
Nel corso della settimana appena trascorsa, i due eventi principali in Libia, colmi entrambi di significato, sono stati i festeggiamenti dell’Aid al Adha e il possibile sviluppo di una nuova crisi relativo alle attività petrolifere. Entrambi i casi sono l’esempio della crisi politica ed economica che colpisce la Libia nel disinteresse della comunità internazionale e dei paesi vicini in generale.
Nel primo caso non solo sono stati identificati i soliti eccessi nei prezzi poi calmierati dai doni dei governi che sono più propaganda che soluzione, come avviene anche in altri ambiti. Nel secondo invece si esprime tutta l’inutilità di un processo politico in cui credevano solo i più ingenui ed esplosa con il fallimento del comitato 6+6. Lo status quo che si era venuto a creare, non per le negoziazioni politiche ma per il voluto accordo tra il clan Dabaiba e il clan Haftar, non sta reggendo i colpi del mancato accordo politico e soprattutto le denunce dei giorni scorsi dell’Autorità di Controllo Amministrativo che hanno indicato chiaramente lo sperpero di risorse pubbliche da parte del GNU. Il governo di Abdulhamid Dabaiba non solo ha continuato lo scenario corruttivo, di malversazione e appropriazione indebita già denunciato negli anni precedenti, bensì non ha fatto nulla per cambiare rotta peggiorando di fatto la situazione. Quindi era attesa la decisione emessa dal GNS di Hammad, su spinta della famiglia Haftar, di bloccare le attività petrolifere e di chiedere una reale suddivisione delle entrate relative.
Di fondo si tratta di una storica richiesta delle LAAF e lo è stata anche per il GNS di Fathi Bashagha, ed era quindi attesa. Per ora il blocco non è stato ancora intimato e realizzato, ma potrebbe diventare chiaramente uno strumento di pressione decisiva su Dabaiba perché non solo ne limiterebbe la capacità di spesa/sperpero e causerebbe interruzioni di produzione e erogazione di energia elettrica. La questione elettrica è sempre stata un suo cavallo di battaglia e la principale rivolta che lo ha fatto realmente vacillare fu proprio per la mancanza di energia elettrica durante l’estate scorsa, quindi l’est ha in gran parte il coltello dalla parte del manico questa volta e bisognerà vedere come si evolverà la situazione considerando che il presidente della NOC, Farhat bin Qadara, ha promesso dimissioni, nonostante sia emanazione della famiglia Haftar e degli Emirati Arabi Uniti e rappresenti con il direttore della società elettrica al Mashai forse l’unico amministratore degno di nota. Non è escluso che per tale motivo bin Qadara possa essere in odore di nuovo capo del governo per traghettare il paese verso le elezioni, avendo egli la fiducia di entrambi clan che lo hanno messo fino ad ora a capo della NOC.
Dall’altra parte, Parlamento e Consiglio di Stato hanno abituato libici ed osservatori esterni a saper giocare le carte giuste al momento giusto quando percepiscono che stanno perdendo lo slancio per il momentum di mantenimento dello status quo che gli permette di rimanere al potere senza passare per le elezioni. In effetti, dopo aver esaurito le carte facendo fallire l’accordo del comitato 6+6, le discussioni con il Rappresentante delle Nazioni Unite, Abdoulaye Bathily, il processo elettorale, dopo aver rilanciato senza ottenere supporto la creazione di un nuovo governo che porti il paese ad elezioni, le due istituzioni rappresentative hanno dovuto tirare fuori dal cappello, con facilità e ottima tempistica bisogna ammetterlo, un cavallo di battaglia come le posizioni sovrane. In effetti, il Parlamento ah votato la nomina di membri e presidenti della Corte Costituzionale. Ovviamente il Consiglio di Stato, guidato principalmente dai propri membri legati ai Fratelli Musulmani, si è scagliato contro la decisione per infrazione dell’Accordo Politico Libico – LPA di Skhirat (2015). Anche alcuni parlamentari hanno manifestato la propria contrarietà, ovviamente dopo aver votato. Così facendo però, le due istituzioni si sono garantite il teatrino della politica almeno per i mesi estivi e il mantenimento dello status quo, tanto il paese ha altre problematiche in questo momento da risolvere, in primis la crisi delle attività petrolifere.
Con queste premesse il premier GNS, Osama Hammad, ha discusso con il presidente della NOC, Farhat bin Qadara, del meccanismo per attuare la decisione del parlamento sulla distribuzione della ricchezza nazionale. L’ex portavoce del Consiglio presidenziale, Muhammad al Sallak, ha indicato che lo stato dovrebbe distribuire la ricchezza nazionale a tutte le regioni in conformità con la dichiarazione costituzionale.
Mercoledì scorso, Bayou ha confermato che il governo libico potrebbe dover riconfigurare il consiglio di amministrazione della NOC, se Farhat bin Qadara non riuscisse nelle sue funzioni. Il governo libico sarebbe in grado, per legge, di assegnare e nominare una guardia giudiziaria sui conti della NOC presso la Libyan Foreign Bank. Bayou ha aggiunto che nel caso in cui la guardia giudiziaria non fosse in grado di svolgere i suoi compiti, fermare la produzione e le esportazioni di petrolio diventerà l’ultima opzione fino a quando i conti non saranno in equilibrio. Inoltre, Bayou ha sottolineato che La NOC non può essere lasciata nella morsa di gruppi armati che obbediscono agli ordini di un governo non nazionale a Tripoli e le cose devono essere riportate alla normalità.
Secondo quanto riferito da un account locale, l’incontro tra Hammad e bin Qadara è stato il test più importante per il capo della NOC per i suoi sforzi e garanzie per il settore. La fase più importante sarà capire la posizione degli Haftar con Belqasim che vuole la sua testa, ma Saddam e addirittura il padre che lo sostengono. Di fatto Hammad è affamato di soldi per il suo governo e ha intavolato una discussione di meccanismo per la consegna del 27% delle entrate al GNS. Quindi sono iniziate a circolare voci sui social di possibili dimissioni di bin Qadara ribaltando la situazione. Un account locale cita fonte del GNU secondo la quale il capo della NOC bin Qadara avrebbe presentato dimissioni dopo l’incontro con Hammad. Sarebbero in corso tentativi delle persone vicine a Dabaiba di dissuaderlo, ma sarebbe già pronto il suo rimpiazzo con l’ingegnere Hussein Saffar, già membro del CDA. Le dimissioni arriverebbero dopo la richiesta dei figli di Haftar di chiudere i giacimenti.
Eric Molle