.
Negli ultimi giorni le rivendicazioni politiche delle tribù continuano ad ostacolare il lento processo di transizione verso la risoluzione del problema Libia. Anche le tribù degli Amazigh, di origine berbera, e dei Tebu si sono avvalsi dell’arma del petrolio per rivendicare le loro richieste politiche, causando nella capitale file di cinque ore di macchina per fare rifornimento. Tutto ciò che il governo ha potuto fare per arginare il problema è stato l’invio di 15 distributori di carburante attivi 24 ore su 24. La situazione scotta e chi si azzarda a vendere sotto banco il contenuto delle ultime cisterne viene avvertito in modo inequivocabile, diventando bersaglio di attentati. Il problema degli approvvigionamenti petroliferi non è nuovo per Zeidan che si trova a fronteggiare più sfide tutte insieme. Il petrolio rappresenta infatti una, se non l’unica, arma più potente su cui possono fare affidamento i capi tribù per provare a scendere a patti con un governo che sembra non soddisfare nessuno. Al Arusi, ex ministro del gas e del petrolio, ha reso noto che la produzione di Petrolio attuale é di 224 mila B/G, di cui 130 mila B/G per le esportazioni, ed ha annunciato sulle pagine del quotidiano di oggi “Al Tadamun” che la Libia a perso in tutto nove miliardi di dollari a causa della chiusura dei terminali petroliferi, target preferito dei dissidenti fin dall’insediamento di Zeidan. Il governo cerca comunque di coprire le perdite delle entrate attingendo alle riserve del Tesoro per un totale di sette miliardi di dollari, come recita il quotidiano al Manara News. Il petrolio rimane la risorsa primaria della ricchezza libica. Senza di quella il paese è destinato a vedere bruciate tutte le speranze rivoluzionarie.
Il problema più grande dell’attuale governo resta la profonda crisi di legittimità che lo sta attraversando da qualche mese a questa parte e che ha visto come prova schiacciante l’episodio del rapimento del primo ministro. Ciò viene dimostrato dalla protesta tenutasi proprio la mattina del 10 dicembre a Tripoli. Un sit-in pacifico davanti alla sede del Congresso Nazionale Generale, organizzato dal Congresso dei Rivoluzionari della Libia ha visto la partecipazione di gran parte della società civile e si è svolta per chiedere il ritiro della sfiducia al governo di Zeidan (volantino del sit in in apertura). Ma è la cittadina di Al Kufra a rimanere il simbolo dell’impotenza del governo di fronte alla perdita del suo monopolio della forza. Assediata ormai da più di dieci giorni dalle milizie ribelli, comincia seriamente a soffrire per la mancanza di carburante ma soprattutto di medicine e di generi alimentari. Un altro “bollettino di guerra” è stato pubblicato sulle prime pagine sempre di al Manara: 9 morti in tutto dopo gli ultimi scontri a fuoco tra le milizie e i militari. Il sito è inoltre un’oasi nel deserto libico e sede di uno dei più ambiziosi piani agricoli sin dai tempi della dittatura. I campi, irrigati attraverso le acque fossili del sottosuolo, hanno una caratteristica forma radiale che raggiunge gli 820 metri di diametro, contribuendo alle scorte alimentari del paese. Resta quindi da vedere cosa ne sarà della sua produzione dopo l’assedio.