REPUBBLICA CENTRO AFRICANA – Bangui. Il conflitto in Repubblica Centrafricana sembra essere sulla via della risoluzione in poco più di un mese, il tempo di passare dal vecchio al nuovo anno. Molte delle ragioni di questa guerra che ha fatto tremare il potere del presidente François Boizizé, sono però lo strascico degli ultimi dieci anni di storia centrafricana.
In effetti, l’avanzata dei ribelli Séléka iniziata il 10 dicembre 2012 non è che un déjà-vu e i meccanismi di difesa regionale che sono seguiti anche, nonostante siano stati attivati con delle procedure e delle modalità ben più strutturate.
In effetti, facendo un passo indietro nel tempo al 2003, l’allora generale François Boizizé metteva fine a quasi dieci anni di instabilità dovuti alla debole presidenza di Félix Patassé con un golpe senza sparare un solo colpo : Boizizé aveva dalla sua l’esercito centrafricano e l’aiuto di due alleati regionali (il Ciad di Idriss Déby e il Congo Brazzaville di Denis Sassou Ngesso). Ha allora inizio una nuova pagina della storia centrafricana: Boizizé indice delle elezioni (che si terranno nel 2005 e giudicate regolari dalla comunità internazionale che lo vedranno salire allo scranno presidenziale). Gli uomini dell’ex presidente Patassé si dimostrarono subito contrari al cambio di vertice e nel 2004 ha inizio la guerra civile che forse vedrà una fine nei prossimi mesi.
Nel 2004, gli uomini dell’ex presidente Patassé riuniti nella Union des Forces Démocratiques pour le Rassemblement – UFDR e guidati dall’uomo forte dell’ex presidente, Michel Djotodia, iniziano una lotta politica e armata. Il conflitto vero e proprio però scoppia nel 2006 quando l’UFDR e altri gruppi (Groupe d’action patriotique pour la libération de Centrafrique – GAPLC, le Mouvement des libérateurs centrafricains pour la justice – MLCJ, et le Front démocratique centrafricain – FDC) iniziano un’offensiva che dal nord ovest del paese aveva intenzione di dirigersi verso Bangu, capitale centrafricana. In aiuto del presidente Boizizé si schierò la Francia e con uomini e mezzi l’avanzata dei ribelli fu fermata. Le diversità e le divisioni tra le fila dei ribelli hanno permesso anche il mantenimento di Boizié e un accordo di pace è stato firmato nel 2007 a Bangui e implementato nel 2008 a Libreville.
L’accordo prevedeva in particolare un’amnistia per i membri della ribellione, la riduzione a partito politico per l’UFDR e gli altri movimenti e soprattutto una sorta di “brassage” tra le forze ribelli e l’esercito centrafricano. Quest’ultimo punto prevedeva l’inserimento di molti ribelli tra le fila dell’esercito centrafricano mantenendo ruolo e grado e la riduzione a vita civile del resto dei ribelli. Le negoziazioni che hanno portato all’accordo del 2008 hanno aggiunto alcune aperture da parte del presidente Boizizé quali la formazione di un governo nazionale e la pianificazione di nuove elezioni. A sostegno delle negoziazioni si è posta anche la comunità internazionale, e in particolare l’Unione Europea, con il dispiegamento della MINURCAT (Mission des Nations Unies en République Centrafricaine et au Tchad), rimasta nell’area fino al marzo del 2009.
Nel 2010, l’avvento di un nuovo movimento armato, la Convention des Patriotes pour la Justice et la Paix – CPJP, ha però modificato le carte in tavola. I nuovi ribelli presero al città di Birao (nord del Paese) e solo l’intervento della dell’esercito ciadiano ha permesso di riprendere la città e ristabilire l’ordine. Le elezioni del 2011 hanno visto la rielezione con percentuali bulgare di Boizizé. Le elezioni sono state la molla che ha fatto scattare molti uomini dell’UFDR che hanno contestato e continuano a contestare il presidente. Il motivo principale contestato a Boizizé è proprio il mancato rispetto degli accordi del 2008 (nel frattempo confermati e incrementati nel 2010), in particolare il mancato “brassage” delle forze. Così, Michel Djotodia ha deciso di tornare alla lotta armata.
Michel Djotodia è riuscito però a fare quello che non gli era stato possibile dal 2004 al 2007: unire le forze dell’opposizione armata. Nel 2012 Djotodia unisce i membri del suo UFDR con i membri della CPJP, del Front Démocratique du Peuple Centrafricain – FDPC e della Convention des Patriotes pour le Salut du Kodro – CPSK creando così la Coalizione Séléka. I ribelli Séléka iniziano il 10 dicembre del 2012 la loro avanzata partendo dal nord e dal nord ovest del paese seguendo la direttrice di Bangui. Le prima città a cadere in mano dei ribelli sono N’delé e Ouadda e poi Bria, Bambari, Kabo e persino Sibut, a circa 300 km da Bangui, nonostante l’intervento di 150 uomini delle forze armate ciadiane. In poco più di quindici giorni i ribelli controllavano tre quarti del territorio e l’intervento della ECCAS ha fermato all’inizio dell’anno l’avanzata a pochi chilometri da Damara, ultima città prima della capitale. Dieci giorni dopo, 11 gennaio, i ribelli accettavano il cessate-il-fuoco e l’inizio delle negoziazioni a Libreville, in Gabon.
Nel frattempo di cose ne sono successe. In primo luogo, la Francia del presidente Hollande ha deciso di non volare in sostegno a Boizizé come avvenne nel 2007, ma, per rafforzare la sicurezza dei circa 1.200 francesi presenti in RCA, di mandare in supporto ai 250 uomini già presenti a Bangui altri 150 uomini (senza contare i circa 600 militari presenti in Gabon). I centrafricani si sono sentiti lasciati soli, motivo per il quale alcune centinaia di manifestanti si sono lanciati contro l’ambasciata francese all’inizio dell’anno.
In secondo luogo, bisogna sottolineare la rapida risposta della Comunità economica degli stati dell’Africa centrale, di cui la RCA fa parte. È stato il presidente ciadiano Déby a chiamare gli stati della ECCAS a raccolta a Libreville. La riunione nella capitale del Gabon ha portato alla decisione di dispiegare una parte della Forza Multinazionale dell’Africa Centrale – FOMAC. Così, paracadutisti gabonesi e camerunensi sono andati ad affiancarsi alle truppe ciadiane, ponendosi sotto il comando del generale gabonese Jean Félix Akaga per comporre la forza della missione MICOPAX. Poste a difesa di Damara, le truppe della missione ECCAS sono state rafforzate il 7 gennaio scorso da 400 uomini delle forze armate sudafricane. Così, la possibilità di un ulteriore invio di truppe da parte degli stati dell’ECCAS ha convinto i ribelli a fermare la loro avanzata e a decidere per un cessate-il-fuoco l’inizio delle negoziazioni a Libreville.
Secondo nostre fonti locali in RCA, senza l’intervento straniero il regime di Boizizé sarebbe caduto e la limitata stabilità dell’area sarebbe stata ulteriormente minata rappresentando una minaccia per tutti i membri dell’ECCAS. In effetti, il Presidente Boizizé non si fida più delle sue forze armate. Le nostre fonti locali ci indicano che alcuni ufficiali superiori sarebbero andati ad incontrare il figlio del presidente e ministro della difesa, prima che fosse dimesso dalle sue funzioni, per chiedergli mezzi e uomini per sedare la rivolta ancor prima che l’offensiva Séléka iniziasse. Il figlio ebbe come risposta dal padre che qualora quegli equipaggiamenti e quegli uomini fossero stati accordati poche ore dopo ci sarebbe stato un colpo di stato. La paura più grande del presidente in questo momento è proprio che le sue amate forze armate si rivoltino contro di lui. Per tale motivo non diede loro i mezzi necessari per combattere la ribellione e solo il tempestivo intervento delle forze ciadiane, quindi dell’ECCAS, ha salvato la sua presidenza.
Di fatto, i Séléka avevano la vittoria politica e militare in mano. L’intervento dell’ECCAS è stata una reazione normale poiché la caduta di Boizizé avrebbe minato ulteriormente la già limitata stabilità dell’area. Alle negoziazioni di Libreville guidate dal presidente congolese Sassou Ngesso che si sono svolte dal 9 al 11 gennaio, i ribelli hanno chiesto essenzialmente che gli accordi del 2008 fossero rispettati e che fosse incaricato un uomo dell’opposizione al ruolo di primo ministro. Il presidente Boizizé per mostrare la propria buona volontà ha ricevuto il 12 gennaio le dimissioni del governo del primo ministro. L’opposizione ha indicato l’avvocato Nicolas Tiangaï quale suo beniamino, un nome scomodo per Boizizé che sa che l’avvocato è poco malleabile.
Boizizé non ha ancora accordato a Tiangaï il posto di primo ministro, ma dovrà prendere una decisione in tempi brevi. In effetti, secondo quanto indicato da fonti locali, la pazienza dei membri del’ECCAS, e in particolare dei due maggiori sostenitori finora di Boizizé, il Ciad e il Congo Brazzaville, si starebbe esaurendo. Di fatto, sia Idriss Déby che Denis Sassou Ngesso sarebbero molto critici rispetto al loro “amico”, anche perché al situazione economica e di gestione del Paese non è più quella che aveva fatto ben sperare in Boizizé all’inizio, soprattutto dopo gli “anni Patassé” che avevano messo il paese in ginocchio. Il presidente centrafricano era salito al potere con il loro aiuto perché Patassé era diventato scomodo ed era avvenuta una sorta di convergenza regionale. Ora Boizizé rischia di fare la stessa fine.
In conclusione, la situazione in RCA sembra tornare lentamente verso la normalità nonostante esistano alcune zone d’ombra che rappresenteranno delle criticità per tutta l’area se il presidente Boizizé deciderà di continuare sulla stessa falsa riga del 2012: decidendo ovvero di non decidere. I ribelli l’hanno capito bene e piuttosto che rischiare un confronto militare che porterebbe alla loro sconfitta, attendono che il presidente decida di cambiare oppure di essere cambiato dai suoi vicini.
La Francia in tutto ciò ha deciso di giocare bene le sue carte evitando di muovere troppi uomini in RCA, in vista dell’arrivo della FOMAC, dispiegando così solo 150 militari. Peraltro il presidente Hollande aveva già in mente due altri interventi di peso: uno in Somalia e uno in Mali. Il primo è stato un disastro, il secondo bisognerà attendere le prossime settimane per capire i suoi sviluppi. Bisogna però anche sottolineare che le forze francesi erano già presenti nell’area : 250 uomini all’aeroporto di Bangui Mpoko e altri uomini tra Ciad e soprattutto nel vicino Gabon.