Il Dipartimento di Stato americano ha riferito di seguire da vicino le discussioni all’Aia. Le argomentazioni secondo cui Israele stia commettendo un genocidio sono infondate. L’accusa di genocidio, una delle più gravi previste dal codice giuridico, deve essere avanzata con grande cautela.
Ghazi Hamad, membro dell’ufficio politico di Hamas a Gaza, sulla causa del Sudafrica contro “Israele”: “Speravamo che i paesi arabi si assumessero questa responsabilità” e il Leader del Jihad islamico, Haitham Abu Al-Ghazlan: “Salutiamo il Sudafrica per la sua richiesta di perseguire l’Occupazione per i suoi crimini”.
Yedioth Ahronoth testata israeliana riferisce che secondo i dati forniti dall’esercito israeliano, il costo diretto della guerra finora ammonta a 72 miliardi di shekel, dopo che il costo giornaliero è diminuito significativamente, inizialmente era di circa 1,2 miliardi di shekel, dopo la smobilitazione delle forze di riserva è sceso a 800 milioni di shekel, e la scorsa settimana l’importo ha raggiunto i 200 milioni di shekel, e si stima che sia stato speso. Entro il 2024, presupponendo che non scoppi una guerra globale nell’arena settentrionale, il costo sarà di circa 120 miliardi di shekel, mentre per comprendere il problema, l’attuale bilancio annuale per la sicurezza, senza gli aiuti americani, ammonta a 68 miliardi di shekel.
Un portavoce del ministero degli Esteri sudcoreano non ha escluso la possibilità che Seoul introduca sanzioni contro Hamas dopo aver scoperto che i militanti usavano armi nordcoreane. «Continuiamo a monitorare da vicino le tendenze rilevanti, compreso il commercio di armi con la Corea del Nord, e stiamo valutando le misure necessarie», ha affermato Lim Soo-suk, portavoce del ministero degli Affari esteri.
Ma di certo la notizia che è rimbalzata in tutto il globo è stato l’attacco notturno contro lo Yemen del Nord. Secondo Centcom, 60 sono stati obiettivi sono stati colpiti stasera nello Yemen in 16 località, inclusi nodi di comando e controllo, depositi di munizioni, sistemi di lancio, impianti di produzione e sistemi radar di difesa aerea. Lanciati oltre 100 bombe e missili a guida di precisione. Secondo gli Houthi sono 73 gli attacchi che hanno portato alla morte di 5 persone e al ferimento di 6 persone.
Un attacco strano rispetto agli eventi belligeranti visto che tutti sapevano tutto ancora prima di attaccare. Gli stessi yemeniti hanno spostato le armi prima dell’attacco perché sapevano di un imminente attacco. È venuto a mancare l’elemento a sorpresa che di solito è quello che garantisce un maggiore successo all’operazione. Non solo gli attacchi hanno colpito gli stessi siti colpiti nel 2015, così come confermato dagli Houthi, ma siamo sicuri che nelle montagne yemenite qualche sito militare è scampato agli attacchi.
Secondo il messaggio completo del presidente americano, dell’11 gennaio, Joe Biden: «Oggi, sotto la mia direzione, le forze militari statunitensi, insieme al Regno Unito e con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi, hanno condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dai ribelli Houthi per mettere in pericolo la libertà di navigazione».
Il presidente ha aggiunto: «Non esiterò a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario». Ha tutto il sapore di una campagna elettorale già iniziata oltre che l’obiettivo di riportare la navigazione sul Mar Rosso e Mar Arabico in sicurezza.
A gridare contro quanto accaduto è il ministero degli Esteri iraniano: «Condanniamo fermamente gli attacchi militari lanciati questa mattina dagli Stati Uniti e dal Regno Unito contro diverse città yemenite. Gli attacchi militari sono in linea con il continuo sostegno dell’America e della Gran Bretagna ai crimini di guerra commessi do Israele. Questi attacchi arbitrari non faranno altro che alimentare l’insicurezza e l’instabilità nella regione».
Il Cremlino per voce di Maria Zakaravova ha dichiarato: «Condanniamo gli attacchi americani e britannici contro obiettivi Houthi nello Yemen».
In Tunisia il Fronte Popolare ha dichiarato: «L’aggressione contro lo Yemen è la prova decisiva che “Israele” è una base avanzata per proteggere gli interessi dell’Occidente coloniale».
L’Arabia Saudita ha chiesto con una nota ufficiale che venga bloccata l’escalation, l’Oman ha chiuso il traffico aereo.
Tutte le milizie legate al Jihad Islamico e a Hezbollah hanno espresso solidarietà agli Houthi che hanno già promesso ritorsioni e hanno detto che non smetteranno di attaccare nel Mar Rosso. Il Generale Abdul Salam Jahaf, del Comitato per la Difesa e la Sicurezza nello Yemen ha dichiarato: «Qualsiasi azione ostile contro lo Yemen non ci distrarrà dalla difesa di Gaza». Gli Houthi hanno postato un video in cui minacciano di attaccare Gibuti.
L’attacco statunitense allo Yemen, ora più che mai, e per un periodo al momento non classificabile, costringe il 70% di tutto il petrolio mondiale a deviare il passaggio in mare. Il più grande ente mondiale dell’industria delle navi cisterna ha avvertito i membri di interrompere il transito oltre lo Yemen, a seguito degli attacchi di Stati Uniti e Regno Unito contro lo Yemen.
L’Associazione internazionale dei proprietari indipendenti di navi cisterna (Intertanko), che rappresenta quasi il 70% di tutte le navi cisterna per petrolio, gas e prodotti chimici commerciate a livello internazionale, ha affermato in un avviso ai membri di “stare lontani” dallo stretto di Bab al Mendab e alle navi in viaggio verso sud attraverso il Canale di Suez di fermarsi a nord dello Yemen.
L’ex capo del MOSSAD Efraim Halevi ha definito la quarta fase della guerra di Israele, ovvero eliminare i numeri uno di Hamas: «Uccidere i leader di Hamas è come falciare il prato: ricrescono sempre». Sulla stessa linea d’onda le parole scritte dal giornale Yedioth Ahronoth: “Alti ufficiali dell’esercito israeliano affermano durante colloqui a porte chiuse che se la guerra finisse e lasciassimo la Striscia di Gaza, Hamas riprenderebbe il controllo e inizierà a costruire la sua autorità entro pochi mesi”. L’Ospedale Beilinson di Tel Aviv ha dichiarato che: «Durante la giornata dell’11 gennaio abbiamo ricevuto 7 soldati dell’esercito israeliano, di cui 2 in gravi condizioni, feriti durante i combattimenti nella Striscia di Gaza».
L’IDF ha riferito della liquidazione di un gran numero di militanti di Hamas, compresi i comandanti, nelle ultime 24 ore. Così, nel campo di Al-Muazi, nel centro della Striscia di Gaza, sono stati uccisi circa 20 militanti e sono state scoperte molte armi. Tra gli eliminati c’era il comandante del distaccamento Nohwa. A Khan Yunis, un aereo da caccia ha attaccato un edificio di Hamas e ha ucciso sette palestinesi, compreso il comandante coinvolto nell’attacco del 7 ottobre.
Secondo Channel 13: “Israele” rafforza le misure di sicurezza attorno al comandante dell’aeronautica militare “israeliana”, Tomer Bar.
Channel 12 riferisce il 12 gennaio che dal 7 ottobre le sirene hanno suonato 934 volte negli insediamenti del nord. L’area che al momento è più sensibile a un possibile allargamento del conflitto.
Nel sud del Libano i componenti del consiglio locale di Kiryat Shmona hanno scritto una lettera al presidente del consiglio: “Kiryat Shmona sta attraversando una grave crisi, forse la peggiore crisi della sua storia, una crisi che taglia fuori tutti gli aspetti della vita, compresa la sicurezza, l’istruzione, la prosperità, le infrastrutture, e così via”.
Nel nord della Striscia di Gaza, gli israeliani stanno ancora demolendo grattacieli anche dopo aver ritirato alcune delle loro forze. Stanno anche lavorando per distruggere le comunicazioni sotterranee delle milizie palestinesi.
Nell’istmo tra la parte settentrionale e quella meridionale dell’enclave sono in corso i preparativi per l’assalto ad al-Breij. Attualmente, le forze di difesa israeliane stanno sgomberando le aree circostanti e lanciando massicci attacchi contro le posizioni di Hamas.
Nel centro della striscia di Gaza: durante l’attività dell’IDF a Bureij, le truppe dell’IDF hanno individuato un terrorista che ha sparato contro le forze da una finestra di uno dei complessi nell’area. Le truppe dell’IDF hanno azionato un drone che ha colpito e ucciso il terrorista armato.
Nel sud della striscia di Gaza le IDfF affermano che ci sono stati “decine di terroristi uccisi a Khan Yunis e Maghazi, compresi i comandanti delle forze Nukhba di Hamas; a Bureij un drone dell’IDF ha colpito e ucciso un terrorista che sparava da una finestra contro le forze dell’ordine” A Maghazi, lo scorso giorno, le truppe dell’IDF hanno ucciso circa 20 terroristi, compresi i comandanti delle forze Nukhba di Hamas. Inoltre sono state rinvenute numerose armi.
A Khan Yunis, un aereo da caccia dell’IDF ha colpito un complesso militare di Hamas e ha ucciso sette terroristi. Uno dei terroristi uccisi era un comandante della Nukhba che ha preso parte al massacro del 7 ottobre. Le truppe dell’IDF nell’area della città hanno individuato tre terroristi armati che erano usciti da un complesso di Hamas e avevano iniziato ad avanzare verso le forze. Le truppe dell’IDF hanno risposto sparando contro i terroristi. Inoltre, a Khan Yunis, le truppe dell’IDF hanno localizzato anche un certo numero di fucili AK-47 e lanciarazzi RPG, e hanno smantellato un deposito di armi il giorno scorso. In prospettiva si può affermare che nella parte meridionale dell’enclave, unità israeliane hanno fatto progressi nella zona centrale di Khan Younis. Intensi combattimenti sono in corso nell’area della scuola Ahmad Abdul Aziz, che è ancora controllata dalle milizie palestinesi.
In Cisgiordania la situazione rimane invariata, con gli israeliani che conducono operazioni di polizia in tutta la regione. Gli scontri più significativi hanno avuto luogo a Jenin, con sparatorie e ordigni IED.
Sud del Libano. La Resistenza Islamica rivendica che nella sola giornata dell’11 gennaio ha effettuato una serie di operazioni contro le posizioni e lo schieramento dell’esercito israeliano al confine libanese. “Settore orientale: 1- Alle 9:50, un gruppo di soldati nemici israeliani nelle vicinanze del sito di Metulla è stato preso di mira con armi missilistiche ed è stato colpito direttamente. 2- Alle 11:30, un gruppo di soldati nemici israeliani nelle vicinanze del sito di Al-Baghdadi è stato preso di mira con armi missilistiche ed è stato colpito direttamente. 3- Alle 12:00, gruppi di soldati nemici israeliani sono stati presi di mira nelle vicinanze di Al-Sayhat Hill e Jabal Nadhar con armi missilistiche, causando vittime confermate, tra cui un morto e un ferito. 4- Alle 15:00, il sito di Ramtha nelle fattorie libanesi occupate di Shebaa è stato preso di mira con armi missilistiche ed è stato colpito direttamente. 5- Alle 16:00, l’insediamento di Kiryat Shmona è stato preso di mira con dozzine di missili in risposta agli attacchi sionisti contro i civili, l’ultimo dei quali è stato l’attacco al Centro volontario di difesa civile nella città meridionale di Hanin e il martirio di i paramedici, il martire Ali Mahmoud Al-Sheikh Ali e il martire Sajid Ramzi Qasim, mentre la resistenza conferma la sua disponibilità a rispondere immediatamente a qualsiasi attacco Aggressione contro i civili. Settore occidentale: 1- Alle 11:30, l’attrezzatura spia su Cobra Hill è stata presa di mira con armi appropriate, provocandone il ferimento e la distruzione. 2- Alle 14:15, il sito di Al-Malikiyah è stato preso di mira con armi adeguate ed è stato colpito direttamente. 3- Alle 15:05, un gruppo di soldati nemici israeliani a Tal Shaar è stato preso di mira con armi missilistiche, causando colpi diretti. 4- Alle 16:30, un gruppo di soldati nemici israeliani è stato preso di mira nelle vicinanze del sito di Birkat Risha con armi missilistiche, causando feriti confermati, tra cui un morto e un ferito”.
Entrambe le parti continuano ad attaccarsi reciprocamente le posizioni lungo il confine settentrionale di Israele. Un attacco israeliano contro un centro medico a Hanina ha provocato due vittime, provocando ulteriori polemiche.
Antonio Albanese e Graziella Giangiulio