L’idra di Libia: milizie, petrolio e federalismo

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LIBIA – Tripoli 17/10/2013. Esperti del settore hanno espresso il timore che le compagnie petrolifere occidentali operanti in Libia possano lasciare il paese a causa della pessime condizioni di sicurezza negli impianti petroliferi, prive di soluzioni nel breve periodo.

Riporta i timori il quotidiano Al -Hayat secondo cui alcune milizie libiche hanno intimato agli stranieri di lasciare il paese attraverso i propri siti di social network, dopo l’operazione americana che ha portato all’arresto di al Libi a Tripoli.

Il governo libico non avrebbe quello che serve per garantire una protezione adeguata alle installazioni petrolifere, poiché le sue capacità militari sono limitate alla Libia Shield Force, gruppo armato controllato dai gruppi di Misurata. La Lsf non è abbastanza qualificata e organizzata per allontanare i gruppi armati dalle strutture petrolifere che ora stanno controllando; provenendo poi per la gran parte da Misurata (Libia occidentale), non ha contatti o controllo nella zona su cui insistono la maggior parte degli impianti petroliferi: la parte orientale della Libia. Un intervento di forza potrebbe innescare una guerra tra la parte occidente e orientale del Paese, proprio ciò che il governo centrale vuole evitare. Secondo al-Hayat, il primo ministro libico Ali Zeidan, dopo il suo rilascio, avrebbe detto che il suo rapimento era un tentativo di colpo di stato da parte del movimento salafita della Libia; ha rivelato che circa 100 veicoli e 300-400 uomini armati erano coinvolti nel rapimento appoggiato dai salafiti. Secondo il quotidiano, il cambiamento all’interno della maggioranza del Congresso generale nazionale rivoltatasi contro il Presidente del Consiglio, ha dato al movimento salafita la possibilità di ottenerne il controllo; il golpe sarebbe fallito perché i suoi “difensori” hanno sottovalutato l’importanza degli equilibri di potere all’interno del Congresso, che non hanno funzionato a loro vantaggio. I gruppi e i politici “rivoluzionari”, che avrebbe dovuto sostenere il golpe, si sono allontanati dai salafiti che quindi si sono trovati isolati.

L’equilibrio dei poteri in Libia è, comunque, in continua evoluzione e il governo non ha altra scelta che negoziare con le milizie nelle installazioni petrolifere. Questi gruppi hanno pretese economiche, finanziarie e politiche per approfittare della situazione a vantaggio della loro regione, vale a dire, l’est del Paese. Il governo centrale non ha alcuna intenzione di negoziare sul federalismo con queste milizie, affermando che la questione dovrebbe essere affrontata dopo la stesura della Costituzione, e che al momento non vi è alcuna parte legittima per condurre i negoziati. In questo modo, il caos negli impianti petroliferi rischia di trascinarsi per lungo tempo. Se incapace militarmente, il governo è ancora in grado di fornire una compensazione finanziaria per cercare di risolvere il problema: il governo avrebbe pagato 32 milioni di dinari libici (25,7 milioni di dollari) alle milizie che di fatto occupano gli impianti petroliferi. In realtà, Zeidan avrebbe ed ha di fatto firmato un assegno di 2,5 milioni di dinari (2 milioni di dollari) per vedere di acquistare una quota in queste strutture; ufficialmente l’importo è stato pagato per comprare armi alle milizie; si tratta, per il quotidiano, della solita strategia del governo libico per cercare di disarmare le milizie ed è per questo che Zeidan è stato accusato di aver abusato del denaro pubblico.