In ogni analisi di politica monetaria internazionale, o di teoria del commercio internazionale, la presenza cinese sui mercati internazionali è ormai un dato imprescindibile. Non casualmente, la valuta cinese sta gradualmente cominciando ad internazionalizzare i suoi impieghi.
Negli ultimi anni in particolare, un mercato dei Bond in Renminbi fuori dai confini cinesi si è velocemente affermato ad Hong Kong, dove dal 2004 vengono offerti servizi bancari, come depositi, rimesse interbancarie, cambio valuta e carte di credito e di debito in valuta cinese. Inoltre, alcune voci del commercio internazionale cinese vedono tale valuta utilizzata negli scambi e, dall’agosto 2010, alcune banche centrali estere – con in testa la Banca Centrale della Malaysia – hanno la possibilità di detenere Renminbi. L’impatto del Renmimbi sui tassi di cambio dei mercati asiatici, comincia ad avere significativi riscontri empirici, dove gli usi internazionali di questa valuta, spesso accettata all’estero, si sono evidenziati soprattutto nelle composizioni degli scambi tra regioni di confine.
Ad una prima analisi prospettica, si potrebbe avanzare l’ipotesi di un prossimo sorpasso del Renminbi rispetto al dollaro come valuta internazionale di riserva, esattamente come accaduto con la Sterlina dopo il primo conflitto mondiale, o in linea con l’oscillazione del 1999 dovuta all’immissione dell’euro nei mercati valutari internazionali.
Un’eventualità probabile, tuttavia non imminente. Nonostante il traguardo della convertibilità della valuta nei prossimi dieci anni sia formalmente iscritto nel XII Piano quinquennale (2011-2015), non è ancora chiaro infatti quanto l’entusiasmo cinese verso un’internazionalizzazione della propria valuta, includa la volontà di ridimensionare l’attuale livello di ispezione del sistema finanziario interno, rimuovendo i controlli ai flussi di capitali transfrontalieri (sarebbe allora possibile per cinesi e stranieri possedere assets in Renminbi), lasciando al Renminbi la libertà di oscillare ed eventualmente salire di prezzo, con evidenti ricadute sulle esportazioni cinesi. Dall’esperienza storico-economica si evince che la sequenza logica dei passi da seguire nell’internazionalizzazione di una valuta è costituita innanzitutto dall’incoraggiarne l’uso nel commercio transfrontaliero, in seguito nel favorirne l’impiego nelle transazioni finanziare dei privati; ed infine nel promuoverne l’utilizzo da parte di governi e banche centrali affinché diventi una delle possibili forme di detenzione di riserve monetarie in valuta estera. L’ambizione del Renminbi a divenire una vera e propria “valuta di riserva” è dunque inevitabilmente legata alla sua totale convertibilità. Tutto questo a livello politico significa che l’evoluzione del ruolo internazionale della valuta cinese resterebbe legato ai ritmi delle liberalizzazioni e delle restrizioni, nonché alla sua convertibilità, attualmente regolate dalle autorità cinesi, forti di un’attenta analisi costi-benefici soprattutto a livello commerciale. Le imprese cinesi sia “on-shore” che “off-shore” hanno tutt’ora grosse limitazioni nella compravendita di valuta a scopi commerciali; mentre per il governo cinese il secondo passo comporterebbe il rischio che, rimuovendo le restrizioni di bilancio, si crei un mercato di capitali ad alta liquidità con la partecipazione di investitori esteri. Condizioni che nell’attuale sistema monetario internazionale (lontano dal gold-standard) implicherebbero una flessibilità del tasso di cambio tale da riequilibrare il volume e la volatilità dei flussi di capitali che inevitabilmente si ingenererebbe. Questo indurrebbe ad una contestuale ristrutturazione dell’economia cinese che da “export oriented” dovrebbe passare a fare prevalentemente affidamento sulla domanda interna – invero considerevole – allontanando la propria economia dalle coste all’entroterra, nonché dalla manifattura ai servizi. L’intenzione attuale sembrerebbe allora essere più verosimilmente quella di promuovere un uso “off-shore” del Renminbi soprattutto nella regione asiatica, tenendoper ora al riparo la finanza di stato cinese dai rischi di una vera e propria apertura alla finanzia globale. Tuttavia, anche se Shangai dovesse disattendere le sue intenzioni di divenire un vero e proprio centro finanziario entro il 2020 e la convertibilità del Renminbi tardasse a divenire effettiva, la direzione vettoriale di lungo periodo verso l’internazionalizzazione, la liberalizzazione e la graduale apertura, sembra essere già segnata.
Bibliografia:
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