
Un anno fa veniva rapito in Libia il parlamentare Ibrahim al Darsi, in circostanze misteriose, reso noto dopo il ritrovamento della sua auto, con tracce di sangue, e del suo telefono personale nella zona di Sidi Faraj, vicino alla fattoria Abu Bakr Younis a Bengasi. Il rapimento è avvenuto mentre partecipava ai festeggiamenti dell’Operazione Dignità, in una zona di grande potere delle LAAF del Generale Khalifa Haftar. Va ricordato che al Darsi era considerato un simbolo nazionale, anche grazie al suo coinvolgimento attivo e di primo piano nella lotta al terrorismo. È apparso subito chiaro che con tale fatto i rapitori hanno cercato di destabilizzare la sicurezza e di prendere di mira l’apparato militare. La sorte di al Darsi resta ancora sconosciuta e le indagini sono tutt’ora in corso.
Subito dopo l’accaduto, il Comandante in capo delle LAAF, il Generale Khalifa Haftar ha convocato il sottosegretario del Ministero degli Interni, il capo del servizio di sicurezza interna e il direttore della direzione della sicurezza di Bengasi, per scoprire le circostanze del rapimento del deputato, e per esaminarne i dettagli delle indagini. Sebbene tale preoccupazione da parte di Haftar possa essere apparsa per molti come “un atto benevolo”, in realtà altro non è stato che uno “schiaffo morale” all’apparato di sicurezza interna, considerato incapace di gestire e controllare le attività illecite e criminose che, giornalmente, si verificano nel Paese. Infatti, il rapimento di al Darsi ha smosso certamente l’opinione pubblica: secondo numerosi ricercatori politici, questa vicenda riflette una chiara e grave violazione e punto negativo per i servizi di sicurezza, mettendo in luce proprio il deterioramento dello stesso. Comunque, la famiglia di al Darsi, soprattutto i figli del parlamentare, hanno sin da subito chiesto a Saddam e Khaled, figli di Haftar, di intervenire per aiutarli a conoscere la sorte del padre.
Già al tempo, il Parlamento libico aveva da subito condannato, attraverso un comunicato ufficiale, la sua scomparsa, invitando il Pubblico Ministero ad indagare immediatamente sull’incidente e ad assicurare i condannati alla giustizia. La scomparsa di al Darsi ha avuto un grande seguito ed una grande attenzione da numerose rappresentanze politiche libiche, tra cui, non di meno, la Missione delle Nazioni Unite che ha invitato le autorità competenti a localizzarlo e a garantirne il rilascio immediato. Non solo, anche l’Organizzazione per il monitoraggio della criminalità in Libia aveva rinnovato la sua richiesta al Procuratore Generale di aprire un’indagine urgente e trasparente per rivelare la sorte del parlamentare e di ritenere colpevoli i responsabili della sua scomparsa.
Di al Darsi non si è poi saputo più nulla, fino al momento in cui, ad un anno dalla sua scomparsa, viene pubblicato dal sito web francese Afrique Asie foto scioccanti del deputato, dal suo centro di detenzione a Bengasi. Al Darsi appare incatenato, in mutande e con un’aria del tutto esausta, seguito da un video in cui quest’ultimo si rivolge al nipote di Khalifa Haftar, Al Assad, figlio di Saddam Haftar: è interessante notare come in realtà, le cose siano cambiate in un anno e che nel maggio 2025 Saddam Haftar è diventato Capo di Stato Maggiore delle forze terrestri.
Resi noti anche i video, che secondo LIBYA ALAHRAR sarebbero stati girati il 22 maggio 2024, sei giorni dopo il suo rapimento, all’interno di una prigione segreta gestita dalla milizia Tariq Bin Ziyad e controllata quindi da Saddam Khalifa Haftar e supervisionata dal suo braccio destro, Ali Al-Mshai. Di conseguenza, il Presidente del Parlamento, Aguila Saleh, ha inviato una lettera al procuratore generale, Sadiq al Suwar, e al Ministro dell’Interno del GNS, Issam Abu Zariba, chiedendo un’indagine sui filmati in circolazione con la verifica dell’autenticità.
Il Ministero dell’Interno del GNS ha tenuto a far sapere di aver avviato le indagini subito dopo il rapimento e di aver istituito una commissione di alto livello in coordinamento con la sicurezza interna e le autorità competenti: visione condivisa anche da una fonte parlamentare che avrebbe riferito al Suwar ha istituito una commissione d’inchiesta sul caso di al Darsi, in seguito a una notifica di Saleh e del Primo Ministro del GNU, Dabaiba. Il comitato avrebbe iniziato i suoi lavori entro 72 ore sotto la diretta supervisione del Procuratore generale e in sua presenza nella città di Bengasi.
Vale la pena riportare che secondo prime indagini è stato accertato che i rapitori appartengono a una banda criminale organizzata, ancora ricercata. Secondo account libici locali e non, le immagini e i video in circolazione sarebbero coordinati e fabbricati allo scopo di trarre in inganno l’opinione pubblica e distorcere l’immagine delle forze armate. Secondo il ricercatore di relazioni internazionali Ahmed al Aboud, il video avrebbe come bersaglio il generale Saddam Haftar, e che dietro di lui ci sia senza dubbio l’establishment militare e il generale Khalifa Haftar. La costruzione del video e dell’evento, la sua tempistica e il suo obiettivo avrebbero avuto inizio proprio dal GNU di Dabaiba. Messaggi minacciosi sarebbero giunti ai rappresentanti della regione occidentale prima della sessione, con l’obiettivo di raggiungere un accordo con lo Stato sulla formazione di un nuovo governo. Le accuse si estendono anche ad Haftar in persona, al figlio Saddam Haftar, a Saleh, e al GNS di Hammad.
Il fratello della vittima, Osama al Darsi, capo del Servizio di sicurezza interna di Bengasi, ha rilasciato delle dichiarazioni in merito al materiale circolato sul parlamentare, dando ordine alla squadra tecnica di esaminarli immediatamente. Secondo fonti libiche si tratterebbe di video e foto interamente realizzati utilizzando l’intelligenza artificiale, avvalendosi di strumenti completi per la generazione di immagini, video e audio. Poiché al Darsi appariva spesso sui media visivi e audio, è stato facile per gli autori del materiale di creare immagini artificiali, insieme alla voce: va segnalato che due giorni prima della pubblicazione del video, la Missione delle Nazioni Unite in Libia aveva messo in guardia dalle conseguenze dell’uso di tecniche di intelligenza artificiale a fini di falsificazione e del loro impiego in conflitti politici e campagne diffamatorie.
Osama al Darsi, ha invitato quest’ultima a fornire qualsiasi informazione sulla parte coinvolta in questo atto. Inoltre, tale fuga di notizie sarebbe giunta un giorno dopo che Dabaiba aveva fatto allusioni ad al Darsi, sollevando dunque interrogativi che hanno posto lui, il Ministro della Comunicazione e gli Affari Politici, Walid al Lafi, nel mirino di accuse di fabbricazione e inganno.
Tuttavia, anche il GNU di Dabaiba ha condannato le detenzione degradanti nel centro a Bengasi, sottolineando che quanto accaduto è considerato un crimine che richiede un’urgente indagine internazionale, concordando con la Rappresentante delle Nazioni Unite in Libia, Hanna Tetteh, di avviarla. L’UE ha tenuto più volte a rimarcare il fatto che le sparizioni forzate e le detenzioni arbitrarie rappresentano gravi violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani, nonché degli impegni giuridici e costituzionali della Libia stessa. Tali pratiche, soprattutto, compromettono lo stato di diritto, la legittimità istituzionale e la pace duratura in Libia.
Camilla Montanari e Paolo Romano
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