LIBANO. Caos giudiziario nel processo dell’esplosione al porto

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A quanto pare non si riesce proprio a fare chiarezza su quanto è accaduto al porto di Beirut il 4 agosto del 2020, quando in una esplosione hanno perso la vita 218 persone.

Con una mossa controversa, il giudice Tarek Al-Bitar ha ripreso il suo lavoro sul fascicolo Port Explosion e ha rilasciato 5 dei 12 detenuti in attesa di indagine, e ne ha perseguito altri 8. Questo nonostante le numerose cause legali e istanze di ricusazione intentate nei suoi confronti glielo impediscano.

In risposta, a questa iniziativa del giudice, la direzione generale delle forze di sicurezza interna ha ordinato a tutte le unità di non attuare alcuna decisione presa dal giudice Tarek Al-Bitar. Anche il pubblico ministero della Cassazione Ghassan Oweidat, uno degli 8 nuovi imputati, ha intentato una causa contro Al-Bitar.

Al-Bitar aveva incontrato una delegazione di due giudici francesi assegnati a un’indagine francese sull’esplosione, nel suo ufficio al Palazzo di Giustizia di Beirut, solo una settimana prima. Anche l’ambasciata americana di Beirut ha espresso il proprio sostegno alle sue recenti azioni.

Questa ingerenza straniera non è una novità per il Libano, la testata Al-Akhbar ha riferito già lo scorso settembre che all’ambasciatore tedesco era sfuggita una frase interessante ovvero “l’UE avrebbe imposto sanzioni a qualsiasi giudice che ostacolasse le indagini di Al-Bitar”.

Secondo la stampa libanese sostiene che se è vero che gli europei, in particolare i francesi, e gli Stati Uniti si preoccupano così tanto di ottenere giustizia per le vittime dell’esplosione del porto, allora dovrebbero pubblicare i risultati delle proprie indagini, altrimenti per il Libano questa non è altro che ingerenza nelle questioni di Beirut.

Il pubblico ministero della Cassazione Ghassan Oueidat ha emesso una decisione per liberare tutti i sospetti che erano stati detenuti nell’indagine sull’esplosione del porto di Beirut senza eccezioni, limitandosi invece a vietare loro di viaggiare. Le indagini sono in corso.

Tommaso Dal Passo

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