LIBIA. Il GNA vende oro alla Turchia per pagare armi e mercenari

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La produzione di petrolio della Libia è calata di circa tre quarti, da quando le tribù libiche hanno deciso di chiudere l’intera produzione per evitare che venisse usata dal Gna per pagare alla Turchia le spese per l’invio di mercenari jihadisti siriani, nonché le armi che Ankara sta spedendo da tempo nel paese. 

Il declino, da 1,2 milioni di barili al giorno a poco più di 320.000, ha causato perdite per circa 256 milioni di dollari dalla chiusura dei principali giacimenti petroliferi e porti nella parte orientale e meridionale del paese, ha detto la Noc in un comunicato ripreso da Afp.

Le diverse tribù della Libia hanno dichiarato il loro appoggio al “Governo ad Interim” di Tobruk che sostiene il Laaf di Haftar e quindi hanno bloccato i principali terminal petroliferi della Libia orientale il giorno prima del vertice di Berlino del 19 gennaio. La mossa per paralizzare la principale fonte di reddito del Paese è stata una protesta contro la decisione della Turchia di inviare truppe a terra dei rivali di Haftar, considerata una intollerabile interferenza negli affari interni libici e manifestazione della volontà di potenza turca in un paese arabo. La Turchia ha appoggiato il Gna di Tripoli, mentre Haftar e il governo di Tobruk hanno avuto il sostegno della Russia, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Egitto. 

Le esportazioni sono state sospese nei porti di Brega, Ras Lanouf, Al-Sidra, Al-Hariga e Zweitina nella “mezzaluna petrolifera” del Paese, il condotto per la maggior parte delle spedizioni di greggio della Libia. Noc ha denunciato anche la chiusura delle valvole di una stazione di pompaggio nel sud-ovest, che ha interrotto la produzione nei principali giacimenti di Al-Sharara e Al-Feel.

La società libica ha assicurato che «il carburante è ancora disponibile nella maggior parte delle regioni» della Libia, ma ha chiesto la fine dei blocchi «per garantire la fornitura continua di prodotti petroliferi a tutte le regioni e per ripristinare entrate vitali per l’economia libica». Alla richiesta della Noc, le tribù hanno continuato a rispondere negativamente.

Secondo la Banca centrale di Tripoli, il blocco sta danneggiando l’economia libica e deve essere rapidamente risolto altrimenti la Libia potrebbe avere un deficit di bilancio nel 2020. Il petrolio, infatti, rappresenta il «93%-95% delle entrate totali e copre il 70% della spesa totale». 

«Questa è una pallottola in testa che colpirà la Libia e il popolo libico (…) Speriamo davvero che la crisi si risolva il più velocemente possibile perché fa male a tutti», ha detto Sadiq al-Kabir, governatore della Banca centrale della Libia.

In mancanza di fondi in provenienza dalla vendita di prodotti petroliferi, la stessa Banca centrale di Tripoli ha chiuso la compravendita di altre commodities per finanziare il Gna e riempirne le casse per la compravendita di armi. È quanto indica il responsabile della divisione della crisi di liquidità della Banca centrale di Al Bayda, Ramzi Agha. Secondo quanto riportato da Agha, la Banca centrale di Tripoli ha completato la vendita di 16 tonnellate di oro alla Turchia per il Consiglio Presidenziale che era stata paventata e lanciata nell’estate scorsa. Ramzi Agha ha indicato che si è conclusa la vendita di oro da parte del Gna per fare cassa per un totale di 6 miliardi di dollari tramite qatarini e turchi, al fine di comprare armi. 

Il settore petrolifero libico è stato spesso oggetto di attacchi: la produzione di petrolio era già crollata a meno di 500.000 barili al giorno tra il 2014 e il 2016 a causa dei combattimenti e dei tentativi delle fazioni rivali di controllare la risorsa chiave del Paese.

Luigi Medici