LIBIA. Roadmap verso le elezioni. Forse

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Nel corso della settimana scorsa in Libia sono proseguite le discussioni tra Parlamento e Consiglio di Stato che hanno portato alla votazione all’unanimità nel Parlamento della roadmap che porterà forse un giorno il paese ad elezioni. Forse. Inizia già adesso a far scalpore in Libia la dichiarazione del Rappresentante delle Nazioni Unite, Abdoulaye Bathily, che ha messo in guardia le due istituzioni dal toccare il suo protégé, il premier del GNU Abdulhamid Dabaiba, visto che la roadmap prevede la destituzione del GNU e la creazione di un nuovo governo che gestisca la fase di transizione di 240 giorni massimo per arrivare alle urne.

Certo è che entrambe le parti (il duo Saleh/al Mashri da una parte e Dabaiba dall’altra) gioiscono e continuano a lavorare, contrariamente a quanto mostrato di facciata, per il mantenimento dello status quo. È questo il punto che Bathily sembra non comprendere a pieno: se non si obbligano i politici libici in generale a portare il paese ad elezioni pena la perdita di legittimità, faranno di tutto per rimanere al potere. Il perché lo disse il suo predecessore Ghassan Salamé: perché il potere è redditizio in Libia.

Dabaiba sta applicando questo paradigma all’estremo con uno schema corruttivo e di malversazione che sta svuotando le casse libiche, in accordo con la famiglia Haftar. Di fronte a questa situazione politica, in ambito di sicurezza la zona occidentale del paese si conferma fonte di caos e conflittualità, tant’è che c’è chi ha parlato, dopo la ripresa dei voli tra Roma e Tripoli anche della ripresa del turismo, senza sapere che è sull’orlo di una nuova guerra civile interna all’ovest del paese.

La situazione nella regione costiera occidentale rischia di farsi nuovamente incandescente e di far scoppiare il conflitto anche nella zona del Jabal Nafusa e del Jabal al Gharbi. Prima di tutto è importante capire che non si tratta di un governo che vuole implementare la propria autorità su zone che controlla solo sulla carta. Si tratta di scontri interni ad uno schieramento dove un soggetto con una certa legittimità vuole imporsi per sottrarre influenza, potere, unità militari ad un altro soggetto (o più soggetti) che ha (hanno) un’altra legittimità. Questo si riassume in scontri locali che dovranno portare in dote all’uno o all’altro soggetto una fetta di legittimità, nuovamente acquisita o mantenuta.

Si tratta dello stesso sistema di milizie che governa l’ovest del paese dal 2012 ad oggi, solo che non ha più i nomi di GNC e LROR o TRB, bensì quelli di GNU/GNS e nomi di miliziani e unità di volta in volta decisi a seconda dell’appartenenza ad un ministero o all’altro. Le personalità però sono rimaste sempre le stesse e non si tratta neanche di forze di un ministero contro un altro, ma di Shaaban Hadiyah detto Abu Ubaydah al Zawi legato ad al Qaeda contro Mohamed al Barhuni detto il Topo con legami con Daesh e Mahmud bin Rajab vicino lui ad al Qaeda. L’obiettivo non è solo la legittimità, ma per conto proprio è il controllo dei traffici che arrivano e ripartono dalla zona costiera occidentale dopo essere passati, appunto, per il Jabal Nafusa e prima ancora il sud.

Per traffici ovviamente si intendono esseri umani, carburante e droga. Le milizie si scontrano per il controllo territoriale che da legittimità al GNU o agli altri attori, che si scontrano per continuare a rimanere al potere e sfruttare, per se e per i relativi sostenitori/partner internazionali (leggi soprattutto Turchia), le casse della Banca centrale libica riempite principalmente dalle entrate di petrolio e gas. Ad oggi non è chiaro quali sia la portata delle manifestazioni che sono state chiamate a az Zawia, ma sono il sintomo di qualcosa che non va nella regione occidentale e ci si avvicina drammaticamente alla fine del periodo estivo, ovvero del periodo in cui Tripoli brucia, non solo per il gran caldo di questi giorni.

Eric Molle

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