LIBANO. Tutti in piazza insieme contro il governo 

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Un venerdì di grandi proteste in Libano. Nuove tasse, cattive condizioni economiche, corruzione: sono i temi che hanno portato la persone a scendere nelle piazze, non c’è stata distinzione etnica o religiosa: sciiti, cristiani, sunniti, drusi, tutti hanno partecipato alle proteste. Secondo l’agenzia di stampa, libanese, NNA, il presidente del Consiglio dei ministri Saad Hariri, rivolgendosi al popolo libanese, ha dato 72 ore ai partiti per sbloccare il pacchetto di riforme.

Mentre chi ha già parlato dopo l’incontro con il presidente della Repubblica e in seguito ai movimenti popolari nelle strade, è il ministro degli Esteri e degli emigranti Gebran Bassil che si è rivolto ai libanesi ieri pomeriggio, considerando che «ciò che è accaduto è un accumulo di crisi e fallimenti che hanno portato all’esplosione popolare», notando che i loro movimenti sono «comprensibili» e «le cose potrebbero essere più gravi se non corrette». Bassil ha ritenuto che la possibilità di salvataggio  esiste ancora, lontano da vuote promesse. «Dobbiamo incontrarci e lavorare nonostante la presenza di persone nelle strade», ha detto, «Ciò che sta accadendo deve rafforzare la posizione del Presidente, la nostra posizione e quella di tutti i riformatori», ha sottolineato, accusando «alcuni addetti ai lavori» di «condurre una guerra economica in Libano e chiedere la caduta del mandato, cavalcando una genuina protesta popolare e cerca di dirottarlo dai suoi legittimi obiettivi».

Bassil ha sottolineato che l’altra opzione indesiderabile è il caos per strada, una sedizione di vasta portata nel paese. Bassil ha annunciato la sua disponibilità a chiedere a ministri e deputati del blocco parlamentare “Strong Lebanon” di seguire l’esempio nel revocare il loro segreto bancario.

Parole che non hanno sortito nessun effetto: chiuso con barriere di sabbia dai manifestanti l’ingresso meridionale di Baalbek i manifestanti hanno bruciato pneumatici. La Dbayeh Highway, la Jouma Highway di Akkar, la Dahr Al Baidar road, la Baalbek Hermel International Highway, la Dbayeh Jounieh Highway, la Abi Samra di Tripoli, la Qenyaya di Sidon e la rotonda Ras El Ain di Rasmeska sono state bloccate al traffico dai manifestanti. Le strade di Beqa che si estendono da Riaq a Masnaa sono bloccate dai manifestanti, portando a un blocco del traffico. I manifestanti hanno bruciato le gomme sulla Shekka Highway per protestare contro le condizioni economiche. E ancora Dahr Al-Ahmar- Rashaya Highway era stata bloccata dai manifestanti in entrambe le direzioni. Le strade bloccate al traffico sono state anche la Bal Al Hadeed di Abi Samra, la strada Kuwaikhat-Qubayat, la strada Bsharre-Cedars, la strada Karakoul Druz-Mar Elias di Beirut, l’ingresso meridionale di Tripoli e la strada principale Amioun-Koura. Bloccata l’autostrada internazionale Beqa settentrionale e l’autostrada Halba-Qubayat, così come le strade delle città di Sidone, Nabatieh, Merjeyoun, Jounieh e Ajaltoun.

A scendere in piazza anche le donne del blocco informale femminista: “uguaglianza, laicità e giustizia sociale”. I loro striscioni recitano: “Libanesi e stranieri contro il razzismo e l’incitamento”. Più diritti chiesti per: lavoratori migranti, i rifugiati e le donne.

Le manifestazioni sono montate al grido di: governo dimettiti, a Tripoli a seguito di una sparatoria si registrano due morti. Le piazze sono gremite di persone.

Antonio Albanese