Pubblichiamo l’intervento della dott. sa Penali svolto durante la recente presentazione del libro Libano – Italia. 40 anni di Missioni UNIFIL.
Per comprendere l’attuale situazione frammentaria in cui versa il Libano si devono ripercorrere almeno per sommi capi gli ultimi cento anni di storia internazionale.
La fine della Prima Guerra Mondiale determinò, tra le altre cose, la fine dell’Impero Ottomano. Già nel 1916 tramite l’accordo di Sykes – Picot, Inghilterra e Francia concordarono la spartizione dei territori dell’ex Impero Ottomano. In particolare, ad aprile 1920 la Francia stabilì il suo Protettorato sulle 5 province ottomane dell’attuale Libano, dando vita all’area definita come Grande Siria. Nel settembre dello stesso anno, l’Alto Commissario per il Levante, il generale Henri Goraud, proclamò la nascita dello Stato del Grande Libano, separato e distinto dalla Grande Siria ma sempre posto sotto controllo francese, noto come il Mutasarrifato del Monte Libano. Sebbene la regione del Mutasarrifato si fondasse su ragioni storiche, etniche e religiose, l’area geografica individuata nel 1920 non si limitò al Monte Libano ma inglobò al suo interno aree limitrofe che avevano subìto importanti influenze siriane e palestinesi. Quindi il Grande Libano del 1920 si caratterizzava per la presenza cospicua di cristiani maroniti con importati minoranze sciite e druse.
Nel 1926 fu introdotta la prima Costituzione che modificò il controllo francese: da dominio diretto ad un controllo più limitato. Ma l’elemento significativo risiedeva nella rappresentazione politica interna in Paramento, stabilita sulla base della composizione etnica e religiosa. Da qui iniziarono i primi dissensi in quanto la maggioranza cristiana maronita era filo – francese, mentre la componente musulmana supportava la Grande Siria e rifiutava dunque la separazione tra Libano e Siria.
La situazione muta dopo dieci anni, nel 1936, quando un accordo tra maggioranza maronita e minoranza musulmana (PATTO NAZIONALE) mise fine alle diatribe tra le varie sette.
La Seconda Guerra Mondiale, e in particolare l’invasione nazista della Francia, portò alla proclamazione del governo di Vichy e alla nascita della Francia Libera di Charles De Gaulle che rappresentò una tappa cruciale per il raggiungimento dell’indipendenza del Libano. Nel 1941 si scontrarono in Libano le truppe della Francia Libera e quelle del governo di Vichy. Il supporto dell’Inghilterra verso De Gaulle risultò importante per la vittoria di quest’ultimo nel Libano. Il generale francese nominò quindi il generale George Catroux come Delegato Generale della Francia Libera per il Libano, promettendo indipendenza ai libanesi.
Nel 1943 difatti furono indette le prime elezioni in cui
- la componente musulmana riconosceva il Libano separato dalla Siria
- la componente cristiana maronita rinunciava alla protezione francese
- fu stabilita la divisione delle cariche istituzionali su base etnica e religiosa → il Parlamento
doveva comprendere 6 cristiani eletti ogni 5 musulmani. Il Presidente della Repubblica doveva sempre essere un maronita. Il Primo Ministro sempre un sunnita, mentre il Presidente dell’Assemblea Nazionale sempre uno sciita.
La Francia però non mantenne la sua promessa di indipendenza, così il Parlamento libanese soppresse gli articoli costituzionali relativi al mandato francese. Di conseguenza l’Alto Commissario per il Levante arresta il Presidente libanese e il Primo Ministro. Nacquero dunque le insurrezioni della popolazione civile contro la Francia che portarono alla proclamazione di un governo indipendente il 22 novembre 1943, stabilendo la fine del mandato francese nel 1945.
Il trentennio 1945 – 1975 vide la predominanza dei cristiani maroniti nelle scelte di politica interna. Venne adottato un sistema economico liberale, sviluppando il settore bancario e finanziario. Nonostante ciò il 54% della popolazione era povero, le ricchezze erano in mano ai cristiani a scapito dei musulmani.
Questa spartizione etnica portò alla guerra civile del 1975 poiché la Costituzione si basava ancora sull’ultimo censimento (1932) utilizzato per formulare il Patto nazionale del 1936, ma la popolazione libanese era profondamente cambiata soprattutto a causa di questi tre fattori
- 1948 → NAKBA palestinese dopo la fondazione dello stato di Israele
- 1967 → Guerra dei sei giorni tra Israele, Egitto, Siria e Giordania
- 1970 → espulsione dell’OLP dalla Giordania per tentativo di colpo di stato (Settembre Nero) Gli elementi appena menzionati contribuirono all’accesso di numerosi profughi palestinesi all’interno del Libano, andatesi a stanziare per lo più a Beirut e zone limitrofe.
Tutto questo influisce enormemente sulla società civile libanese, rendendola ulteriormente polarizzata a livello ideologico.
Gli anni della guerra civile vedono lo schieramento di destra, filo – occidentale, rappresentato dall’élite ricca dei cristiani maroniti e supportato dagli USA e da Israele. L’ala di sinistra invece portava avanti le istanze dei movimenti palestinesi in Libano e di altri partiti nazionalisti musulmani. La particolarità che va necessariamente evidenziata è che ogni partito schierato l’uno contro l’altro, aveva al suo seguito una milizia armata che combatteva sul territorio. Gli scontri quindi non erano esclusivamente politici in Parlamento, ma avvenivano anche militarmente nelle strade.
Altro evento che segnerà gli anni post guerra civile, è l’entrata in campo della Siria affianco dei partiti libanesi nel 1976 con l’obiettivo di realizzare il sogno della Grande Siria e combattere al contempo la Fratellanza Musulmana (anti baathista). Il governo siriano quindi creò e guidò le Forze di Deterrenza Arabe (FAD) insieme ad altri paesi arabi, che spaccarono il territorio libanese: il centro – nord compresa Beirut erano in mano ai maroniti e all’esercito siriano, mentre il sud era gestito dai palestinesi. A questo punto l’OLP fugge da Beirut spostandosi nel sud da dove inizia gli attacchi contro Israele, che a sua volta dà il via all’Operazione Litani (invasione del Libano). Da qui nasce la prima missione UNIFIL con la risoluzione ONU 425.
Saltando qualche anno, arriviamo al 1989 anno degli Accordi di Ta’if che misero fine alle ostilità in
Libano e quindi alla guerra civile. Gli Accordi ebbero delle conseguenze ovviamente nella politica interna poiché aggiornarono di fatto il Patto Nazionale del 1936 tenendo conto della nuova composizione sociale del Libano, e trasferirono il potere esecutivo dal Presidente della Repubblica al Consiglio dei Ministri, con l’obiettivo di interrompere l’egemonia cristiana – maronita. Gli Accordi di Ta’if stabilirono inoltre la parità tra le componenti musulmane e cristiane in Parlamento e in tutte le altre istituzioni statali. Concordarono lo scioglimento di tutte le milizie armate entro sei mesi, cercando di rafforzare le forze armate libanesi regolari. Per quanto riguarda la politica estera, gli Accordi mirarono a regolare i rapporti tra Libano, Israele e Siria.
Gli Accordi però fallirono, tanto nella politica interna quanto in quella estera. Spostare il potere esecutivo senza individuarne il rimpiazzo istituzionale gettò il Paese nel caos. Anche in politica estera ci furono dei fallimenti in quanto la Siria rafforzò la sua presenza nel territorio ergendosi a giudice per le diatribe tra sunniti e sciiti, e Israele non risolse la questione dei confini contesi con il Libano. Ma fattore ancora più importante, non furono smantellate le milizie armate, ormai troppo radicate nella società civile ed istituzionale libanese.
Nel frattempo in Iran c’è stata la Rivoluzione Islamica del 1979 che ha trasformato la Monarchia della dinastia Pahlavi in una Repubblica Islamica sciita e ha portato alla creazione del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche, noto anche con il nome di Pasdaran. Nate come una milizia con profonda fede ideologica, con gli anni hanno ampliato il loro potere all’interno dello Stato. Il Corpo dei Pasdaran dispone di circa 210 mila uomini suddivisi in forze di terra, aeree e navali; controllano inoltre le milizie volontarie organizzate militarmente.
Nel 1982 l’Iran sciita inizia l’attuazione dei suoi progetti di influenza estera in Libano, facendo perno sulla comunità musulmana sciita. L’opera di espansione è portata avanti dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica che stabilisce alcune sue basi militari in Libano, in particolare nella Valle di Beqa, e organizza e finanzia una nuova milizia sciita paramilitare conosciuta come Hezbollah, la quale riesce a permeare nei gangli della società sciita libanese.
Come detto poc’anzi, la Risoluzione ONU 425 del 1990 prevedeva lo smantellamento di tutte le milizie, compresa quindi Hezbollah, oltre al ritiro delle truppe israeliane dai territori libanesi. Ciò non avvenne, ma anzi Hezbollah iniziò ad attaccare Israele che a sua volta rispose al fuoco. Tutta questa situazione perdurerà fino al 2006, anno in cui il Consiglio di Sicurezza dell’ONU vara la Risoluzione 1701, in teoria accettata tanto da Hezbollah quanto da Israele.
Le forze armate libanesi, secondo quanto previsto dalla Risoluzione 1701, avrebbero dovuto cooperare con le forze di UNIFIL per garantire il disarmo di Hezbollah. Ciò non avvenne sostanzialmente per due ragioni
- l’esercito regolare libanese in fondo era permeato da Hezbollah
- Hezbollah dal canto suo ha accettato la Risoluzione ONU cessando il fuoco.
Questo portò la milizia sciita ad investire i suoi fondi nella ricostruzione del sud del Paese con programmi di welfare sociale come fornire un’assicurazione sanitaria, incentivi per l’istruzione e sviluppando infrastrutture. Tutto ciò con il sostegno finanziario dell’Iran. Ne consegue che Hezbollah è riuscito a mantenere una forte presenza nel governo e nel Parlamento libanese influenzandone le scelte politiche.
Nel 2011 inizia la guerra civile siriana che sconfina nel Libano a causa del flusso di profughi in fuga dai combattimenti che va ad esacerbare ulteriormente le tensioni settarie, sociali ed economiche del Libano.
Gli schieramenti della guerra civile in Siria vedono da un lato i ribelli dell’esercito siriano libero, supportati da USA, UK, Arabia Saudita, Turchia e Qatar, e dall’altro le forze armate di Bashar Al Assad, sponsorizzate da Russia, Iran e ovviamente Hezbollah. Questa suddivisione siriana comporta anche una presa di posizione dei partiti libanesi, schieratesi in
- ALLEANZA 14 MARZO: Movimento sunnita per il futuro, partito cristiano KATAIB
(FALANGI); anti siriana; finanzia i ribelli siriani con armi e soldi
- ALLEANZA 8 MARZO: Hezbollah, Amal, Movimento Patriottico Libero; filo siriana. Parallelamente alle divisioni partitiche, la guerra civile siriana ha avuto i suoi effetti più dirompenti soprattutto sulle divisioni settarie interne al Libano. I primi sintomi di instabilità sociale si riscontrarono nella città di Tripoli già nel 2011. Proprio in questa città a maggioranza sunnita, ma con una minoranza sciita alawita, iniziarono i primo scontri armati.
Il coinvolgimento diretto di Hezbollah nel conflitto siriano, tramite l’invio di proprie milizie a sostegno delle operazioni di Assad, portò numerosi religiosi sunniti libanesi a proclamare il jihad contro il governo siriano e contro i suoi alleati sciiti in Libano.
Dalle analisi dei principali eventi che hanno contribuito a modellare il sistema del Libano sono emersi tre aspetti principali strettamente correlati: quello economico, politico e geopolitico. Le forti divisioni settarie, le reti clientelari e le sanzioni economiche che gli USA hanno imposto a partire da dicembre 2015, hanno portato ad un deficit fiscale tanto che nel 2020 il Libano ha dichiarato bancarotta, obbligando alle dimissioni il neo eletto Primo Ministro Hassan Diab. L’esplosione del porto di Beirut avvenuta il 4 agosto 2020 ha inoltre influito negativamente sull’economia libanese, costringendo il Presidente della Repubblica Michel Aoun a dare l’incarico di formare un nuovo governo all’ex Primo Ministro Saad Hariri. I tentativi falliscono a causa delle resistenza di Hezbollah. Il 26 luglio 2021 il Presidente Aoun incarica il Ministro Najib Mikati per la formazione di un nuovo gabinetto ad interim per traghettare il Libano verso le elezioni politiche di maggio 2022.
Queste ultime elezioni si sono svolte con sistema proporzionale per favorire i partiti minori e indipendenti ma, a causa di un’elevata soglia di sbarramento, ha favorito i partiti tradizionali aiutati anche da politiche di scambio. Il sistema proporzionale ha però permesso l’ingresso in Parlamento di una nuova coalizione (ALLEANZA 17 OTTOBRE) nata dopo le proteste del 2019 (dovute all’introduzione di nuove tasse).
Dalle elezioni del 2022 emerge quindi una situazione politica divisa in tre macroaree
- ALLEANZA 14 MARZO: Forze Libanesi (Qawuat al-Lubnaniyyah), il Partito Nazionale Liberale, il Partito Socialista Progressista e il Partito Libanese KATAIB (milizia FALANGI); anti – siriana, di stampo cristiano maronita, nazionalista e conservatrice
- ALLEANZA 8 MARZO: Movimento Patriottico Libero, Partito Democratico Libanese, Hezbollah, Movimento Amal e Movimento Marada (prima milizia poi partito); filo – siriana, antisionista, pro sciiti.
- ALLEANZA 17 OTTOBRE: blocco progressista che ha l’obiettivo di sostituire la vecchia élite politica.
Tutto questo excursus per far comprendere che le milizie armate corrono parallelamente ai partiti politici libanesi, sono inoltre parallele agli eserciti regolari e si muovono con strategie politiche ben precise, frammentandosi in gruppi facenti capo ad attori esteri quali Iran, Turchia, Emirati Arabi Unti, Arabia Saudita e Qatar che le sponsorizzano.
Per spiegare il ruolo della Resistenza Islamica, che fa da cappello a tutte le milizie che orbitano nell’ala sciita in Medio Oriente e quindi anche in Libano, prendiamo in considerazione due uccisioni che potremmo definire eccellenti. Il primo evento è l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, numero uno della Brigata Al Quds dellle Guardie della Rivoluzione Islamica (Pasdaran), avvenuta il 3 gennaio 2020 in Iraq per mano statunitense. Mentre la seconda è l’uccisione del generale Muhammad Reza Zahedi, anche egli facente parte dei Pasdaran, avvenuta il 1 aprile 2024 per mano israeliana a Damasco.
Il compito di Qassem Soleimani, affidatogli direttamente dall’ayatollah Khamenei, era quello di creare una rete di milizie all’estero che fossero fedeli all’Iran. Reza Zahedi era invece il consigliere militare iraniano dei Pasdar per il Libano e la Siria scelto proprio da Qassem Soleimani.
La strategia militare degli Stati Uniti e di Israele negli ultimi venti anni è stata quella di azzerare i vertici delle milizie, ma questo ha solamente rallentato la realizzazione dei piani dei miliziani senza arrestarli completamente. L’Asse della Resistenza è piuttosto una “rete di Indra” dove ogni gruppo ha un leader e possibili successori che, morto il capo, portano avanti la causa. Funziona come le cellule di Al Qaeda di Bin Laden, dove era complicato individuare la testa perché ogni cellula operava per contro proprio; morta la prima cellula, c’era subito la successiva che portava avanti l’operazione.
L’abilità dell’Asse della Resistenza è stata quella di individuare in Israele e negli USA il nemico comune di tutti i musulmani, dando così uno scopo che permette di unirsi e di abbattere le differenze religiose tra sunniti e sciiti. Si tratta indubbiamente di un punto di forza nella strategia dell’Iran. Il defunto leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha difatti affermato che i martiri dell’Asse cercano la vittoria come un progetto nazionale e il martirio come una realizzazione personale. Questa è la chiave di volta che annulla le differenze religione in seno all’Islam e che permette l’unione compatta di tutti i gruppi contro Israele; il jihad diventa personale e nessun musulmano infrange dunque la propria confessione di fede ma tutti rispondono ad una chiamata. L’Asse della Resistenza in Libano ha una matrice che nasce in Iran, non segue i dettami religiosi o settari ma piuttosto è un asse politico ben delineato. Le milizie che operano in Medio Oriente non hanno mai accettato gli Accordi Abramo del 2020 e soprattutto l’uccisione di Qassem Soleimani; l’Operazione Al Aqsa Flood lanciata da Hamas il 7 ottobre 2023 è stata architettata per vendicare la morte del generale Soleimani e poi per riportare alla ribalta la questione della liberazione della Palestina. Khamenei sembra quindi aver trovato l’unità tra l’ideologia dell’asse radicale sciita e l’ideologia della Fratellanza Musulmana sunnita, con Hamas come suo rappresentante. L’Iran ha trasformato la questione palestinese in un’ideologia a sé stante, collegando così elementi sciiti e sunniti. L’interesse comune contro Israele supera le differenze religiose e consente di cooperare con tutte le milizie presenti sullo scacchiere mediorientale.
Ora una breve carrellata delle milizie presenti in Libano volta ad avvalorare la tesi che dietro i gruppi armati non c’è la religione ma un progetto politico. Molte milizie nascono in seno ai campi profughi che ospitano i palestinesi e i sunniti addestrati dagli sciiti iraniani che combattono insieme a cristiani, drusi e nazionalisti. Sono tutti accomunati da un unico fattore: Israele nemico comune.
- HEZBOLLAH fondato nel 1982 in seguito all’invasione israeliana del Libano come gruppo sciita che trae ispirazione ideologia dalla rivoluzione iraniana e dagli insegnamenti del defunto ayatollah Khomenei (Wilayat al-Faqih, potere politico del giurista teologo)
- UNITÀ RADWAN: unità di élite di Hezbollah che comprende diverse sotto unità composte al massimo da 7/10 miliziani a seconda delle regioni geografiche
- BRIGATA DEI MARTIRI DI AL AQSA fondata all’inizio della seconda intifada nel settembre 2000 dopo essersi separata da Fatah nel 2002. In Libano è presente all’interno dei campi profughi palestinesi
- BRIGATE ABDULLAH AZZAM emerse attorno alla metà degli anni 2000 come gruppo jihadista sunnita. Il nome riprendere il mentore di Osama bin Laden
- LEGA ANSAR gruppo fondamentalista sunnita nato nel 1990 in un campo profughi palestinese vicino la città libanese di Sidone
- AL JAMA’A AL ISLAMIYAH fondata nel 1964 dal ramo libanese della Fratellanza Musulmana. L’ala armata del gruppo, le Forze al Fajr, ha lanciato missili contro Israele nel 2023
- SARAYA AL MUKAWAMA AL LUBNANIYAH (Brigate della resistenza libanese) è una milizia composta da sunniti e sciiti, cristiani e drusi che aderiscono al nazionalismo libanese, accomunati da un forte risentimento antisionista. Direttamente addestrati da Hezbollah
- PARTITO NAZIONALISTA SOCIALE SIRIANO fondato nel 1932, ha una sua milizia armata (Aquile del vortice) che combatte al fianco di Hezbollah
- HAMAS fondata nel 1987 con la prima intifada, è emersa come propaggine dei Fratelli Musulmani a Gaza con l’obiettivo di resistere all’occupazione israeliana. È presente nei campi profughi palestinesi in Libano
- MOVIMENTO AMAL fondato dal religioso sciita iraniano, Musa al Sadr, negli anni 70. L’ala militare di Amal ha iniziato a partecipare agli scontri al confine con Israele e Libano nel 2023. Attuale alleato di Hezbollah.
A questo elenco vanno aggiunti gli sciiti yemeniti di Ansar Allah, meglio noti come Houthi, che dall’8 ottobre hanno sostenuto l’operazione Al Aqsa Flood di Hamas contro Israele. Oltre allo Yemen, troviamo milizie sciite che combattono contro Israele e che fanno parte della Resistenza Islamica Irachena: Harakat Al-Nuyaba, Kataib Hezbollah, Kataib Sayyid al-Shuhada e la Brigata al- Nasser Salah al-Din.
Beatrice Domenica Penali
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