Tra i problemi economico-finanziari sorti dall’inizio del conflitto russo-ucraino la difficoltà di reperire moneta estera, in modo particolare il dollaro. Secondo nostre fonti in Egitto per esempio sono arrivati gli investitori americani e hanno ritirato i dollari dalle banche lasciando a secco il paese che già versa in una crisi economica importante.
L’Egitto probabilmente apparterrà a quella schiera di paesi che userà il dollaro per rifondere i debiti, ma comincerà a usare altre monete per commerciare con il mondo non anglofono.
Delle rivolte in Nigeria ne abbiamo già parlato e per restare nel continente africano oggi a manifestare carenza di dollari è il Kenya: il ministro del Commercio del Kenya Moses Kuria ha affermato che la carenza di dollari nel paese è al di fuori del controllo del governo.
Kuria ha detto al parlamento che la carenza era un problema globale, ma ha anche accusato la cultura del Kenya di importare cose che possono essere prodotte localmente. «Non puoi piangere che abbiamo problemi con i dollari quando importiamo tutto», ha detto. Kuria ha chiesto incentivi per incoraggiare i produttori locali e proteggerli dai concorrenti stranieri.
La Banca centrale del Kenya (CBK) ha ordinato alle banche commerciali di razionare i dollari a seguito di una carenza di valuta. Gli analisti hanno incolpato la CBK per la crisi del dollaro, affermando che il regolatore ha introdotto regole severe nel mercato valutario interbancario.
Dopo essersela presa con chi importa troppo il ministro Kuria se l’è presa con i borghesi locali e la Cina. Il commercio al dettaglio gestito da cinesi a Nairobi “è una cospirazione borghese” ha dichiarato alla stampa. E ha aggiunto un’attività di vendita al dettaglio gestita da cinesi nella capitale, Nairobi, “è una cospirazione della classe media”.
In commissione parlamentare il ministro per il Commercio ha detto che che il negozio di China Square non avvantaggia i lavoratori a basso reddito che sono i maggiori contributori all’economia. Kuria ha affermato di non avere alcuna intenzione di frustrare gli investitori cinesi, ma sta impedendo che «il Paese diventi una discarica per merci scadenti».
China Square ha ripreso le operazioni il 6 marzo dopo aver chiuso i battenti per due settimane durante le ispezioni dell’Autorità anticontraffazione del Kenya. Il ministro ha aggiunto che sono in corso piani per istituire una “Kenya Square”, che rivaleggia con le imprese cinesi accusate di prezzi inferiori che hanno colpito i piccoli commercianti.
Maddalena Ingrao