La sera del 29 novembre si è verificata un’esplosione nel comune di Zubin Potok, Kosovo settentrionale, popolato prevalentemente da serbi, che ha danneggiato il canale idrico, Ibar-Lepenac, fondamentale per la sua infrastruttura energetica, che fornisce acqua a due grandi centrali elettriche a carbone, lasciando alcune città senza acqua potabile ed elettricità. Il primo Ministro Albin Kurti lo ha definito un “attacco criminale e terroristico” orchestrato dall’intelligence serba, affermando che ha preso di mira “forse l’infrastruttura più importante del paese”, mentre Belgrado ha negato il coinvolgimento e puntato il dito contro la leadership del Kosovo. Aumentano così le tensioni, facendo emergere una nuova crisi nelle relazioni già molto tese fra Pristina e Belgrado. Nel frattempo, le forze della KFOR sono state dispiegate nel nord del Paese.
Una nuova escalation è possibile in Kosovo dopo la distruzione del canale chiave Ibar-Lepenac. Infatti, in seguito alla potente esplosione nel villaggio di Varage che ha causato il crollo del muro di approvvigionamento idrico, l’approvvigionamento idrico a Kosovska Mitrovica è stato interrotto, Pristina e i suoi dintorni sono rimasti senza elettricità, ed la società idroelettrica regionale ha invitato i residenti della regione a fare scorta di acqua potabile. Il giorno dopo si è subito lavorato per ripristinare le forniture di acqua ed energia, come a Gračanica e dintorni la fornitura elettrica, che era stata sospesa a causa dei danni causati dall’esplosione sul canale, è stata ripristinata.
Il premier del Kosovo Kurti in una conferenza stampa di emergenza la sera stessa rivolgendosi ai cittadini ha rilasciato pesanti affermazioni denunciando che questo sia un attacco terroristico da parte di “bande serbe”, e che dal giorno seguente molti cittadini sarebbero rimasti senza elettricità e acqua a causa dei danni. Secondo Kurti, l’indebolimento dell’approvvigionamento idrico è stato effettuato da professionisti ed era mirato a infrastrutture critiche in un tentativo fallito di minare una democrazia forte e resiliente. Subito, sono iniziate le ricerche nel nord del Paese con le forze di sicurezza del Kosovo (KSF), la task force di mantenimento della pace della NATO nella regione (KFOR) ed EULEX che hanno rafforzato la loro presenza. Diversi sono stati gli arresti effettuati fra i serbi del Kosovo, come quello al valico di frontiera di Jarinje. La social sfera russa filo serba parla delle indagini sulle circostanze, ma sostiene che, con il pretesto dell’incidente, le forze di sicurezza del Kosovo hanno condotto incursioni a Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica, oltre a perquisizioni nel paese. Ad esempio, Dušan Milanović, il fondatore del portale “Kosovo Online”, è stato arrestato. Il ministro degli Interni del Kosovo afferma che gli esplosivi utilizzati per far saltare in aria il canale di approvvigionamento idrico provenivano “da magazzini serbi”. Tuttavia, non è stata fornita alcuna prova del coinvolgimento di Belgrado nell’incidente. Comunque, la polizia kosovara ha condotto un raid contro le milizie serbe segnalate ed hanno sequestrato quello che hanno dichiarato essere un nascondiglio di armi, munizioni, esplosivi e uniformi nel Kosovo settentrionale, e secondo quanto riferito, otto persone sono state arrestate.
Le reazioni politiche interne ed internazionali non si sono fatte attendere. L’ambasciatore britannico in Kosovo ha chiesto un’indagine sull’incidente e l’identificazione degli organizzatori, gli Stati Uniti hanno condannato con fermezza l’attacco e hanno chiesto che i responsabili siano ritenuti responsabili il prima possibile. Dopo di essi, anche la Turchia ha condannato l’attacco, promettendo agli albanesi del Kosovo assistenza nelle indagini. Allo stesso tempo, il leader principale partito politico serbo in Kosovo, Lista Serba, ha condannato fermamente l’atto sottolineando che questo attacco ha minacciato l’approvvigionamento idrico dei cittadini e ha provocato disordini tra i serbi nella regione nel nord, in quanto l’indebolimento è assolutamente contrario agli interessi del popolo serbo visto che l’approvvigionamento elettrico ed idrico è stato interrotto proprio dove vivono i serbi. Infine, nel comunicato della Lista Serba si chiede a KFOR ed ad EULEX un’indagine urgente su questo caso.
Vi è persino chi si spinge in gravi accuse, che si tratta di un’altra “operazione false flag” come gli autori del canale serbo Društveni udar. L’esplosione al canale rappresenta un altro attacco che è stato effettuato nel nord del Kosovo, segnando la terza esplosione nell’ultima manciata di giorni. Ma poiché ciò non ha avuto l’effetto desiderato, Pristina ha deciso di organizzare qualcosa di più grande, volta a screditare la Serbia e ad assicurarsi il sostegno internazionale per ulteriori misure aggressive da parte di Pristina, per attuare i suoi piani di conquista del nord della regione.
La vicenda del canale Ibar-Lepenac, che forniva acqua agli insediamenti nel nord del Kosovo si inserisce nel già complesso quadro dei rapporti tra i due vicini balcanici, aggravato dal fatto che il Kosovo incolpa la Serbia per l’esplosione, la accusa di provocazione, mentre dal suo canto la stessa Serbia ha definito l’incidente una provocazione inaccettabile, respingendo tutte le accuse. Gli esperti ritengono che l’escalation sia dovuta alla continua pressione di Pristina sulla minoranza serba in Kosovo. Jakob Devcic della Fondazione Konrad Adenauer ha suggerito che la probabilità di una nuova esplosione di violenza aumenterà entro le elezioni del 2025 in Kosovo, poiché il divario tra serbi e albanesi si approfondirà e vi sarà una mancanza di fiducia tra i partiti.
Secondo Kurti, potrebbero essere ritenute responsabili le persone legate all’imprenditore serbo Milan Radojcic, lo stesso che ha già partecipato all’attacco armato contro la polizia kosovara nel 2023. Radojcic, che in passato è stato vicepresidente della Lista Serba, resta in Serbia, e non sarà assicurato alla giustizia. È intervenuto anche il ministro degli Esteri, Donica Gervala-Schwartz, che ha paragonato l’episodio agli attacchi russi contro le infrastrutture ucraine, sottolineando che gli stretti legami della Serbia con Mosca rappresentano una minaccia per la stabilità della regione. In antitesi, nel suo discorso di stato, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha espresso le sue opinioni sul motivo per cui il governo kosovaro sta immediatamente incolpando la Serbia per le crescenti tensioni in Kosovo: per giustificare lo spiegamento delle loro forze di sicurezza nel Kosovo settentrionale, che è illegale ai sensi della risoluzione ONU 1244; per interrompere la crescita economica serba e il suo processo di adesione all’UE; per etichettare la Lista Serba come organizzazione terroristica, impedendole così di partecipare alle elezioni; per aumentare i tassi di approvazione del primo ministro Kurti, che sono in costante calo; ed infine per continuare a prendere di mira e perseguitare la comunità serba nel Kosovo settentrionale. Da ultimo, le autorità del Kosovo hanno inoltrato una richiesta alla KFOR per schierare la KSF nel Kosovo settentrionale a maggioranza serba, il che sarebbe andato contro la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, tant’è che la KFOR ha respinto la richiesta.
Paolo Romano
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