L’Ue tasserà le transazioni finanziarie

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UE – Bruxelles. Un gruppo di Paesi dell’Unione europea progetta di poter creare una tassa sulle transazioni finanziarie, nonostante la forte opposizione di diversi altri Paesi membri.

L’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie in una parte dell’Unione europea è più vicina. Il 22 gennaio, nella riunione dei ministri delle finanze a Bruxelles, Ecofin, undici Paesi hanno deciso di andare avanti utilizzando il concetto di “cooperazione rafforzata”, che consente a un gruppo di più di nove paesi di lavorare insieme senza i restanti.

Un tentativo di introdurre l’imposta su tutta l’Ue non è riuscito lo scorso anno, poiché la Gran Bretagna e la Svezia in particolare si erano pronunciate a sfavore, per paura la tassa li avrebbe svantaggiati a favore di altri.

Il concetto di “Cooperazione rafforzata” significa che il loro veto non potrà più fermare l’iter di una legge comunitaria. Finora, Germania, Francia, Belgio, Estonia, Grecia, Spagna, Italia, Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia si sono dette favorevoli, gli altri Paesi potranno farlo in seguito.

Il ministro delle Finanze irlandese, Michael Noonan, che attualmente detiene la presidenza di turno Ecofin, ha messo in guardia contro eccessive aspettative sulla velocità con la quale la previsione normativa sull’imposta sarebbe stata realizzata.

Ora, sta alla Commissione europea presentare delle proposte per i dettagli – tra i quali, l’importante questione di dove dovrebbe finire il reddito generato dalla tassa. L’imposta non potrà entrare in funzione fino a quando i Paesi coinvolti non avranno concordato all’unanimità i dettagli.

Il commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale, Algirdas Semeta, ha definito una “pietra miliare” per l’Europa l’approvazione e prevede ricavi nell’ordine di miliardi di euro. Olli Rehn, commissario europeo per gli affari economici e monetari, era certamente ottimista: i problemi esistenziali dell’unione monetaria potranno essere visti come una cosa del passato, le tensioni di mercato si attenueranno e la fiducia tornerà a circolare. Ma ha messo in guardia contro l’autocompiacimento: «Con più di 26 milioni di europei disoccupati, e le imprese che ancora lottano per ottenere il credito di cui hanno bisogno per investire e crescere, è chiaro che abbiamo ancora molto lavoro da fare per garantire che l’Europa possa muoversi per recuperare il terreno perduto».

Rehn è disposto che Irlanda e Portogallo paghino i loro prestiti di salvataggio più tardi rispetto a quanto originariamente concordato. I due paesi vogliono seguire l’esempio della Grecia e cercano di migliorare le condizioni dei loro pacchetti di salvataggio. Non tutti i membri dell’Unione sono disposti ad aiutarli. Ma Rehn ha precisato che: «È interesse fondamentale non solo dei due Paesi, ma di tutta l’Unione europea che Irlanda e Portogallo ritornino al finanziamento fornito dal mercato».

La questione, però, non sarà oggetto di decisione fino a marzo.