L’ufficio di emergenza libanese stima che Israele abbia effettuato 113 attacchi aerei in una sola giornata tra cui 59 a Nabatieh, 32 nel Libano meridionale e 19 sul Monte Libano. Gli scontri oramai sono sulla seconda linea. Anche se si ha notizia che il 13 novembre la 91a e la 98a Brigata dell’esercito israeliano si sono ritirate dalle loro posizioni alla periferia del villaggio di Taibeh, a est di Rab El-Thalathine e Markaba, così come dalla città di Meiss El-Jabal dopo 43 giorni di combattimenti e tentativi di controllare la striscia di confine nel Libano meridionale. Una situazione quella libanese estremamente delicata che peggiora di giorno in giorno, questo non senza problemi per le unità di UNIFIL che svolgono il ruolo di peacekeeping e non peace-enforcement, quindi molto limitati nell’uso delle armi, se non per motivi di difesa.
Alma Research & Education Center fondato dal tenente colonnello della riserva del’IDF Sarit Zehavi in un post del 13 novembre afferma: “A 200 metri da una base UNIFIL, a ovest di Kfar Kela, si trova un edificio in un ambiente civile dove sono state trovate attrezzature e armi pronte per l’azione di Hezbollah. Nell’edificio sono state trovate anche attrezzature militari destinate all’addestramento e all’istruzione. I veicoli UNIFIL passavano davanti all’edificio ogni giorno, più volte al giorno. Non lo sapevate? Ignorate? La risoluzione 1701 è fallita fin dall’inizio. L’esercito libanese? Anche loro non potevano e non volevano farla rispettare. Anche il giorno dopo la guerra, non avranno la capacità o la volontà di farla rispettare. Israele deve mantenere la libertà di azione e deve fare affidamento solo su se stesso”.
Parole dure che non sempre trovano conferma die fatti anzi: in un post della resistenza irachena che attualmente è al fronte in Libano al servizio di Hezbollah il 14 novembre si legge: “Le forze ONU in Libano hanno trovato oggi un piccolo nascondiglio di armi di Hezbollah e hanno avvisato sia Israele che l’esercito libanese. Mentre andavano di nuovo a quel nascondiglio, Hezbollah ha sparato in aria, per costringerli ad andarsene. Le forze ONU hanno risposto al fuoco, perché non erano le IDF. L’incidente è avvenuto nel villaggio di Qallawiyah”.
La milizia irachena tra le altre cose lamenta: “Immagina di dover combattere una guerra, contro l’esercito israeliano, ma anche di dover nasconderti dalle forze ONU che vagano nel sud del Libano”.
Nella versione di UNIFIL sullo stesso incidente di sicurezza il 14 novembre si legge: “Questa mattina, una pattuglia UNIFIL nei pressi di Qallawiyah ha notato un nascondiglio di munizioni vicino alla carreggiata. Dopo aver informato le Forze armate libanesi della scoperta, i peacekeeper hanno proseguito il loro percorso pianificato. Poco dopo, sono scesi dal loro veicolo per rimuovere alcuni detriti dalla carreggiata. Quando sono risaliti nei loro veicoli, due o tre sconosciuti hanno sparato circa 30 colpi nella loro direzione. I peacekeeper hanno risposto al fuoco dai loro veicoli e si sono messi in salvo. Nessuno è rimasto ferito e non ci sono stati danni ai veicoli. Non è chiaro se la scoperta del nascondiglio di armi e l’attacco siano direttamente collegati. Abbiamo avviato un’indagine. I peacekeeper non possono mai essere presi di mira. Sparare contro di loro è una flagrante violazione del diritto internazionale e della risoluzione 1701”.
AGC Communication ha da poco pubblicato un libro sui 40 anni della missione UNIFIL, in cui vengono tratteggiate le difficoltà della missione nel suo lungo mandato.
Antonio Albanese e Graziella Giangiulio
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